2024-10-25
La malafede dei talebani del gender: se la scienza li sbugiarda, si censura
Dopo aver condotto uno studio di 9 anni sui bloccanti della pubertà, la più grande clinica Usa per la transizione di genere ne nasconde gli esiti. Il motivo? I farmaci non hanno aiutato i bimbi, smentendo il dogma della fluidità.La sintesi più efficace e spietata di questa storia orrenda l’ha fatta J.K. Rowling su X: «Non dobbiamo pubblicare uno studio che affermi che stiamo facendo del male ai bambini perché le persone che dicono che stiamo facendo del male ai bambini useranno lo studio come prova che stiamo facendo del male ai bambini, il che potrebbe renderci difficile continuare a fare del male ai bambini». Sembra una filastrocca, e invece è il riassunto della sgradevole vicenda che ha per protagonista la dottoressa statunitense Johanna Olson-Kennedy, responsabile della gender clinic più grande degli Usa presso il Children’s Hospital di Los Angeles. Come ha raccontato il New York Times, la autorevole professionista della salute nel 2015 ha dato il via a uno studio che rientrava in un ampio progetto federale sui giovani transgender, finanziato dal governo per il tramite del National Institutes of Health con la bellezza di 9.7 milioni di dollari. Secondo il quotidiano americano, la Olson-Kennedy «e i suoi colleghi hanno reclutato 95 bambini da tutto il paese e hanno somministrato loro dei bloccanti della pubertà, che impediscono i cambiamenti fisici permanenti - come il seno o un abbassamento della voce - che potrebbero esacerbare il loro disagio di genere, noto come disforia. I ricercatori hanno seguito i bambini per due anni per vedere se i trattamenti migliorassero la loro salute mentale. Un vecchio studio olandese aveva scoperto che i bloccanti della pubertà miglioravano il benessere, risultati che hanno ispirato le cliniche di tutto il mondo a prescrivere regolarmente i farmaci come parte di quella che oggi viene chiamata cura di affermazione di genere».Insomma, gli studiosi americani cercavano basi scientifiche su cui fondare l’approccio che oggi va per la maggiore, cioè quello cosiddetto «affermativo», che consiste di fatto nell’accettare e incentivare l’autodeterminazione delle persone (anche minorenni) che si dichiarano transgender. Piccolo problema: lo studio della Olson-Kennedy non ha dato i risultati sperati: «I bloccanti della pubertà non hanno portato a miglioramenti della salute mentale, ha detto la dottoressa, molto probabilmente perché i bambini stavano già bene quando è iniziato lo studio».I minori erano «davvero in ottima forma quando sono arrivati, ed erano davvero in ottima forma dopo due anni». Come nota il New York Times, «questa conclusione sembrava contraddire una precedente descrizione del gruppo, in cui la dottoressa Olson-Kennedy e i suoi colleghi avevano notato che un quarto degli adolescenti erano depressi o con tendenze suicide prima del trattamento».Dove sta il problema? Semplice. Nel fatto che «nei nove anni trascorsi da quando lo studio è stato finanziato dal National institutes of health, e da quando l’assistenza medica per questo piccolo gruppo di adolescenti è diventata una questione scottante nella politica americana, il team della dottoressa Olson-Kennedy non ha pubblicato i dati. Alla domanda sul perché, ha detto che i risultati potrebbero alimentare il tipo di attacchi politici che hanno portato al divieto dei trattamenti di genere tra i giovani in più di 20 stati, uno dei quali sarà presto preso in considerazione dalla Corte Suprema».Come mai i risultati dello studio non sono stati resi pubblici? «Non voglio che il nostro lavoro venga utilizzato come arma», ha detto la dottoressa che lo ha guidato. «Deve essere perfettamente puntuale, chiaro e conciso. E questo richiede tempo». La Olson-Kennedy sostiene che i dati saranno pubblicati, prima o poi, ma ha aggiunto che il suo team «ha subito ritardi anche perché il Nih aveva tagliato parte del finanziamento del progetto. Ha attribuito quel taglio a scelte politiche, che il Nih negato». Il punto è che ci si può nascondere finché si vuole dietro i presunti tagli e le presunte complicazione. Ma la realtà emerge piuttosto chiaramente. Come ha ben colto J.K. Rowling, i medici americani non vogliono rendere noti i risultati del loro studio perché questi contraddicono le loro visioni ideologiche e l’impostazione attualmente dominante. E non si tratta di una nostra supposizione: la professionista americana lo dichiara senza problemi. «La dottoressa Olson-Kennedy è uno dei sostenitori dei trattamenti di genere per gli adolescenti più accesi del paese ed è stata testimone in molte sfide legali contro i divieti statali», scrive il New York Times. «Ha detto di essere preoccupata che i risultati dello studio possano essere utilizzati in tribunale per sostenere che «non dovremmo usare i bloccanti perché non hanno alcun impatto su di loro», riferendosi agli adolescenti transgender».Sono frasi agghiaccianti: sappiamo da tempo che non vi sono certezze scientifiche sull’uso dei bloccanti della pubertà. Ma questa brutta faccenda mostra al di là di ogni dubbio fin dove possa arrivare l’ottusità ideologica. In assenza di prove si continuano a somministrare ai ragazzini e alle ragazzine farmaci potenzialmente molto dannosi. E quando emergono prove a favore della loro inutilità, queste prove vengono nascoste. Sempre il Times spiega che alcuni ricercatori che hanno partecipato allo studio «erano allarmati dall’idea di ritardare i risultati che avrebbero implicazioni immediate per le famiglie di tutto il mondo».Già, i risultati non sono stati pubblicati. In compenso, però, è stata data larga diffusione alle ipotesi (apparentemente infondate) della dottoressa Olson-Kennedy. Scrive il New York Times che «nel 2020, il gruppo della dottoressa Olson-Kennedy ha descritto il profilo psicologico iniziale dei bambini arruolati nello studio statunitense sui bloccanti della pubertà, la cui età media era di 11 anni. Prima di ricevere i farmaci, circa un quarto del gruppo riferiva sintomi di depressione e ansia significativa, e un quarto ha riferito di aver avuto pensieri suicidi. L’8% ha segnalato un tentativo di suicidio in passato. In un rapporto sullo stato di avanzamento presentato al Nih in quel periodo, la dottoressa Olson-Kennedy delineò la sua ipotesi su come se la sarebbero cavata i bambini dopo due anni di trattamento con i bloccanti della pubertà: che avrebbero mostrato «una diminuzione dei sintomi di depressione, ansia, sintomi di trauma, autolesionismo e tendenza suicidaria, e un aumento della qualità della vita nel tempo».Come sappiamo, questa ipotesi non è stata confermata dalle ricerche: un risultato che gli studiosi statunitensi hanno accuratamente evitato di rendere noto al pubblico, poiché temevano che avrebbe portato acqua ai critici dell’ideologia transgender. Così ormai funziona la scienza occidentale: viene sempre ascoltata e idolatrata, a patto che confermi ciò che la politica vuole imporre.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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