2025-06-14
Dovevano inviare truppe in Ucraina. Ora i volenterosi litigano sulle armi
Da sinistra, Friederich Merz, Emmanuel Macron e Keir Starmer (Ansa)
Parigi prova a escludere Londra dai progetti europei per l’acquisizione di materiali bellici. Berlino, varato il suo piano per la Difesa, nega il debito Ue agli altri. Ma Ursula von der Leyen dà ancora 1 miliardo a Kiev: in totale sono 150.Il presidente ucraino sarà in Canada, però gli Usa si oppongono a dichiarazioni di supporto In ballo anche le spese militari in vista del vertice Nato e la lotta al traffico di migranti.Lo speciale contiene due articoliBlaterano di mandare truppe in Ucraina, si dichiarano pronti a cooperare per una rapida risoluzione della crisi in Medio Oriente, però non riescono nemmeno a mettersi d’accordo sul riarmo. La buona volontà dei volenterosi sembra essersi sbriciolata alla prima prova: guarda caso, quella in cui è stato necessario discutere di quattrini. Da un lato, c’è la Francia che vuole impedire ai britannici di accedere ai fondi Ue per gli acquisti e la produzione congiunta di materiali bellici; dall’altra, la Germania, la quale, varato il suo maxi piano per la Difesa, con 1.000 miliardi di spesa in deficit, non è disposta ad approvare meccanismi di indebitamento comune a beneficio degli altri Stati membri. Secondo quanto riportato dal Telegraph, Parigi starebbe insistendo per limitare l’accesso alle risorse dell’Edip, il Programma europeo per l’industria della Difesa, alle imprese del Vecchio continente, escludendo così le società d’Oltremanica dalla gran parte dei progetti che verrebbero finanziati attingendo dal budget dell’Ue. In fondo, questo è stato il pallino dei transalpini da quando Ursula von der Leyen ha lanciato il programma, che rappresenta uno dei pilastri della sua strategia da 800 miliardi, pensato per migliorare la «preparazione» dei Paesi dell’Unione a un conflitto. A parere dell’Eliseo, che nella corsa al riarmo intravede una ghiotta occasione per rinvigorire l’ammaccata grandeur e, soprattutto, per rimpinguare le casse dei campioni nazionali del settore, tenere il denaro europeo dentro l’Europa è una conditio sine qua non.Alludendo al presunto nuovo corso post Brexit, che sarebbe stato inaugurato dall’arrivo a Downing Street del laburista Keir Starmer, più conciliante con l’Ue rispetto ai Tories, una fonte diplomatica di Bruxelles si è sfogata con il quotidiano di Londra: «Nemmeno un mese fa, abbiamo dichiarato solennemente che avevamo voltato pagina e che era iniziato un nuovo capitolo nelle nostre relazioni con il Regno Unito. Eppure, alla prima occasione di tradurre quelle parole in azioni, abbiamo chiuso di colpo il libro». Un suggestivo gioco verbale che descrive bene i rapporti con la Gran Bretagna, ma anche l’intesa tra inglesi, francesi, tedeschi - che nel formato Weimar+ comprende la Polonia - in teoria tutti pronti a offrire garanzie di sicurezza agli ucraini. Persino se ciò dovesse comportare l’invio di contingenti militari nell’Est, purché ad armistizio con i russi raggiunto. Eppure, al momento di mettersi d’accordo, ricompaiono gli egoismi e gli amici ricominciano a sgambettarsi reciprocamente. Nel frattempo, Berlino starebbe minacciando di rovinare i disegni della connazionale Von der Leyen. Stando alla Frankfürter Allgemeine Zeitung, in un documento di posizione stilato per l’inizio dei negoziati sul bilancio dell’Unione, relativo al periodo successivo al 2027, il governo tedesco avrebbe bocciato «la continuazione» di uno «strumento straordinario e temporaneo», tipo il fondo per la ripresa dalla pandemia, finanziato a debito. «Una sua estensione», sarebbe il diktat della cancellerie, «è legalmente esclusa». Ovviamente, la vittima sacrificale del veto teutonico rischia di essere il ReArm, che avrebbe dovuto dilatare, sposando la logica dell’unità e della solidarietà, la portata del metodo utilizzato per creare il fondo Safe da 150 miliardi.Ieri, intervistata dalla Stampa, Kaja Kallas, l’Alto rappresentante dell’Europa, ha riproposto il ritornello di Mosca sull’orlo del crollo economico, che tuttavia costituisce al contempo una minaccia tale da giustificare l’aumento delle spese militari «in tempi di pace». Altrimenti, «sarà sempre troppo tardi». E capiterà come all’Estonia negli anni Trenta, invasa dai sovietici. Intanto, con buona pace (è il caso di dirlo!) della retorica sulla Difesa comune, sull’Europa da rafforzare e rendere autonoma dagli Stati Uniti, la Germania persegue i propri interessi: ai tedeschi era sufficiente approvare la riforma costituzionale che ha sbloccato le ingenti spese necessarie a ritrasformare il Paese in una potenza militare; adesso, quello che capita agli altri sarà un problema loro. Alla faccia dell’urgenza e dell’invasione imminente. Allo stesso modo, i francesi non si sono fatti scrupoli nel rifiutare