2018-09-10
Francesco sveli l’indagine sulla lobby gay
Il Papa starebbe preparando un documento per dimostrare che gli abusi di Theodore Edgar McCarrick vennero insabbiati prima della sua elezione. Se vuole fare chiarezza, pubblichi anche il rapporto di Joseph Ratzinger sui gruppi di potere Lgbt, che avrebbe portato alle sue dimissioni. Francesco ha deciso di passare al contrattacco, scrive Il Fatto Quotidiano. Il Papa non ci sta a passare per colui che insabbiò lo scandalo del cardinale Theodore Edgar McCarrick, arcivescovo di Washington che secondo l'accusa lanciata dall'ex nunzio apostolico in America fu per anni predatore seriale di seminaristi. Dunque, di fronte alla documentata ricostruzione dei fatti portata da Carlo Maria Viganò e pubblicata in esclusiva mondiale dalla Verità, il Pontefice avrebbe dato ordine di preparare una puntigliosa risposta, anzi, scrive Carlo Tecce, un dossier, per ribattere punto su punto. La strategia del silenzio e della preghiera sostenuta dal Santo Padre per arginare le reazioni al memoriale dell'ex nunzio evidentemente non ha funzionato. Negli Stati Uniti molti vescovi ritengono necessaria una risposta a Viganò, non soltanto perché il documento da lui redatto è circostanziato da nomi e date, ma anche perché sono ancora fresche le accuse del New York Times al cardinal McCarrick, dunque far finta di nulla, tacere e pregare mentre sono aperte anche delle indagini di varie Procure, non sembra la soluzione migliore. Come segnalavamo ieri, più che un gesto di umiltà potrebbe apparire una scelta di omertà.Dunque, meglio fornire una versione ufficiale. Il Papa perciò vorrebbe sapere chi ricevette le segnalazioni sui comportamenti sessualmente inappropriati di McCarrick e perché non fece nulla. Che i rapporti siano giunti in Vaticano ormai è certo. Prova ne sia che come abbiamo scritto ieri uno degli accusatori del cardinale di Washington ha mostrato una lettera del sostituto della Segreteria di Stato, il cardinale Leonardo Sandri, in cui si fa esplicito riferimento a quanto accaduto in seminario. Perché la Santa sede non si attivò? L'obiettivo di Bergoglio è chiaro. Visto che l'arcivescovo Viganò accusa direttamente lui, sostenendo di avergli rivelato nel giugno del 2013 l'esistenza di un dossier sul «corruttore di seminaristi», il Papa intende svelare gli altarini precedenti, cioè quando i Pontefici erano Karol Wojtyla e Benedetto XVI. La strategia di dimostrare che l'insabbiamento del caso McCarrick è cominciata prima della sua ascesa al soglio di Pietro certo ha un senso. Lo stesso ex nunzio apostolico ne parla nel suo memoriale, facendo i nomi dei precedenti Segretari di Stato, tra i quali i cardinali Angelo Sodano e Tarcisio Bertone, oltre a molti altri. Secondo Viganò il cardinale di Washington avrebbe goduto per anni di alte coperture e questo gli avrebbe consentito di agire indisturbato, sfruttando anche le relazioni con una lobby gay molto forte all'interno della Chiesa.Ora papa Francesco vuole far predisporre un dossier su quanto accaduto e sull'insabbiamento delle accuse a McCarrick? Bene. Come abbiamo scritto a più riprese, in questi casi la trasparenza è la miglior strategia, perché panni come questi non si lavano in casa, come sembrava lasciar intendere in un primo momento la scelta del silenzio. Tuttavia ci permettiamo un modesto consiglio: rivelare le connivenze che hanno garantito anni di impunità è giusto, però nella confessione dell'ex nunzio non si parla solo di McCarrick, ma anche della lobby che condiziona il Vaticano e le sue decisioni. Viganò scrive che papa Benedetto XVI avviò un'indagine, affidandola a tre cardinali che operarono in gran segreto. I risultati di quell'inchiesta condotta da Julián Herranz, Josef Tomko e Salvatore De Giorgi furono consegnati personalmente da Ratzinger a Bergoglio il giorno del passaggio di consegne a Castel Gandolfo e il Pontefice li custodirebbe personalmente in Vaticano. Che cosa c'è di così esplosivo in quel dossier? Come mai a volte se ne parla lasciando capire che proprio quell'indagine sarebbe all'origine delle dimissioni di Benedetto XVI? Fare chiarezza sul caso McCarrick è giusto ed è ciò che chiedevamo sin dal giorno della pubblicazione del memoriale di Carlo Maria Viganò. Ma fermarsi alle accuse al cardinale di Washington sarebbe sbagliato. Francesco è il Papa della trasparenza, colui che chiede scusa per gli abusi sui minorenni commessi da sacerdoti? Colui che vuole rompere con il passato? Ottimo. A questo punto faccia alzare il velo che copre altri scandali, rendendo pubblico il dossier ricevuto da Benedetto XVI. L'ora della verità è giunta e rinviarla sarebbe non solo sbagliato, ma pericoloso, perché una grande ombra offuscherebbe il messaggio di pace e trasparenza del Pontefice.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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