2025-01-15
Gaza, tregua vicina. Blinken: «Ora manca solo l’ok di Hamas»
Bibi Netanyahu: «Questione di giorni o di ore, ma tutti i rapiti vanno liberati». I jihadisti attenderebbero le mappe di Gerusalemme.Ore decisive con Hamas che avrebbe (forse) accettato una proposta di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza che include il rilascio di decine di ostaggi. Il primo ministro israeliano, Benyamin Netanyahu, prima di convocare una riunione d’urgenza con i vertici della sicurezza ha affermato: «Sono pronto per un cessate il fuoco prolungato, a condizione che tutti i rapiti vengano rilasciati. È questione di giorni o ore. Aspettiamo la risposta di Hamas». Comunque vada Israele ha ribadito che non consegnerà il corpo di Yahya Sinwar, ex leader di Hamas, nemmeno in caso di accordo per una tregua o per la liberazione degli ostaggi. Inoltre, secondo alcune fonti, sarebbe stato anche concordato che «Israele non perseguirà i leader di Hamas in futuro e ha accettato di non arrestare nuovamente i prigionieri rilasciati». Un alto funzionario di Hamas ha dichiarato a Reuters che il motivo per cui l’organizzazione terroristica non ha ancora presentato la sua risposta è che «Israele non ha ancora presentato le mappe che mostrano il previsto ritiro delle sue forze dalla Striscia di Gaza». Le autorità israeliane insistono su una condizione chiave per il termine delle ostilità: la fine del controllo di Hamas sulla Striscia di Gaza. Mentre scriviamo si apprende che una delegazione di alto profilo della jihad islamica è in viaggio verso Doha (Qatar) «per discutere gli ultimi dettagli relativi all’accordo sul cessate il fuoco nella Striscia di Gaza». Lo ha reso noto il gruppo terroristico palestinese. L’accordo, articolato in tre fasi, si basa su un piano delineato dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden (che al passo d’addio coglie uno dei pochi successi del suo mandato), e approvato dal Consiglio di sicurezza dell’Onu. La prima fase prevede il rilascio graduale di 33 ostaggi nell’arco di sei settimane. Tra questi figurano donne, bambini, anziani e civili feriti, in cambio della liberazione di centinaia di donne e minori palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Tra i 33 ostaggi, cinque sono soldatesse israeliane: ognuna di loro verrebbe liberata in cambio di 50 prigionieri palestinesi, compresi 30 militanti condannati all’ergastolo. Alla fine della prima fase tutti i civili israeliani, vivi o deceduti, saranno stati riconsegnati. Durante i 42 giorni previsti per la prima fase le forze israeliane si ritirerebbero dai centri urbani, consentendo il ritorno di migliaia di palestinesi alle proprie abitazioni nel Nord della Striscia di Gaza. Contemporaneamente, un massiccio flusso di aiuti umanitari porterebbe fino a 600 camion di beni essenziali ogni giorno all’interno dell’enclave. I dettagli della seconda fase dell’accordo devono ancora essere negoziati e restano complessi da definire. Al momento non esistono garanzie scritte che il cessate il fuoco continuerà oltre la prima fase, lasciando aperta la possibilità che Israele riprenda la sua campagna militare una volta completata questa prima tappa. Secondo la bozza di accordo Hamas dovrebbe rilasciare i prigionieri rimasti in vita, per lo più soldati maschi, in cambio di ulteriori detenuti palestinesi e del «del ritiro completo delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza». Tuttavia, Hamas ha dichiarato che non libererà gli ostaggi residui senza una fine definitiva del conflitto e un totale ritiro israeliano. Da parte sua, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha più volte ribadito che le operazioni militari riprenderanno a meno che le capacità governative e militari di Hamas non vengano del tutto eliminate. Un ulteriore nodo critico riguarda il futuro governo di Gaza con Hamas che vuole continuare ad avere un ruolo mentre Israele non lo concederà mai. La terza fase dell’accordo prevede la restituzione dei corpi degli ostaggi rimasti. In cambio si avvierebbe un piano di ricostruzione della Striscia di Gaza con una durata stimata tra tre e cinque anni. La proposta, ancora in fase di definizione, illustra come Gaza potrebbe essere gestita in futuro senza che Hamas mantenga il controllo, aprendo la strada a una possibile nuova struttura amministrativa per l’enclave. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, parlando all’Atlantic council a Washington ha affermato: «La palla è ora nel campo di Hamas. L’Autorità nazionale palestinese dovrebbe gestire Gaza nel dopoguerra insieme alle Nazioni Unite e ai partner stranieri e Israele deve accettare Gaza unite Cisgiordania unite sotto autorità palestinese riformata». Nel governo israeliano si registra la contrarietà all’accordo di Itamar Ben-Gvir , ministro della Sicurezza pubblica, che ha dichiarato di essere stato responsabile di diversi blocchi nelle trattative per un accordo con Hamas sulla Striscia di Gaza e la liberazione degli ostaggi. Questa presa di posizione contraddice le affermazioni di Netanyahu, che ha ripetutamente attribuito la responsabilità dei fallimenti negoziali al gruppo militante palestinese. Contrario anche il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, per il quale «l’accordo è una resa», tanto che entrambi minacciano di far cadere il governo. Se ciò avvenisse, secondo le nostre fonti a Gerusalemme, «ci sono già delle personalità politiche pronte a uscire dalle loro formazioni politiche per prendere il posto dei due ministri in dissenso». Questo potrebbe non essere l’unico cambiamento politico in Israele perché come vi abbiamo raccontato negli scorsi giorni molte cose stanno avvenendo sull’asse Mar-a-Lago/Gerusalemme.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.