
Il viceministro all'Economia Massimo Garavaglia: «Allargheremo i regimi forfettari che già esistono a una platea molto più ampia».La flat tax sta per decollare. Lo annuncia alla Verità Massimo Garavaglia, 50 anni, dallo scorso 13 giugno viceministro all'Economia. Dal 2006 al 2013 è stato parlamentare della Lega e vicepresidente della commissione Bilancio e Tesoro al Senato, e negli ultimi cinque anni è stato assessore lombardo all'Economia. La «tassa piatta» con due aliquote, uno dei punti forti del contratto del «governo del cambiamento», verrà introdotta per gradi, ma prima di quanto si pensi: «Mi piacerebbe riuscirci già in agosto per artigiani e commercianti, e per il popolo delle Partite Iva» annuncia Garavaglia. «L'idea è quella di allargare i regimi forfettari che già esistono a una platea di imprese molto, molto più ampia». Dal 2016, a seconda del settore di attività, le società con fatturati compresi tra 25.000 e 50.000 euro - e che per l'appunto aderiscono a questi «regimi forfettari» - sono escluse da gran parte degli obblighi burocratici e pagano un'imposta fissa del 15%. Mentre l'aliquota per le start up è ancora più bassa: il 5%. «Una delle poche cose buone fatte in economia dai governi del Pd» sorride il viceministro.Dove piazzerete l'asticella?«Ancora non posso espormi sulle cifre: dobbiamo fare una serie di simulazioni e perché la materia è complessa. Però l'estensione del sistema è il nostro primo pensiero: alzare quelle soglie vuol dire lanciare la flat tax. Sarà il nostro primo strumento nella guerra alla disoccupazione: molti negozi e artigiani oggi rischiano di chiudere e noi vogliamo restino aperti, anche perché speriamo che tanti giovani, di fronte all'idea di una micro-impresa che non costerà una fortuna, avrà minimi obblighi burocratici e pagherà una tassa molto bassa, decidano di aprire una Partita Iva». Fa il paio con la «pace fiscale»: la conferma?«Anche la pace fiscale è prevista dal contratto di governo, quindi si fa. Mi auguro molto presto, è un provvedimento che consente di fare ordine nell'arretrato e di partire con un sistema di controlli nuovo, e molto più semplice, che comincerà il 1° gennaio 2019 con la nuova fatturazione elettronica. Tra l'altro, moltissimi contenziosi tributari hanno un valore inferiore ai 5.000 euro: per lo Stato il costo del recupero spesso è superiore all'incasso. E si tratta di fare ordine, ma anche giustizia». Giustizia? Cioè?«Sono davvero molti i contribuenti che dichiarano quanto devono pagare, ma poi non lo fanno. Hanno problemi di liquidità e preferiscono pagare gli stipendi. Casi come questi, numerosi, non vanno trattati come evasione».Lo spesometro? Il redditometro? «La fatturazione elettronica li renderà perfettamente inutili. Dal 1° gennaio, il nuovo sistema consentirà all'amministrazione fiscale di controllare tutto al millimetro. Ma se lo Stato ha tutte le fatture in tempo reale, perché deve disturbare i contribuenti con altra burocrazia? O chiedere di nuovo gli stessi dati alle imprese? Meglio lasciarle libere di fare nuovo Pil, e magari di assumere. È un cambio di paradigma che riguarderà le varie amministrazioni dello Stato, che dovranno parlare tra loro». Quindi conferma anche questo: dal primo gennaio che fine faranno spesometro e redditometro?«Faremo un ragionamento molto serio su che cosa serve davvero. Secondo me, dal primo gennaio quegli strumenti non serviranno più, perché i controlli saranno ampiamente garantiti dal flusso di informazioni che arriveranno con la fatturazione elettronica». Anche il limite ai pagamenti in contante salterà? Luigi Di Maio si è detto contrario…«Questa è un'idea che nel contratto di governo non c'è. Ma dobbiamo ragionarci. Il ricco turista russo che viene in Italia con decine di migliaia di euro è abituato a pagare in contanti: che facciamo, lo respingiamo? Poi io sono un liberale: sono contrario ai vincoli. I controlli da fare sono altri».Ecco, la lotta all'evasione?«Negli ultimi anni si è continuato a sparare con il cannone sulle micro e piccole imprese, che rappresentano il 99,4% del nostro tessuto produttivo e danno lavoro al 65,3% degli addetti. Un errore, anche alla luce del fatto che l'Agenzia delle entrate alla fine vince soltanto nel 47-48% dei contenziosi. La strada giusta è la semplificazione. Mentre la vera lotta all'evasione deve riguardare categorie diverse: gli evasori totali, cioè quelli che la Partita Iva non la creano, e fanno tutto in nero. E i grandi evasori e sofisticati elusori. Colpiamo questi ignoti, per non danneggiare sempre i soliti noti». Non si parla più di Irap, la tassa masochista che colpisce l'impresa che assume e s'ingrandisce: l'abolirete?«È una questione di priorità. Ora ne abbiamo tre: la flat tax, il superamento della Fornero e il reddito di cittadinanza, inteso come sostegno a chi è temporaneamente senza lavoro per permettergli di trovare un'occupazione stabile. Mettere altra carne al fuoco diventa complicato…».Il cuneo fiscale in Italia oggi è al 47,7% e in Europa è al 35,9%. Interverrete?«La risposta è identica alla precedente. Purtroppo non si può fare tutto e tutto insieme. La flat tax e l'allargamento dei regimi forfettari rispondono anche a questa esigenza». Da assessore all'Economia, in Lombardia lei ha ridotto il bollo auto. Esporterà l'idea?«L'idea è semplice. Ci siamo resi conto che quasi tutti gli automobilisti che non pagavano il bollo, in realtà, se ne dimenticavano. Alla Regione, però, costava molto andare a cercarli. Così da due anni è stato garantito uno sconto del 10% a chi domicilia in banca il pagamento della tassa di circolazione. Pochi lo sanno, ma quello sconto non è costato nulla: oggi la Lombardia incassa quanto spendeva per contrastare l'evasione. Però ha liberato risorse per fare altro».Si potrebbe applicare l'idea ad altri settori? «Sì, si presta a essere applicata altrove. Potrebbe essere già usata nella rateizzazione delle imposte: la legge permette di pagare le tasse “a rate" direttamente sul proprio conto corrente. In diversi casi, si potrebbe favorire la domiciliazione in banca, su base volontaria, garantendo uno sconto. Questo permetterebbe allo Stato di evitare avvisi, lettere, solleciti. E il contribuente potrebbe smettere di preoccuparsi delle scadenze».L'aumento dell'Iva, previsto se dovessero scattare le clausole di salvaguardia, è davvero scongiurato?«Sì. C'è l'impegno del Parlamento e quindi il governo non può fare altro che adempiere. Per fortuna, direi».
Matteo Ricci (Ansa)
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