Dopo la riduzione dei flussi verso la Germania attraverso il Nord stream 1, Gazprom ha tagliato del 15% il transito diretto a Tarvisio. Così il Cremlino si gioca la carta dell’aumento dei prezzi e prova a ostacolare lo stoccaggio di metano in vista della stagione fredda.
Dopo la riduzione dei flussi verso la Germania attraverso il Nord stream 1, Gazprom ha tagliato del 15% il transito diretto a Tarvisio. Così il Cremlino si gioca la carta dell’aumento dei prezzi e prova a ostacolare lo stoccaggio di metano in vista della stagione fredda.Un piccolo passo per l’Europa, un grande passo per l’umanità. Con toni ben oltre il trionfalismo, lo scorso 19 maggio, Consiglio e Parlamento Ue approvano l’accordo politico (per giunta provvisorio) sulla legislazione in tema di stoccaggio del gas. Decidono che entro la fine dell’anno, o al massimo l’inizio della prossima primavera, il sistema di conservazione del gas debba raggiungere nel suo complesso la percentuale minima dell’80%. In questo modo Bruxelles immagina di avere riserve sufficienti per creare un sistema di vasi comunicanti e non lasciare nessun Paese a secco di energia. A tal fine approva un calendario con tutto le tappe da approvare e gli obiettivi da raggiungere. Un calendario pubblico che a Mosca devono essersi studiati bene. Ai vertici del Cremlino, di Gazprom e delle altre società distributrici, è bastato fare il copia incolla e applicare a ciascuna azione una spinta pari e opposta. Con l’obiettivo ormai palese di rendere le materie prime in generale e il gas in particolare armi geopolitiche sia di attacco sia di difesa. Abbiamo così assistito alla prima mossa martedì mattina, quando Gazprom ha annunciato il taglio dei flussi del Nord stream 1 del 40%. Giustificazione ufficiale: problemi a una serie di parti di ricambio dei compressori, che non possono essere sostituiti causa sanzioni. Messaggio diretto ai tedeschi. Sia vero o sia falso poco cambia. Vale il senso politico della scelta. Scelta rafforzata ieri, nel momento in cui la stessa Gazprom decide una riduzione di un ulteriore 30% dei flussi sempre lungo il medesimo gasdotto. Un gioco di scacchi complesso, che si intreccia con la nazionalizzazione della filiale tedesca e con la lista delle persone e delle società finite nella lista nera Ue. A Mosca evidentemente non basta. È stata a osservare la lentezza del pachiderma europeo e adesso sembra pronta ad allargare il tavolo su cui muovere le pedine. Così ieri mattina è arrivata una comunicazione commerciale a Eni da parte di Gazprom. Nel testo la segnalazione che per la data corrente sarebbe stato fornito al transito della centrale del Tarvisio il 15% in meno del fabbisogno richiesto. Poca cosa di per sé. L’anomalia è che la comunicazione è priva di altri dettagli. Non è dato sapere il comportamento odierno. Tanto meno quello dei prossimi giorni. Le forniture potrebbero essere ulteriormente tagliate, limate. Ma potrebbero tornare anche a percentuali sopra la media dell’ultima settimana. A indicare che anche quella nei nostri confronti sarebbe una mossa politica. Analisti contattati dalla Verità spiegano che la partita a scacchi sul gas mira a un obiettivo duplice. Il primo è quello di mantenere tensione sui prezzi spot. La Russia, aprendo e chiudendo i rubinetti, sarà in grado almeno fino al termine di quest’anno di influenzare i prezzi. Basti vedere che il solo intervento lungo il Nord stream ha fatto salire i valori di oltre il 10% a circa 98 euro a megawattora. L’altro corno del tema sarà la difficoltà crescente di riempire gli stock Ue. A oggi la percentuale di copertura delle riserve di gas europee supera di poco il 52%, per un valore intorno ai 580 terawattora. Mosca sa che entro marzo prossimo dovremo colmare il gap del 48%. Sa dunque quanto gas consumiamo e quanto ogni giorno possiamo destinarne agli stock. Il calcolo è presto fatto. Così come è presto fatta la strategia della tensione. Il discorso è lo stesso anche per il nostro Paese, che tra l’altro è allineato con il resto dell’Europa. Anche i nostri stock sono pieni al 53%, molto meno di Portogallo e Polonia, ma molto più di Ungheria, Austria, Belgio. Se Gazprom anche nei prossimi giorni o settimane farà lo stesso giochetto, dovremo, sul lungo termine, ammettere di non aver raggiunto i target. Eventualità che garantirebbe alla Russia la possibilità di usare anche in questa occasione il generale inverno per inguaiare l’avversario. Dal nostro canto significherebbe restare esposti alla volatilità delle materie prime energetiche e dell’inflazione. Preso atto di tale premessa è ancor più importante non lasciare la battaglia contro lo spettro inflattivo nelle mani della sola Bce. La weaponization delle commodity, l’uso delle materie prime come armi della guerra economica rischia di raggiungere livelli fino ad oggi impensabili. Di conseguenza alzare i tassi per creare recessione e abbassare i prezzi rischia di rimanere un’anatra zoppa che, al contrario, potrebbe lasciarci con in mano il cerino delle fiammate inflattive e in tasca una stagflazione in grado di abbattere il Pil. In caso di guerra economica, non si risponde solo con le mosse finanziarie né tanto meno monetarie, ma con nuovi accordi commerciali o bliz militari. Escludendo di volere avviare la terza guerra mondiale con uno scontro diretto, spetterà ai cosiddetti proxy, i Paesi che combattono per procura, intervenire in Africa e dove ci si contende le materie prime, a favore di un blocco piuttosto che dell’altro. In ogni caso abbiamo davanti a noi mesi e forse anni difficili. L’Europa farebbe bene a non svelare le proprie mosse, sempre sia in grado e ne abbia consapevolezza.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.