2024-02-11
Foibe, Meloni spezza la congiura del silenzio
Giorgia Meloni visita il Treno del ricordo fermo alla stazione di Trieste (Ansa)
Primo premier a Basovizza, ha chiesto «perdono a nome della Repubblica» per l’indifferenza che ha avvolto le tragedie accadute a causa delle repressioni di Tito. E promette ai familiari di martiri ed esuli: «La memoria di ciò che è avvenuto qui non svanirà mai».«Colpevole silenzio». Quello che Giorgia Meloni vuole frantumare nel Giorno del ricordo. Il premier è a Basovizza. È il primo della storia che ci va in visita. Cerimonia solenne: per non dimenticare l’orrore delle foibe e il dramma degli esuli istriani. Impettita e accigliata. Lascia una corona d’alloro sul monumento intitolato alle vittime. Ci sono ministri, governatori, vescovi. «Siamo qui a chiedere ancora perdono, a nome delle istituzioni di questa Repubblica, per il colpevole silenzio che ha avvolto le vicende del nostro confine orientale», dice Meloni. Per «decenni». Il colpevole silenzio. L’imperdonabile indifferenza. L’omertà di Stato. Che ora, rinsavito, «rende omaggio agli istriani e i giuliano-dalmati. Per rimanere italiani decisero di lasciare tutto: case, beni, terreni». Restando «con l’unica cosa che i comunisti titini non potevano togliere loro: l’identità».Il premier cerca di spazzare via omissioni e balbettii. Di buon mattino celebra la ricorrenza con un post su Facebook: «L’Italia onora la memoria di chi fu vittima di quegli orrori disumani». Sotto, c’è un’immagine: una rosa rossa, avvolta nel nastro tricolore. E la scritta, accanto: «Non vi dimenticheremo». Più tardi, Meloni parla nella frazione triestina: «Nella mia vita sono stata diverse volte a Basovizza e ogni volta me sono andata con qualcosa di più nel cuore. Ti dona sempre qualcosa di prezioso. Sono venuta qui da ragazza quando lo facevano in pochi. E farlo significava essere accusati, additati e isolati», esordisce durante la commemorazione. «Sono tornata qui da adulta per celebrare finalmente il Giorno del ricordo, che spazzava via una volta per tutte la congiura del silenzio».Come reiterato ieri da Meloni, lo scorso 31 gennaio è stata annunciata la nascita, a Roma, di un museo nazionale sulle Foibe. Sono seguite le parole di Sergio Mattarella: Quello di Gorizia è stato «il nostro muro di Berlino», ha detto il presidente della Repubblica. È il Giorno del ricordo. Rimembranze nefaste: le famiglie divise, un popolo massacrato, 20.000 persone gettate nelle foibe. Il genocidio degli italiani d’Istria. Un «muro di oblio e di imbarazzo», lo ha definito Mattarella, ricorrendo alla metafora berlinese. Prima di lui, nel 2007, il suo predecessore, l’ex comunista Giorgio Napolitano, aveva già parlato della «pulizia etnica» dei partigiani. Quella rievocata adesso dal vicepremier, Antonio Tajani, che aggiunge: «Una delle pagine più buie della nostra patria».I tentativi di oblio e negazione furono un affronto alle vittime, ammette Mattarella. Eppure, le meschinità continuano. Nel ventesimo anniversario della celebrazione viene vandalizzata a Firenze la targa in memoria delle vittime delle foibe, vicino alla Fortezza da Basso. Atto belluino. E perfino reiterato. La targa era stata ripristinata pochi giorni fa, dopo un precedente episodio di vandalismo.Poi ci sono i distinguo, ancora in voga a sinistra. Vedi l’ultimo scontro in commissione Affari costituzionali alla Camera. Si discute un disegno di legge. La maggioranza vuole modificare le norme sulla revoca delle onorificenze dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. Tra le quali atrocemente spicca quella di cavaliere di Gran croce concessa al maresciallo Tito, capo dei partigiani responsabili del massacro. A dimostrazione di quei silenzi e di quelle congiure, la carica resiste dal 1969, quando gli venne conferita dall’allora presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat.Dibattito generale, dunque. A cui dovrebbe seguire l’atteso voto. Ma tutto slitta, causa gazzarra in commissione. Eppure: una simile decisione, specie alla vigilia del Giorno del ricordo, avrebbe avuto un significato simbolico. Uniti nella memoria. E basta tentazioni giustificazioniste. Il Pd si mette, però, di traverso, eccependo curiosamente. Gianni Cuperlo, deputato dem, lamenta «un’eccessiva genericità» del ddl. In che senso, onorevole? «La storia del confine orientale è più complessa e tragica e meriterebbe una maggiore attenzione sotto il profilo del rigore storico». Il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, sintetizza malevolo: «Sorprende che un uomo della sua cultura diventi un fazioso negazionista». La Camera, però, nelle stesse ore almeno approva la legge per far conoscere «la tragedia delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata» alle giovani generazioni. Insomma: finalmente, dopo il via libero definitivo del Senato, si parlerà nelle scuole delle foibe.A partire da quella di Basovizza. Viene scavata all’inizio del ventesimo secolo per estrarre carbone. Poi è abbandonata. Un pozzo profondo duecento metri e largo quattro. La cavità si restringe man mano che si scende in profondità, per poi riallargarsi. Perfetta per nascondere i corpi delle persone uccise. Ma anche per gettare le vittime ancora vive, spesso ferite. Prigionieri, militari, civili. Impossibile, per chi viene gettato nella fossa, risalire. O chiedere aiuto. Luogo di esecuzione ideale, per i partigiani comunisti jugoslavi.Una strage sepolta dal «colpevole silenzio» di cui parla Meloni a Basovizza. Una «congiura». Il premier annuncia allora il suo «impegno solenne», davanti ai familiari di martiri ed esuli. Non dimenticheremo più. «Affinché la memoria di ciò che è accaduto, in barba a chi avrebbe voluto nasconderlo per sempre, non svanisca invece mai». L’orrore disumano. Da marchiare a fuoco nella nostra storia.