2018-08-05
Sinistra ridotta a fare il tifo per lo spread e Foodora
Mobilitazione generale, compagni! Le teste d'uovo della sinistra (senza riferimenti a Moncalieri) hanno finalmente partorito le due campagne per l'estate e per l'autunno. Fallito l'«attenti al lupo» contro il ritorno del fascismo, e naufragata la convocazione di un'ipotetica («enorme», Martina dixit) manifestazione antirazzista, i migliori cervelli del progressismo italiano hanno trovato le parole d'ordine: «Forza spread!» e «Forza Foodora!». Non si sa se ridere o piangere: ma questa è effettivamente la situazione. Il grido anti italiano «Forza spread!» è un grande classico della sinistra, ovviamente quando non è al governo: quell'urlo fu scagliato contro il governo Berlusconi nel 2011, e ora si tenta il sequel di quello stesso film. Intendiamoci: il governo Conte farà bene a non sottovalutare il problema, che esiste. E non si tratta solo dello spread, ma di una generalizzata salita dei rendimenti dei nostri titoli del debito pubblico. Traduzione: gli investitori continuano ad acquistare, ma vogliono una remunerazione più alta, e il conto degli interessi si fa sempre più salato.Ad avviso di chi scrive, il problema non è l'incertezza politica (il governo ha numeri robusti in Parlamento) e nemmeno il fatto che la legge di bilancio abbia contorni ancora vaghi (ai primi di agosto, è ovvio che sia così). Il punto vero è che si avvicina la fine del Quantitative easing di Mario Draghi: e cioè una riduzione non solo dei titoli che saranno acquistati dalla Bce, ma soprattutto delle garanzie offerte. È dunque evidente che sarebbe auspicabile un piano governativo (mai varato da decenni) di attacco alla montagna del debito pubblico (ad esempio un'operazione «patrimonio contro debito»); e che contestualmente sarebbe auspicabile un taglio choc delle tasse, non solo un mini taglio omeopatico e impercettibile, per conquistare una crescita più sostenuta.Un'opposizione seria incalzerebbe il governo in positivo verso questi obiettivi. E invece che fa la sinistra? Si prepara al rito Voodoo dell'invocazione dello spread, auspica il disastro, un agosto nero, un settembre nerissimo, per ballare sulle macerie. La nostra opinione è irrilevante: ma dubitiamo che, per questa via, il Pd riscuoterà applausi. Primo: perché i gufi (copyright: Matteo Renzi, do you remember?) non piacciono a nessuno. Secondo: perché sarà dura trovare qualche italiano soddisfatto dell'eredità economica lasciata dai governi di sinistra. Terzo: perché non sembra una strategia geniale organizzare veglie di preghiera affinché una decina di fondi d'investimento esteri facciano qualche scherzetto all'Italia.Ma veniamo al secondo grido di battaglia: «Forza Foodora!». Foodora è una società che consegna cibo a domicilio avvalendosi di ciclisti (i famosi «rider»). E ieri ha fatto sapere che se ne andrà dall'Italia, ritenuta un «mercato difficile». Apriti cielo! Come prefiche a un funerale, i fenomeni della sinistra hanno tirato fuori i fazzoletti e hanno cominciato a piangere a dirotto: «Colpa di Luigi Di Maio che fa scappare gli imprenditori! È solo l'inizio». E via con l'elenco delle disgrazie autunnali, vere o presunte.Anche qui, occorre essere equilibrati, ed è vero che il governo farà bene a non voltare la testa dall'altra parte: c'è un pezzo importante di mondo produttivo che è rimasto deluso dal decreto Dignità, e le intenzioni manifestate un mese fa dal ministro del Lavoro grillino verso le aziende di consegna a domicilio erano effettivamente punitive e discutibili. Ma, con la stessa franchezza, la sinistra non può pensare di prendere in giro nessuno per almeno due ragioni. Primo: sui «rider» Di Maio ha già fatto retromarcia, limitandosi a mettere in piedi un tavolo di confronto. Secondo: Foodora non se ne andrà solo dall'Italia, ma pure da Australia, Olanda e Francia (dove non risulta che siano al governo Di Maio e Salvini). Morale: la sharing economy ha effettivamente un grande potenziale e non va imbrigliata con tasse e regolamentazioni eccessive. Ma le mosse di Foodora hanno a che fare più con le strategie globali di quella multinazionale che non con fattori contingenti legati all'Italia.La realtà è un'altra, del tutto indipendente dal giudizio che ciascuno può dare sull'azione del governo: la sinistra ha perso la bussola, è come un ubriaco senza nemmeno un lampione a cui appoggiarsi, e insegue ogni giorno nuove illusioni. Non finirà bene per il Pd, di questo passo.
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)