2020-09-19
Garibaldi conquistò l’Italia, non la sua cucina
Giuseppe Garibaldi (Stefano Bianchetti:Corbis via Getty Images)
I personaggi omerici si nutrivano di carni rosse, pesci e cacciagione. Il tutto innaffiato da vino, anche prima di affrontare un combattimento. Il generale invece, come Cincinnato e Giulio Cesare, era disinteressato al cibo. Che divideva con i Mille.Cosa mangiano gli eroi? Quelli letterari non si trattano male: Ulisse si nutriva di cereali, verdure, carni di capretto e di maiale. Gli piacevano le olive e come dessert gustava i fichi con la goccia. Il pane era il suo punto di riferimento. Quando approdava in qualche lido sconosciuto spediva qualche compagno in perlustrazione: «Controllate se qui ci sono uomini che mangiano il pane». Se c'erano non potevano essere che pacifici. Una regola che non osservò quando sbarcò nell'isola dei ciclopi e s'infilò imprudentemente nell'antro di Polifemo. Si rese conto dell'errore quando il gigante con un solo occhio cominciò a sgranocchiargli i compagni a due per volta senza nemmeno stenderli tra due fette di pane abbrustolito. Se non se ne fossero andati alla svelta da quella grotta sarebbero stati il piattoforte del menu del ciclope per diversi giorni.A Menelao piaceva la cacciagione e beveva idromele. Suo fratello Agamennone preferiva lo stufato di maiale che abbinava al vino aromatizzato con resina di pino che assomigliava nel gusto al retsina che si beve ancora oggi in Grecia. Achille, figlio di mammà (Teti) e figlioccio di Atena, mangiò il pane e bevve il vino degli dèi prima di affrontare in duello il povero Ettore che probabilmente si era accontentato di un piatto di legumi e un po' di frutta per non appesantirsi. Se ci fosse stato l'antidoping dopo la sfida, Achille sarebbe stato squalificato.Saltando qualche millennio, passando dagli eroi omerici ai supereroi della Marvel troviamo Iron Man che, come milioni di americani, va pazzo per il cheeseburger. Thor, il guerriero armato di martello, figlio di Odino, adora le uova strapazzate e la birra. In un vecchio fumetto troviamo Superman, il più vecchio dei supereroi - quest'anno compie 87 anni - preparare a supervelocità per sé e gli amici giornalisti del Daily Planet, panini al prosciutto, hotcakes, torte. Unica bevanda ammessa il latte. Che Braccio di Ferro trova forza negli spinaci lo sanno generazioni di ex bambini spinti dai genitori a imitarlo pur di far mangiare loro un po' di verdura. Tex Willer, il più grande eroe del fumetto italiano, e l'amico Kit Carson, quando sono al ristorante ordinano sempre lo stesso piatto: una bistecca altra tre dita con una montagna di patatine fritte. Seguono torta di mele e caffè nero bollente.E gli eroi in carne ed ossa? Al contrario di quelli di carta, sono molto più frugali. Il leggendario Muzio Scevola - che dimostrò all'etrusco Porsenna di saperci fare anche col barbecue rosolando la mano che non l'aveva ucciso - si accontentava di cose semplici: pecorino, legumi, miele e una polentina di farro. Cincinnato, il Garibaldi dell'antichità, l'uomo che salvò Roma dagli Equi e dai Volsci tornando subito dopo ad arare i suoi campi, si nutriva come i legionari di aglio, cipolla (che, secondo la credenza, davano vigore), ma anche di formaggio, gallette di farro, lardo, legumi. Secondo gli storici perfino Giulio Cesare, almeno durante le campagne militari, era frugale: faceva colazione con un bicchier d'acqua e qualche avanzo della sera prima; pranzava con un tramezzino spalmato di garum, salsa liquida a base di interiora di pesce; cenava con formaggio e un po' di carne. Era uno che si accontentava, riservando gli appetiti ad altre più ambiziose e piacevoli occupazioni: il potere e le donne. Indro Montanelli, nella Storia di Roma, lo chiama il «seduttore zuccapelata» per via della calvizie che cercava di nascondere con il riporto.Non è che la storia italiana mostri molti eroi patentati dopo gli anni leggendari dell'antica Roma. Uno di questi fu il capuano Ettore Fieramosca che ricacciò in gola allo sprezzante La Motte l'accusa di codardia rivolta agli italiani. Fu disfida, a Barletta, e fu vittoria. Vissuto nelle corti dei re di Napoli, noti gourmet, il Fieramosca gustava