all’Inghilterra l’accesso alla cassa per l’acquisizione sul mercato e la fabbricazione di armamenti. Sono le ennesime prove del fatto che, dietro gli appelli a prepararsi insieme alla campagna imperialista di Vladimir Putin, si nascondono gli affari delle grandi industrie e le ambizioni di leadership delle singole nazioni. Nonostante la zuffa sulla pecunia, comunque, la presidente della Commissione ostenta ancora generosità nei confronti di Kiev: ieri, su X, ha annunciato che l’Unione aveva appena «erogato un nuovo importo di 1 miliardo di euro all’Ucraina. Portando il nostro sostegno totale a quasi 150 miliardi dall’invasione su vasta scala della Russia. Resteremo con l’Ucraina per un lungo periodo». Tanto paghiamo noi. Volenterosi o meno. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/g7-volenteresi-ucraina-armi-europa-2672369010.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="domani-via-al-g7-diviso-su-zelensky" data-post-id="2672369010" data-published-at="1749888419" data-use-pagination="False"> Domani via al G7 diviso su Zelensky Il vertice del G7 al via domani fino al 17 giugno in Alberta, Canada, è segnato da un clima di tensione politica, specialmente fra il presidente Usa, Donald Trump, e il primo ministro canadese, Mark Carney.Al summit prendono parte i sette Paesi membri del G7, guidati dal Canada (Carney ne è il presidente di turno). Fra i leader più attesi figurano il presidente ucraino, Volodymyr Zelenskyj - che sarà di nuovo ospite a Ottawa dopo la visita del 2023 - e il presidente francese, Emmanuel Macron. Saranno presenti anche il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e i leader di Regno Unito e Giappone, il premier Keir Starmer e il premier Shigeru Ishiba, che partecipa per la prima volta a un vertice del G7.Carney ha inoltre esteso inviti a importanti partner non G7. In particolare, ha invitato la presidente messicana, Claudia Sheinbaum, e il primo ministro indiano, Narendra Modi, quest’ultimo oggetto di controversie. Gruppi sikh canadesi hanno chiesto a Carney di revocare l’invito a Modi, a causa delle tensioni fra Ottawa e Nuova Delhi legate all’omicidio del dissidente Hardeep Singh Nijjar. Oltre a Messico e India, ai lavori di Kananaskis parteciperanno anche leader di Australia, Brasile, Corea del Sud e Sudafrica.Il commercio internazionale è uno dei dossier più spinosi all’interno del summit: le scelte protezionistiche di Trump mettono infatti in difficoltà l’unità del G7. Durante l’incontro bilaterale con Carney si è discusso degli alti dazi imposti dagli Stati Uniti agli alleati. Al summit preparatorio dei ministri delle Finanze a Banff è emerso chiaramente come «i nuovi dazi imposti da Trump» sul commercio globale siano al centro delle preoccupazioni per i capi di Stato e di governo presenti. Gran Bretagna, Unione europea, Canada e altri membri stanno infatti per subire l’inasprimento delle tariffe americane, fino al 20-25% su molti beni di esportazione.Il vertice G7 funge da preludio al summit della Nato, che si terrà a fine giugno. Gli Stati Uniti premono affinché gli alleati aumentino la spesa militare: il segretario di Stato americano, Marco Rubio, ha già anticipato che i Paesi Nato mirano a concordare un obiettivo del 5% del Pil destinato alla difesa nell’arco del prossimo decennio. Secondo Rubio, al vertice Nato del 24-25 giugno «virtualmente tutti i membri saranno al 2% o oltre, molti oltre il 4% e tutti avranno concordato l’obiettivo di raggiungere il 5% nel prossimo decennio». Le discussioni di questi giorni in Canada serviranno dunque anche a preparare questo obiettivo di rafforzamento dei bilanci militari, in un momento in cui la sicurezza collettiva è al centro dell’agenda globale.Già monta la polemica, peraltro, sul rifiuto Usa di stilare un comunicato congiunto che citasse Kiev, Gaza e il cambiamento climatico. Saranno adottate sette dichiarazioni su finanziamento dello sviluppo, Ia, tecnologie quantistiche, lotta agli incendi (il Canada è in fiamme e le polveri hanno raggiunto addirittura il Nord Ovest italiano), minerali critici, repressione transnazionale e contrasto al traffico di migranti.Per garantire la sicurezza, il summit si terrà in una località remota nel Parco del Kananaskis, chiusa al pubblico e presidiata dalle forze dell’ordine. Le autorità hanno istituito tre zone di manifestazione autorizzate - due a Calgary e una a Banff - dove i manifestanti potranno protestare pacificamente, trasmettendo immagini e audio ai leader tramite schermi televisivi.Le proteste rifletteranno un ampio spettro di temi: dazi, immigrazione, minacce di annessione americana del Canada, pace, diritti umani.
Alessandra Coppola ripercorre la scia di sangue della banda neonazi Ludwig: fanatismo, esoterismo, violenza e una rete oscura che il suo libro Il fuoco nero porta finalmente alla luce.