
A novembre disse: «Voglio 3 miliardi o lascio». Ieri ha esultato per 31 milioni nella finanziaria. L'ennesima gaffe del ministro.Nella vita bisogna sapersi accontentare. Per molti, sarebbe addirittura questo il vero segreto della felicità. E nel governo di Giuseppi II la palma della contentezza va sicuramente al ministro dell'Istruzione, Lorenzo Fioramonti, che ieri ha esultato via Twitter per ben «31 milioni di euro» nella legge di Stabilità 2020 che vanno «per la copertura integrale delle borse di studio». Per lui, cervello in fuga che la cattedra ha dovuto andare a prendersela a Pretoria, in Sud Africa, sarà una doppia soddisfazione. Non solo, ma ha anche sbandierato «grandi investimenti del governo nella Space New Economy» e, già che ieri era una giornatina difficile per via del Mes su cui il governo rischia la crisi, ha anche dato un bel calcione all'Eni, che ogni anno pompa nelle casse del Tesoro miliardi e miliardi di dividendi. Il tutto, forse, per farci dimenticare che un mese fa aveva scolpito: «Voglio 3 miliardi per la scuola, se no mi dimetto». Ha avuto qualche milioncino qua e là. Ma forse per dimettersi e tornare da dove è venuto aspetta che gli mettano a disposizione una navicella spaziale. Per gravità d'impatto, tocca partire dalla sortita del signor ministro sul Cane a sei zampe. Qualcuno obietterà che la politica petrolifera ed energetica della nazione non sarebbe nelle competenze del ministero di Via Arenula, che tra l'altro ha tanti problemi da affrontare in casa propria come le fatiscenza delle scuole, l'insicurezza di migliaia di aule, la spettacolare girandola di supplenti e trasferimenti di docenti da un capo all'altro della Penisola, che rende una fortuita coincidenza, per i ragazzi, concludere un ciclo scolastico qualsiasi con gli stessi insegnanti. Tuttavia, forse in ossequio al metodo della interdisciplinarietà che si insegna nelle scuole della Repubblica, il Fioramonti ieri va a Madrid a una conferenza mondiale delle Nazioni Unite dedicata al clima e senza volere apre il fuoco sul colosso pubblico: «L'Eni è una grande risorsa per il Paese se opererà una riconversione totale di tutti gli asset produttivi. È necessaria una moratoria di tutte le nuove ricerche di fonti fossili ed è necessario un piano radicale che possa dimostrare in che modo l'azienda possa restare un asset strategico nel Ventunesimo secolo». Poi, anche un diktat all'ad Claudio Descalzi e ai suoi ingegneri in giro per il mondo a trivellare: «Bisogna abbandonare le nuove esplorazioni di fossili», restano «dieci anni per fare una riconversione spinta» e siano tutti avvertiti che «nel 2025 il petrolio dovrà essere un centesimo delle attività di Eni». Ok, ma nel 2025 il ministro Fioramonti dove sarà e, soprattutto, che cosa farà? Anche Greta Thurnberg, affannosamente, se lo chiede. Mentre il suo povero collega Roberto Gualtieri, ministro dell'Economia e delle finanze, che controlla l'Eni, si chiederà probabilmente se Fioramonti abbia almeno lasciato i propri risparmi nelle miniere a Pretoria. Anche il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, pare che abbia preso buona nota della scadenza del 2025 fissata dal ministro della Scuola. In ogni caso, la gitarella fuori porta (dalle sue competenze) è stata probabilmente dovuta all'esigenza di non pensare alla grave minaccia che aveva scagliato il 6 novembre scorso al Mef e al premier Giuseppe Conte dalle colonne di Repubblica. Quel giorno, il fiero Fioramonti aveva scandito: «Non cedo. Voglio i 3 miliardi per la scuola o lascio il posto a un altro». Ecco, purtroppo, non glieli hanno dati, ma neppure in lontananza. Il suo ministero ha avuto qualche milioncino sparso per la lotta al bullismo e altri progetti, ma dei 3 miliardi neppure l'ombra. E tuttavia, ieri, sempre il ministro alla qualunque ha cinguettato su Twitter: «Sono contento di dirvi che da ieri, grazie al lavoro congiunto del ministero, in stretta collaborazione con il Parlamento, in questa finanziaria ci sono 31 milioni destinati alla copertura integrale delle borse di studio. Eliminiamo così l'anomalia degli idonei non beneficiari». Bellissima iniziativa, ma sono appena 31 milioni. E i 3 miliardi dell'ultimatum a mezzo stampa? Eh, magari non è come sembra e forse bisogna saperli cercare per mare e per monti. Oppure, direttamente nello spazio, dove se c'è speranza di trovare la famosa antimateria, ci sarà probabilmente traccia anche dei 3 miliardi del professor Fioramonti. Un indizio, l'ha offerto egli stesso, sempre ieri, che era veramente gasato dalla «splendida cornice» internazionale che stava per affrontare in Spagna. Prima di partire, visitando una fiera dell'aerospazio a Roma, ha affermato: «Il governo ha investito moltissimo nello spazio, che è una punta di diamante», e intende continuare su questa strada. E ha aggiunto che «la New Space Economy va nella direzione giusta perché racconta lo spazio in modo nuovo». A parte che la «direzione giusta» per l'economia spaziale ci si augura sia appunto lo spazio, il ministro della Scuola potrebbe invece tornare a Pretoria dai suoi ragazzi a insegnare politica. E come prima lezione potrebbe trattare il seguente tema: «Delle dimissioni: perché se le minacci, prima o poi te le chiedono».
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






