2022-01-27
Gare deserte e prezzi alle stelle. Il Recovery plan resta fermo al palo
Il Pnrr arranca sia per colpa dei rincari delle materie prime, sia per i troppi vincoli che scoraggiano le imprese. Enrico Giovannini ventila l’idea di una revisione. Bruxelles non la esclude: «Ma solo in casi eccezionali».Il Pnrr arranca ancora. E non è solo colpa dei prezzi delle materie prime. Lo dimostrano le gare sul digitale andate a vuoto e anche la nebbia che circonda i prossimi passi del polo strategico nazionale del cloud. Che si cominci ad andare per le lunghe lo lascia intendere anche l’intervista del ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, al Corriere della Sera e l’immediata risposta di Bruxelles. Nel colloquio con il quotidiano di via Solferino, infatti, Giovannini ha aperto a una possibile revisione del piano spiegando che nel decreto approvato dal Consiglio dei ministri la scorsa settimana «sono previsti nuovi meccanismi di adeguamento dei prezzi di aggiudicazione».L’intervento del governo si basa su due aspetti, spiega il ministro. «Il primo è quello dei prezzi a base d’asta», con le linee guida sulla definizione dei prezziari regionali che saranno emanate dall’Istat. «Il secondo prevede un meccanismo di aggiustamento dei prezzi in corso d’opera molto meno penalizzante per le imprese». In particolare, «la franchigia a carico delle imprese si riduce in modo consistente». Nell’intervista Giovannini ha assicurato che sui bandi di competenza del suo ministero «non ci sono ritardi. Abbiamo messo in campo un meccanismo stretto di monitoraggio dell’attuazione del Piano e non sono emerse criticità evidenti». Ma ha ricordato anche che il Next generation Eu «contiene un meccanismo automatico di revisione annuale delle risorse legato all’inflazione, con un tetto del 2%». E che, «se ricorrono condizioni eccezionali, il Consiglio europeo può valutare entro il 2022 eventuali proposte di revisione dei Pnrr nazionali».Già nella mattinata di ieri, con l’intervista del ministro in edicola, ecco la risposta della Ue: una volta che il Pnrr di un Paese membro è stato approvato dal Consiglio Ue, «solo in casi eccezionali il Paese in questione può chiedere una revisione del Piano, in linea con l’articolo 21» del Regolamento sul Fondo di ripresa e resilienza, ha sottolineato un portavoce della Commissione Ue in merito all’eventualità che l’Italia possa modificare il suo Pnrr. Aggiungendo che «lo Stato deve dimostrare che non può più attuare il Piano o parte di esso a causa di circostanze oggettive». La richiesta fa scattare «una rigorosa valutazione, caso per caso, da parte della Commissione e assieme al Paese interessato. Se il Paese membro decide di presentare all’Ue la richiesta di revisione del suo Pnrr la Commissione è tenuta a fare una valutazione della nuova proposta seguendo tutti i criteri e i requisiti previsti nel Regolamento sul Fondo di ripresa e resilienza. Se la valutazione è positiva la Commissione proporrà una nuova bozza di decisione attuativa del Consiglio che deve essere successivamente adottata dallo stesso Consiglio europeo», spiegano dalla Commissione. Se la quota di finanziamenti è inferiore a quella prevista da un Paese membro, l’articolo 18 del Regolamento fornisce «diversi strumenti» agli Stati membri per colmare il gap costi previsti e quote di finanziamenti finali. A frenare il piano nazionale di ripresa e resilienza non sono però solo i prezzi, come dice Giovannini. All’inizio di gennaio, ad esempio, è andata deserta la prima gara della Strategia per la banda ultralarga finanziata con le risorse del piano. Parliamo del bando per portare le connessioni internet veloci anche nelle isole minori che vale 60,5 milioni di euro. Si tratta solo di una piccola parte della dote messa a disposizione dal Pnrr (6,7 miliardi tra reti fisse e 5G). Ora si cercherà direttamente chi posi i necessari cavi sottomarini con una procedura semplificata, ma di certo non è un segnale confortante perché i vincoli che hanno spaventato i possibili candidati - come i pesanti obblighi di garanzie di fideiussione e il capitolo delle penali - potrebbero ripresentarsi per i prossimi e bandi.Ma si rischiano ritardi anche sul super cloud nazionale della pubblica amministrazione che vede in vantaggio l’alleanza tra Cdp-Leonardo-Tim-Sogei e che dovrà essere pronto entro l’anno. La settimana scorsa il ministro della Transizione digitale Vittorio Colao in audizione alla Camera ha assicurato che entro fine gennaio sarà messo a gara il progetto, il collaudo è atteso per fine 2022 e il completamento della migrazione delle pubbliche amministrazioni sul cloud nazionale tra il 2023 fino al 2025, mentre nel frattempo Sogei manterrà il suo ruolo e continuerà a erogare i servizi alle Pa. Una road map serrata che si spera venga rispettata.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)