Ecco il decreto che specifica i rilievi dell’Agenzia delle Entrate sui quali non sarà possibile il contraddittorio preventivo. Tradotto: per gli accertamenti inviati automaticamente niente repliche, resta soltanto il ricorso.Fisco amico? Non sempre. Rispetto al passato, uno degli obiettivi del governo di Giorgia Meloni è quello di mettere in piedi una riforma per semplificare e fare ordine all’interno di un sistema sovrastrutturato, ma soprattutto rivedere «filosoficamente» il rapporto tra l’Agenzia delle Entrate e il contribuente, visto che al momento risulta essere totalmente sbilanciato a favore del Fisco. In quest’ottica è stato scritto il decreto attuativo sullo Statuto dei contribuenti, che ha istituito il principio del contraddittorio preventivo. A partire dunque dal 18 gennaio del 2024 l’Amministrazione finanziaria è obbligata a intavolare un dialogo con il contribuente, pena l’annullabilità dell’atto fiscale. Nella pratica significa che il Fisco deve inviare al contribuente uno schema del provvedimento impositivo e lasciare 60 giorni di tempo per inviare controdeduzioni o chiedere di poter avere una copia degli atti del fascicolo. Il Fisco dovrà poi tener conto delle osservazioni fatte dal contribuente e motivare, nel caso, perché queste non vengano accolte e dunque confermare che la cartella fiscale vada pagata. Obiettivo del contraddittorio preventivo è dare voce al contribuente e nel caso arrivare ad un’archiviazione della pratica, evitando i vari ricorsi. Resta ovviamente ferma anche l’ipotesi che, nonostante il confronto con il Fisco e la documentazione prodotta, si debba sempre pagare la bolletta fiscale.Il problema però è che questo principio non si applica a tutti gli atti. A metterlo nero su bianco ci ha pensato il decreto ministeriale del Mef pubblicato il 24 aprile. Secondo il testo, tutti quegli atti che vengono prodotti in modo autonomo dall’incrocio di informazioni contenute in banche dati consultabili dall’Agenzia delle entrate sono esclusi dal principio del contraddittorio. Si parla quindi di tutte quelle cartelle fiscali che vengono prodotte grazie all’uso di algoritmi o software che sostituiscono l’attività umana. Nel dettaglio, le attività escluse dal contraddittorio sono: le cartelle di pagamento e ogni altro atto emesso dall'Agenzia delle entrate-Riscossione, ai fini del recupero delle somme ad essa affidate, gli accertamenti parziali, cioè tutti quei controlli che sono limitati a determinati redditi del contribuente, gli atti di accertamento per omesso, insufficiente o tardivo versamento delle tasse automobilistiche, dell’addizionale della tassa automobilistica e dell’imposta parametrata al numero di grammi di biossido di carbonio emessi per chilometro dai veicoli. Oltre a questi, non è possibile richiedere il contraddittorio preventivo neppure per gli accertamenti catastali (esempio: gli avvisi di liquidazione per il recupero delle imposte di registro e ipotecarie), per gli avvisi di pagamento per omesso, insufficiente o tardivo versamento dell’accisa o dell’imposta di consumo (Iva) dovuta e infine per tutti gli avvisi di pagamento per indebita compensazione dei crediti di accisa. Per tutte queste casistiche non è dunque previsto il contraddittorio preventivo, ma si può sempre decidere di fare ricorso se si ritiene che la richiesta di pagamento fiscale non sia corretta. Su questo decreto ministeriale, che ha deciso quali atti siano meritevoli del contraddittorio e quali no, ci sono due osservazioni da fare. La prima è che non cambia niente rispetto al passato. E questo è un problema. Già prima di questo decreto attuativo, si prevedeva l’uso di algoritmi e software (articolo 36-bis Dpr 600/73) per il produttore atti fiscali (per esempio: tempestività dei versamenti, corretto uso corretto crediti, ecc), lasciando al contribuente, nel caso, solo la possibilità di fare ricorso. In questo senso, le esclusioni individuate dal Mef ipotecano la nuova stagione fiscale che doveva essere all’insegna di una maggiore collaborazione tra il contribuente e l’Agenzia delle entrate, visto che i