sicuramente piatti succulenti: carni, pesci, formaggi e salumi raffinati. Era quello, del resto il tempo dei ricettari del Platina, di Cristoforo da Messisbugo, di Bartolomeo Scappi. Tre secoli dopo troviamo a Torino un altro eroe autentico: Pietro Micca che s'accontentava di avere il suo pane quotidiano. Per non farlo mancare alla famiglia si arruolò nell'esercito sabaudo. E quando i francesi che assediavano Torino tentarono di penetrare nel passaggio sotterraneo custodito da Micca e da un commilitone imbranato, Pietro gridò al compagno che pasticciava con la miccia: «Togliti di lì, scappa che sei più lungo di una giornata senza pane». E per impedire ai francesi di passare si fece saltare con tutto l'esplosivo. La vedova ebbe dal duca Vittorio Amedeo II una pensione di due pagnotte al giorno.Era di gusti semplicissimi il prode dei prodi, l'eroe dei due mondi: Giuseppe Garibaldi. Il suo cibo era lo stesso dei suoi Mille: pane, gallette, formaggio, cipolle, carrube (in Sicilia ne trovarono fin che volevano), pomodori, olive, mele, pere e, quando andava ricca, carne conservata sotto sale in barile. Se trovavano qualche picciotto di buon cuore potevano mangiare zuppe di legumi e uova. Da bravo ligure (quando nacque, Nizza era ancora italiana) s'addolciva la bocca con gallette di marinaio e uvetta appassita. La ricetta, semplice, fu ripresa nel 1854 dal pasticcere John Carr che in onore dell'eroe giunto in Inghilterra preparò i Biscotti Garibaldi: ancora si vendono nel Regno Unito.Eroe tanto grande quanto uomo di gusti semplici, dopo la conquista di Palermo rifiutò i manicaretti dei cuochi di palazzo reale preferendo una minestra, e un pezzo d'arrosto con contorno di fave. Lo stesso fece dopo l'incontro di Teano: consegnò il regno delle Due Sicilie a Vittorio Emanuele II declinando l'invito del Savoia a un pranzetto da... re. «Grazie sire, ho già mangiato». Era una bugia. Raggiunti i suoi uomini divise con loro pane e formaggio. Ferito sull'Aspromonte dalle ingrate truppe regie mentre marciava su Roma, trovò grande consolazione in un brodo di capra.Sui gusti del condottiero ci illumina Clelia Garibaldi nel libro Mio padre. Clelia scrive che tra i piatti preferiti dall'illustre babbo c'erano pietanze marinare della sua terra: il minestrone alla genovese con il pesto (si era portato un mortaio da Genova), la pissaladiere nizzarda, focaccia a base di acciughe, cipolle, olive ed erbe aromatiche, la zuppa di pesce alla marsigliese (bouillabaisse) preparata con pesce povero: scorfani, triglie, gronghi e insaporita con zafferano e finocchio selvatico. Sulla tavola della Casa Bianca - così aveva chiamato il casolare caprese - non mancavano mai le verdure che coltivava personalmente nel suo orto, né le conserve che con esse venivano preparate. Le uova le forniva il pollaio della figlia Teresita. Il pesce e caprini fatti dal suo capraio con il latte degli ovini al pascolo tra i mirti erano spesse in menu. Andava pazzo per il caffè e il mate che aveva imparato ad apprezzare nelle scorribande tra l'Argentina e il Rio Grande Do Sul. Il mate è un infuso di yerba mate con proprietà stimolanti e tonificanti. Se è vero che diede vigore alla passione tra Garibaldi e Anita, galeotto fu l'infuso. Clelia Garibaldi racconta che l'eroe arrostiva sulla brace carne che chiamava «ciurasco» in ricordo di quella mangiata in gioventù nell'altro mondo. Indro Montanelli e Marco Nozza, autori di una biografia su Garibaldi, confermano: «Aveva sempre mangiato poco, gli unici stravizi li faceva nella stagione delle fave: per mesi, esse erano il suo unico piatto insieme al pecorino. Altre sue ghiottonerie erano il minestrone alla genovese col pesto, il baccalà e lo stoccafisso. Carne, ne voleva di rado. Ma quando gliene capitava, la cuoceva alla sudamericana, mettendone un blocco crudo sui carboni ardenti, raschiandone e mangiandone il sottile strato annerito dalla brace e rimettendola ad arrostire».Quando a 73 anni Garibaldi sposò Francesca Armosino (dovette aspettare l'annullamento del secondo matrimonio) rinunciò all'abbacchio al forno del pranzo di nozze. Gli bastò un piatto di lenticchie.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson