2020-08-13
«Fuori i nomi»? Sì, però quelli veri
Klaus Regling, il tedesco a capo del Mes (Ansa)
Mentre è in corso la caccia agli onorevoli che hanno chiesto il bonus Covid, nessuno si preoccupa di sapere chi fa pressioni sul governo per accedere ai fondi europei.Fuori i nomi, fuori i nomi! Domani, salvo sorprese, l'Italia conoscerà ufficialmente le generalità dei parlamentari che hanno chiesto e ottenuto i cosiddetti «bonus Iva» previsti per attutire il massacro economico causato dalle restrizioni dovute alla pandemia.Al netto del comportamento tuttora non chiarito da parte dell'Inps nella gestione dei dati, sapere le identità residue (due di loro sono ormai noti) degli onorevoli sarà comunque un atto politico di chiarezza, un elemento di giudizio in più sul loro comportamento in mano agli elettori. Fiutando l'aria, i leader dei partiti indiziati di ospitare nelle loro fila i beneficiari hanno annunciato purghe di varia entità: anche se tecnicamente i soldi (1.800 euro in tutto, fossero confermate le tre erogazioni) non vengono «tolti» a nessuno, è difficile cancellare la sensazione di grave inopportunità legata a un contributo pur totalmente lecito in quanto previsto dalla legge. Per l'impatto che la notizia dei bonus «onorevoli» ha suscitato è comprensibile, per certi versi pure giusto, che i partiti diano mostra di cancellare favoritismi inopportuni.Sarebbe interessante, perfino utile, che tale ansia anagrafica si estendesse a faccende lievemente più ingenti dal punto di vista del Paese. Fermandosi alla storia più recente di questi travagliati mesi, dunque, l'auspicio a «tirar fuori i nomi» potrebbe ampliare il suo afflato di giustizia a numerosi temi. Per esempio, a titolo puramente didascalico: perché non invocare altrettanta trasparenza sul negoziato che potrebbe portare l'Italia ad accedere al prestito del Mes? Ormai da cinque mesi assistiamo al lento scivolamento di un partito - il M5s - che aveva nel programma elettorale del 2018 la «liquidazione» del fondo Salvastati verso una possibile approvazione del suo utilizzo a denti stretti. Quali sono i nomi dei negoziatori della posizione italiana all'Eurogruppo, tra i funzionari del Tesoro, a Palazzo Chigi, al Quirinale, che hanno contribuito a plasmare la posizione del nostro Paese in merito? E chi ha impresso progressive, forse inesorabili sterzate politiche ad alcuni tra i grillini? A prescindere da ciò che si pensi in merito, la domanda non è peregrina e dovrebbe interessare non solo chi fosse contrario all'uso del Mes: non esistono, malgrado la legge lo preveda, atti parlamentari con cui sia stata di fatto avallata tale decisione, che in linea teorica dovrebbe trovare opposizione alle Camere.Un discorso non troppo diverso vale sul recente prestito chiesto dall'Italia per il Sure, i fondi europei contro la disoccupazione (a loro volta finanziati tramite i contributi degli Stati). Qui la cornice istituzionale è meno slabbrata, ma sarebbe comunque da capire chi abbia concorso a far esultare il Tesoro salutando come atto di solidarietà un indebitamento le cui condizioni politiche e finanziarie restano tutte da chiarire. Ovviamente a maggior ragione la domanda si pone sull'intero negoziato del Recovery fund, che ormai chiunque - passati gli entusiasmi - giudica tardivo e inadeguato. Chi ha costruito il percorso negoziale del nostro Paese ai vari tavoli?Qui ballano sei, sette zeri in più rispetto al bonus: è dunque facile allargare il discorso alle recenti tappe della faticosa evoluzione europea. Ma, senza dilungarsi, sarebbe bello sapere i nomi di chi ha spinto premier e ministri da Mario Monti in giù a salutare come trionfi ai Mondiali gli accordi sull'unione bancaria e sul bail in, per dirne due.Sarebbe bello sapere i nomi, a proposito di banche, di chi ha lavorato sulla riforma delle Popolari, o sul decreto con cui, nel novembre 2015, è stato anticipato il «salvataggio» dei quattro istituti (Etruria, Chieti, Marche e Ferrara).Anche sul dramma della pandemia, in effetti, ci sarebbero un po' di nomi da «tirare fuori». Come mostra la querelle dei verbali del comitato tecnico scientifico tuttora segretati e finiti al Consiglio di Stato, le identità dei reali decisori non sono definite, e il mix di ambiguità e accentramento del governo non ha dissipato i dubbi. Regioni a parte, c'è sempre la questione capitale delle autopsie vietate: chi ha spinto la disposizione del ministero che le ha proibite per evitare contagi? E chi ha convinto il titolare della Salute Roberto Speranza a nominare il prezzemolino del potere sanitario Walter Ricciardi come suo consulente speciale per la pandemia? Fuori i nomi, fuori i nomi.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)