2021-10-07
La Germania ha fame di gas. Così l’Italia ricca di scorte paga per gli errori di Berlino
Gasdotto in Germania (Getty Images)
Un documento congiunto firmato da cinque Paesi chiede uno stoccaggio comune. Per noi, con riserve piene all'85% contro il 70% degli altri Paesi, sarebbe un danno.Il prezzo del gas in Europa continua a salire su una scala sempre più ripida. Il future relativo alle consegne di novembre al Ttf ha toccato un massimo di 162 euro/Mwh e nel breve termine non si vedono segnali utili a una discesa. Esiste il rischio concreto di una interruzione delle forniture energetiche in tutta Europa, Italia compresa. In alcuni Paesi europei questa prospettiva è già concreta e si parla esplicitamente di programmare interruzioni o limitazioni della produzione delle aziende manifatturiere. Il ministro Roberto Cingolani, celandosi dietro un garbato truismo, ha detto che per la primavera 2022 è atteso un calo delle quotazioni del gas. Essendo questa una commodity stagionale, però, i prezzi estivi sono già di norma più bassi di quelli per il gas invernale: dunque quella di Cingolani è a metà strada tra una verità e una ovvietà. Semmai, il problema è proprio riuscire ad arrivare alla prossima primavera, senza troppi danni e senza interruzione delle forniture. Già lo scorso agosto La Verità lanciò l'allarme sui rincari del gas, delineando proprio ciò che sta avvenendo in queste settimane. Come era ampiamente prevedibile, il pannicello caldo applicato dal governo Draghi (riduzione provvisoria degli oneri in bolletta) non ha intaccato minimamente i problemi strutturali del mercato energetico europeo. Qualche giorno fa in sede di Eurogruppo il commissario europeo Paolo Gentiloni ha annunciato per dicembre la presentazione da parte della Commissione europea di alcune proposte. Dicembre però è quanto mai lontano, di fronte al marasma che vivono oggi i mercati e al rischio sempre più concreto di rimanere a corto di energia fisica. Se è vero che nel lungo periodo saremo tutti morti, come pare abbia detto John Maynard Keynes, nel breve periodo rischiamo di restare tutti al freddo. Devono essere giunti alla stessa conclusione cinque ministri europei, tra cui francesi e spagnoli ma non italiani, che hanno chiesto a gran voce che l'Unione europea affronti urgentemente il problema. È stata dunque messa in calendario una riunione attorno al 20 ottobre, in cui il tema sarà affrontato. Nel documento congiunto emesso l'altro ieri i cinque ministri dettano alcuni punti da mettere all'ordine del giorno, tra cui un'azione congiunta per l'acquisto del gas, la messa in comune di stoccaggi strategici e la revisione del sistema dei prezzi marginali per il settore elettrico. Rispetto alle prime due proposte è da capire come e in che termini la Commissione possa creare un pool di acquisto da parte degli Stati senza infrangere le rigide regole di concorrenza e di mercato che lei stessa si è data. Sul secondo punto pare che si tratti di costituire stoccaggi strategici comuni a livello europeo, addizionali rispetto a quelli commerciali. L'Italia, per antica prudenza dell'operatore di sistema (Snam), è l'unico paese dell'Unione, assieme all'Ungheria, ad avere già un proprio stoccaggio strategico, pari a circa 4 miliardi di metri cubi. Tale quantitativo teoricamente coprirebbe circa un mese di fornitura invernale per l'intero Paese. L'Italia è anche uno dei Paesi in cui gli stoccaggi sono meno vuoti, avendo conseguito un riempimento pari all'85%, contro il 70% di Francia, Germania, Belgio e Olanda. Certo è che, arrivando a giochi fatti sugli stoccaggi, appare difficile che questa proposta possa portare a qualcosa di concreto. Parafrasando Alessandro Manzoni, il gas è come il coraggio, se uno non ce l'ha, non se lo può