meccanismi del passato non sono stati messi in discussione. Si lascia dunque il contribuente in «svantaggio», nei confronti dei Fisco, nel caso in cui gli dovesse arrivare un accertamento prodotto artificialmente dagli algoritmi. Da ricordare invece che sugli atti che hanno a oggetto tributi, dazi, sovrimposte, addizionali e provvedimenti sanzionatori è sempre possibile sedersi al tavolo con il Fisco e presentare le proprie ragioni. L’altro aspetto su cui riflettere è il ruolo che l’intelligenza artificiale avrà sempre più all’interno dell’Agenzia delle entrate. Nella nuova convenzione siglata tra il Fisco e il Mef le indicazioni per il triennio 2024-2026 sono chiare. L’obiettivo è aumentare l’integrazione tra le banche dati fiscali e immobiliari e l’interoperatività dell’Agenzia delle entrate con gli attori esterni anche attraverso l’acquisizione di strumenti tecnologici sempre più potenti ed aggiornati «abilitanti all’analisi avanzata dei dati e all’intelligenza artificiale». Tecnologia che quasi naturalmente potrebbe vedere una delle sue prime applicazioni proprio su quegli atti fiscali che già adesso vengono definiti «atti automatizzati» e che non prevedono l’opzione del contraddittorio preventivo. La domanda che sorge è quanto un accertamento fiscale prodotto interamente dall’intelligenza artificiale potrà reggere in giudizio? Ma soprattutto, se la produzione di questi atti, in nome della lotta all’evasione fiscale, non andrà ad appesantire ulteriormente l’uso del ricorso e dunque il procedimento fiscale nel suo insieme.
Cibo italiano farlocco
Il market di Bruxelles vende imitazioni delle nostre specialità. Come la carbonara (in vasetto). Il ministro: «Subito verifiche».
Verrebbe da dire: Ursula, spiegaci questa. Perché nei palazzi dell’Ue si spaccia una poltiglia in vasetto definita Carbonara che è a metà strada tra un omogeneizzato e una crema da notte? Va bene che la baronessa von der Leyen pecca per abitudine in fatto di trasparenza - dai messaggini sui sieri anti-Covid con Albert Bourla della Pfizer costati una valanga di miliardi fino alla corrispondenza con i generali tedeschi, senza contare il silenzio sulla corruzione in Ucraina - ma arrivare a vendere nel «suo» supermarket il falso cibo italiano pare troppo. Anche se sappiamo da tempo che l’Ue è tutta chiacchiere e distintivo, in questo caso falso.
Il Parlamento europeo (iStock). nel riquadro, la copertina del libro di Gabriele Guzzi
Alcuni esponenti del centrodestra hanno cambiato registro: parlano come Elsa Fornero.
Eurosuicidio è il titolo di un gran bel libro scritto da Gabriele Guzzi con prefazione di Lucio Caracciolo sull’impatto dell’Unione europea rispetto alle crisi in corso. Un’analisi severa e puntuale, dove i dati reggono le tesi che conducono all’arrivo: l’Europa non è in crisi, è la crisi.
La Commissione rivede al ribasso la crescita dell’Italia nel 2025 (+0,4%) e gli «strilloni» anti-governo ghignano: «Fanalino». Ma le stime dei burocrati sono spesso fallaci. E il nostro Pil pro capite supera quelli della Germania e della Francia del debito.
Tutti a parlare del fatto che le previsioni di crescita per il 2025 relegano l’Italia a fanalino di coda. Ah, le previsioni arrivano dalla Commissione europea. Che quattro volte l’anno ci offre le sue analisi sul passato e le sue previsioni per il futuro. A febbraio sono pubblicate le previsioni invernali. A maggio quelle di primavera. A settembre quelle estive. E a novembre quelle di autunno. E sono queste quelle che molti quotidiani italiani hanno commentato ieri. Il faro era puntato sulla bassa crescita. Che è una realtà indiscutibile.
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Francesco Saverio Garofani, consigliere del presidente della Repubblica per gli Affari del Consiglio Supremo di Difesa, in un colloquio con il Corriere della Sera confessa: «Era una chiacchierata in libertà tra amici» e convinto di «non aver mai fatto dichiarazioni fuori posto, mai esibizioni di protagonismo» aggiunge di aver «letto e riletto Belpietro, senza capire in cosa consisterebbe il complotto».





