Il Pd, che non può più difendere i porti aperti, invoca ingressi legali. Ma a parte il problema della concorrenza al ribasso sui salari, i dati mostrano che le prospettive d’impiego per chi arriva sono solo di breve periodo. E poi c’è chi sfrutta il sistema a scopi truffaldini.
Il Pd, che non può più difendere i porti aperti, invoca ingressi legali. Ma a parte il problema della concorrenza al ribasso sui salari, i dati mostrano che le prospettive d’impiego per chi arriva sono solo di breve periodo. E poi c’è chi sfrutta il sistema a scopi truffaldini.«Canali di ingresso regolari e regolati»: è «l’alternativa a questa destra», che spedisce i disperati tra i torturatori balcanici, proposta da Elly Schlein. Pur ammettendo che anche la sinistra, in materia d’immigrazione, ha commesso errori, la leader del Pd sostiene che «la società più sicura è quella più inclusiva». Parola d’ordine: ampliare le quote nei decreti flussi. Al Nazareno hanno trovato la panacea.Intanto, evitiamo l’equivoco: non è che gli accordi sul modello Albania impediscano all’Italia di pescare immigrati regolari. All’opposto: contrastare la clandestinità serve anche ad avere mani libere nello scegliersi chi sia autorizzato a entrare nel nostro Paese. L’idea dei dem presenta diverse falle. Punto primo: come può quello che dovrebbe essere il partito dei salariati non rendersi conto che l’immigrazione accresce la pressione verso il basso dei salari? Specie nei settori a bassa specializzazione, in cerca di manodopera straniera? È un circolo vizioso: per restare competitivi sui mercati globalizzati, occorre contenere i costi di produzione; le retribuzioni offerte, in comparti come l’agricoltura, o in alcuni contesti manifatturieri e in certe attività turistiche, ricettive e di ristorazione, presentano perciò una naturale tendenza al ribasso; le paghe deludenti scoraggiano gli italiani; e la concorrenza straniera accelera il deprezzamento del lavoro.Non mettiamo in croce le imprese, non neghiamo che esista un’esigenza cui la manodopera d’importazione può ovviare. In fondo, l’ultimo decreto flussi ha messo a disposizione sei volte meno posti di quelli richiesti: 462422 istanze pervenute nei click day, a fronte di 82.705 disponibilità. D’altronde, per organizzare un sistema davvero funzionante, si dovrebbe investire molto di più in formazione nelle nazioni d’origine. Logica cristallina: siamo noi a dover dirigere i flussi. Il Pd ha una stima delle spese necessarie? Sa come coprirle? Ha un piano per organizzare la macchina? Oppure è fermo alla guerra degli slogan? Veniamo, così, al secondo punto. L’ultima analisi della campagna «Ero straniero» ha registrato che, nel 2023, solo il 23,5% delle domande d’ingresso è stato finalizzato con la sottoscrizione di un contratto di lavoro e la richiesta del permesso di soggiorno. Significa - spiega il report - che solo «una piccola parte di lavoratrici e lavoratori che entrano in Italia con il decreto flussi riesce a stabilizzare la propria posizione lavorativa e giuridica, ottenendo lavoro e documenti». E il resto? Che fine fa? «È destinato a scivolare in una condizione di irregolarità e quindi di estrema precarietà e ricattabilità». Funzionali, verrebbe da sospettare, ad alimentare quella spirale ribassista di cui parlavamo sopra.«Ero straniero» lamenta la farraginosità delle procedure per concedere i permessi per attesa occupazione, che consentirebbero agli immigrati di rimanere sul nostro territorio, fino alla stipula di un nuovo contratto. Ma con quali soldi dovrebbero campare? In che condizioni? Una piena integrazione può forse passare da una strutturale precarietà?Sebbene abbiano bisogno di manodopera a costi contenuti, le nostre realtà produttive non hanno la possibilità o la volontà di assumere i dipendenti occasionali di cui si servono. Ergo, persino il sistema dei flussi, che dovrebbe garantire quei «canali regolari» auspicati dalla Schlein, rischia paradossalmente di contribuire all’emarginazione e all’esclusione. A ciò (punto terzo) si aggiunge l’utilizzo a volte truffaldino dell’iter per gli ingressi legali. Se n’erano occupate varie Procure, lo scorso giugno, scoperchiando un’oliata attività criminale che coinvolgeva aziende agricole o edili fantasma, consulenti del lavoro e impiegati dei patronati, tutti rigorosamente italiani, insieme a una serie di procacciatori stranieri di clandestini. I quali, pur di ottenere un contratto fasullo e un permesso di soggiorno, sborsavano tra i 2.000 e i 6.000 euro. Era stata la stessa Giorgia Meloni a sollevare la questione. Il governo, infatti, aveva notato che qualcosa non tornava nei numeri: in varie regioni - Campania in testa - solo una piccolissima parte delle assunzioni chieste dalle imprese veniva effettivamente completata. In sintesi: da un lato, l’apparato produttivo non ha i mezzi o la disponibilità a regolarizzare; dall’altro, tra le maglie della legge si infilano i profittatori.Se tutto questo è vero, quella offerta dal Pd è una falsa alternativa. Perché un nordafricano dovrebbe pagare 6.000 euro per un impiego inesistente? Forse perché spera di venire qui legalmente, per poi dileguarsi e spostarsi in un Paese del Nord Europa. Prendendo parte ai famigerati «movimenti secondari», che preoccupano i nostri partner nell’Ue. Per i migranti, l’Italia è spesso soltanto uno scalo. Ma fungere da hub significa ingoiare una patata bollentissima.L’intesa con Tirana sarà risolutiva? Vedremo. Il suo obiettivo è agire da deterrente; se avrà avuto successo - magistratura permettendo - bisognerà valutarlo nel tempo. È un tentativo. Un esperimento. Una novità. L’unica vera alternativa è continuare a fingere che, dietro i viaggi dei barchini e le traversate delle Ong, non ci siano gli affari sporchi di trafficanti senza scrupoli.
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