2019-06-09
Francia e Germania usano il nome di Letta per complicare il rimpasto di governo
L'ex premier presidente del Consiglio Ue sarebbe un problema per i gialloblù, impegnati a insediare nuovi ministri non filo Colle.La notizia arriva dalle colonne di Repubblica. Ma è vera. Enrico Letta, già presidente del Consiglio, entra nella cerchia dei candidati alla presidenza del Consiglio Ue. A sostenerlo sono Francia e Germania, disposte - probabilmente a portarlo avanti anche senza l'approvazione del governo italiano in carica. Sarebbe una riedizione di quanto accaduto nel 2014, quando però l'esponente democristiano di Pisa fu per la seconda volta accoltellato da Matteo Renzi , il quale, dopo averlo spodestato con l'aiuto di Giorgio Napolitano, chiese di abbandonare un atteggiamento subalterno a Parigi e Berlino, e decise di sostituirlo con Federica Mogherini per un ruolo di serie B. All'epoca i due Paesi non avevano un interesse immediato a entrare nelle politiche interne dell'Italia. E così hanno ripiegato su Donald Tusk. Stavolta potrebbe finire diversamente. Letta porterebbe a Francia e Germania tre vantaggi. Riuscirebbe a infilarsi nelle dinamiche economiche del governo gialloblù, ostacolandolo con l'appoggio del Quirinale, e riuscirebbe a livello internazionale ad annichilire la componente renziana del Pd (verso la quale serba ancora un fastidio profondo), fornendo contatti e lustro agli attuali vertici del partito, che di per sé sono ai minimi storici in quanto a relazioni diplomatiche. Senza dimenticare che sarebbe una prima volta assoluta: anche stando a quanto dichiarato ieri da Luigi Di Maio , c'è da immaginarsi che un'eventuale nomina di Letta avverrebbe con voto contrario di Roma. Eppure - anzi, proprio per questo - Parigi e Berlino userebbero il passaporto di Letta per indebolire l'Italia nell'altra partita di nomine: quella dei Commissari. D'altro canto, lo stesso ex premier è del tutto consapevole di essere uno dei volti presenti sulle carte del gioco in corso. Sa che sul più bello potrà essere sacrificato da Merkel e Macron per ottenere il voto leghista a sostegno di Jens Weidmann come capo della Bce e, nel caso della Francia, per avere un commissario che si occupi di Difesa Ue - e magari di Fincantieri - totalmente rivolto agli interessi d'Oltralpe. Domani Manfred Weber, capo gruppo tedesco dei Popolari Ue, sarà a Roma per incontrare Giuseppe Conte e discutere di nomine, comprese quelle alla Bce.I partner europei giocano duro perché sanno bene che nel caso dell'Italia la trattativa delle nomine Ue s'intreccia con la necessità di fare un rimpasto di governo. Il nome di Letta, quale potenziale candidato dell'asse franco tedesco, è arrivato all'orecchio dei partiti di maggioranza solo ieri mattina. In pratica con la lettura dei giornali. Il che spiega come la partita si stia giocando su più tavoli, alcuni dei quali sono coperti. Al «partito del Colle» sono in questo momento iscritti sia il premier Giuseppe Conte sia il ministro Enzo Moavero Milanesi. Non c'è dunque da meravigliarsi che le trattative per le nomine Ue non tocchino direttamente le scrivanie di Di Maio e Salvini. I quali sanno di dover affrontare un'altra settimana decisiva per la stabilità del loro esecutivo. Mercoledì sera è attesa la sentenza della Corte dei Conti relativa a Massimo Garavaglia. Se il vice ministro all'Economia, accusato di danno erariale, venisse condannato, potrebbe dover lasciare l'incarico. Almeno, questi a oggi sono gli accordi tra Lega e 5 stelle. Ma Garavaglia è l'unico presidio del Carroccio dentro un ministero che tra Giovanni Tria e Laura Castelli non pone particolare attenzione alle istanze leghiste. L'addio di Garavaglia così imporrebbe il rimpasto da tanto tempo rimandato. Una eventualità difficile da gestire, e che finirebbe con il distrarre Lega e 5 stelle dalla vera partita che si gioca in Europa. Però al tempo stesso Salvini sa che dovrà monetizzare la vittoria alle ultime elezioni per chiedere almeno due ministeri di peso in più. Uno potrebbe essere quello del Lavoro, che vedrebbe uscire Di Maio per entrare Claudio Durigon, esponente di peso e capace di maneggiare la macchina ministeriale. Resta però da capire chi la Lega voglia spendere per sostituire Danilo Toninelli. Girano nomi lombardi, ma senza particolare esperienza. Il Carroccio poi sa anche che ogni pedina che si muove ne sposta altre. Per cui resta da riempire la casella degli Affari europei, lasciata vuota da Paolo Savona. La candidatura di Guglielmo Picchi è un po' incerta. Non garantirebbe quello stretto collegamento con la diplomazia della Farnesina e rischierebbe di accendere la contro mossa del Colle che a sorpresa potrebbe muovere Conte affinché candidi Moavero in Europa. Una opzione che se si sommasse a quella di Letta sarebbe la disfatta. Qualunque tentativo di avviare trattative con Bruxelles con l'obiettivo di rivedere parametri e accordi sarebbe non solo fallito in partenza ma contro producente. Aggiungendo all'elenco pure Andrea Enria, da poco presidente del consiglio di sorveglianza della Bce, all'Italia verrebbero formalmente imputate tre caselle, tutte però palesemente ostili alle politiche sovraniste. Per Lega e 5 stelle la sfida è tutta in salita. E conviene loro salire il meno possibile al Colle.
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