dare. Ma a cosa è dovuta questa drammatica e apparentemente inarrestabile salita dei prezzi dell'energia e conseguente possibile carenza di materia prima in Europa? Un primo fattore è la concorrenza della domanda asiatica di gas, che ha iniziato a manifestarsi nella scorsa primavera. Le navi che trasportano il gas liquefatto (Lng) hanno ridotto le forniture verso l'Europa orientandosi verso Cina, Giappone e Corea che pagavano meglio. Il risultato è che nel periodo ottobre 2020-settembre 2021 sono arrivati in Europa 25 miliardi di metri cubi di gas liquido in meno rispetto all'anno precedente. Il secondo fattore contingente ha a che fare con la riduzione dei flussi in esportazione dalla Russia, che si è verificata a partire dall'estate e che è nettamente peggiorata a settembre e in questo scorcio di ottobre. Anche se la produzione di gas russo non è diminuita, a conti fatti in Europa arriva meno gas rispetto al 2019 e alla media degli anni precedenti. La Russia sta intanto riempiendo in tutta fretta i propri stoccaggi in previsione di un inverno molto rigido. Queste due concause gravano su una situazione di debolezza strutturale del mercato del gas europeo, che ha scarsa produzione propria e importa quasi tutto il proprio fabbisogno. Negli ultimi cinque anni i prezzi sono rimasti bassi quasi costantemente, i contratti a lungo termine sono caduti in disuso, nessuno ha pensato ai tempi di magra, è esplosa la passione per le fonti rinnovabili. Da stabile e prevedibile quale era, il mercato energetico europeo è diventato così il frizzante regno del breve termine. La vera causa di tutto ciò sta qui. Le fonti si sono diversificate, è vero, ma allo stesso tempo i rapporti con i fornitori si sono fatti più labili, nella convinzione che il mercato godesse di una liquidità pressoché infinita. Il mercato Lng è volubile, i grossisti storici si sono rivolti alla generica domanda mondiale, i rapporti con la Russia si sono deteriorati, nessuno a Bruxelles ha pensato ad accantonare riserve strategiche e la Germania della celebratissima Angela Merkel ha brigato pro domo sua per assicurarsi il nuovo gasdotto Nord stream 2. Così oggi l'Europa si trova con in mano un cerino che può accendere ben magra fiamma. Il mercato vive di aspettative e l'annuncio del Green deal ha contribuito ad alimentare l'illusione che i combustibili fossili fossero già il passato, gonfiando aspettative negative su questi e generando comportamenti imprudenti. I Paesi produttori di idrocarburi sono spinti da questa prospettiva a massimizzare nel breve termine. Fa specie pensare che quella che qualche giorno fa ha ipotizzato misure straordinarie per approvvigionarsi di idrocarburi è la stessa Commissione presieduta da Ursula von der Leyen che il 14 luglio scorso lanciava con enfasi il programma di decarbonizzazione Fit for 55. La prudenza avrebbe dovuto consigliare di far precedere tale annuncio dalla concreta messa in sicurezza del sistema attuale, con gli strumenti che pure esistono. Del resto, si chiama transizione ecologica, non salto nel buio. Il grave difetto di visione di Bruxelles, che ha sacrificato la realtà presente in nome di un futuro ancora tutto da costruire, si traduce oggi in prezzi altissimi e rischi di blackout continentali. Ciò che può cambiare questa prospettiva è una partenza già entro quest'anno del gasdotto Nord stream 2, cosa che calmerebbe i prezzi almeno in parte e porterebbe un po' di liquidità nel mercato tedesco sempre più affamato di gas. L'altro aspetto che può aiutare a smorzare le tensioni sul mercato è la temperatura, che nel caso di un inverno mite contribuirebbe se non altro a ridurre i picchi di domanda. Mentre la prima variabile è nelle mani di un pugno di burocrati, sulla seconda non c'è che da sperare.