- La pellicola sulla Thunberg, realizzata dallo stesso regista che nel 2006 girò il lungometraggio nel quale si fantasticava sui modi per uccidere Berlusconi, ha preso soldi dal Trentino e dal ministero della Cultura. E tra i suoi produttori figura anche Rai Cinema.
- Chi opera sul campo è scettico sugli allarmi. Perché i giornalisti non ne devono parlare?
La pellicola sulla Thunberg, realizzata dallo stesso regista che nel 2006 girò il lungometraggio nel quale si fantasticava sui modi per uccidere Berlusconi, ha preso soldi dal Trentino e dal ministero della Cultura. E tra i suoi produttori figura anche Rai Cinema.Chi opera sul campo è scettico sugli allarmi. Perché i giornalisti non ne devono parlare?Lo speciale contiene due articoli.Per lo meno questa volta il tema è appena meno cruento, ma il fondo bello incrostato di ideologia, a quanto pare, è sempre lì. Era all’incirca il 2006 quando Berardo Carboni - regista italiano classe 1975 - fece parlare molto di sé per la prima volta. Lo fece nel modo che a quel tempo gli artisti utilizzavano per diventare rapidamente famosi: sparando su Silvio Berlusconi. Quasi letteralmente, nel suo caso, visto che il lungometraggio con cui ottenne un po’ di celebrità si intitolava Shooting Silvio, nel quale un gruppo di amici si dilettava a immaginare vari modi per uccidere il Cavaliere. Una trovata non particolarmente originale, ma all’epoca con roba del genere si andava sul sicuro. Qualche anno dopo, Carboni si dedicò a un altro grande feticcio del progressismo bene all’italiana: il teatro Valle occupato, a cui dedicò un bel documentario. E oggi? Beh, il nostro sembra un po’ essere tornato alle origini, ma con un pizzico di furbizia commerciale in più. Il nuovo film di prossima uscita di intitola Greta e le favole vere e si annuncia come un bel peana a Greta Thunberg. Una delle produttrici lo presenta come una sorta di film impegnato per famiglie: «Una fiaba contemporanea che sa parlare al cuore degli spettatori perché affronta in modo emozionante un tema che ci coinvolge e ci coinvolgerà sempre di più: la tutela dell’ambiente». Ma pensa. Nei comunicati ufficiali, la trama è riassunta così: «Greta ha nove anni ed è bravissima a realizzare gli addobbi natalizi con la sua babysitter, Katy. La bambina crede così tanto in Babbo Natale, da decidere di portare una letterina a Nicola, il suo vicino di casa, che le fa credere di essere l’assistente personale di Babbo Natale. Ovviamente Nicola le ha mentito e, quando viene smascherato da Greta, le confessa di non avere nessun rapporto con Babbo Natale. Nicola - che è un bravissimo illustratore - per farsi perdonare, le disegna una fiaba animata che le cambierà la vita: la protagonista della fiaba è Greta Thunberg, una ragazzina che si chiama come lei e che è riuscita a cambiare il mondo, portando al centro dell’attenzione i problemi ambientali e trascinando con la sua determinazione milioni di ragazzi». Che commozione. La Greta del film, proprio come la Greta vera, decide quindi di impegnarsi per l’ambiente «e così cerca di salvare Roccia, un’orsetta con la quale stringe un rapporto magico e dolce». Visti i recenti fatti di cronaca riguardanti gli orsi in Trentino, la vicenda assume toni grotteschi. Il film, infatti, è prodotto anche grazie al contributo della Trentino Film commission, cioè l’organismo promosso dalla Provincia autonoma di Trento che «promuove e sostiene le produzioni cinematografiche, televisive e documentaristiche, sia italiane che estere, in grado di valorizzare e diffondere il patrimonio culturale, ambientale e storico del territorio trentino». Interessante: il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, gli orsi in eccesso vorrebbe abbatterli, intanto la «sua» Film commission sostiene pellicole che vanno nel senso esattamente contrario. Per carità: da un certo punto di vista è meglio così, nel senso che sarebbe davvero inquietante se le istituzioni finanziassero soltanto film in linea con il potere politico del momento. In ogni caso, nel film celebrativo di Greta la propaganda non sembra affatto mancare. Come si evince dalla presentazione è un prodotto per bambini e ragazzi perfettamente in linea con l’ecologismo ansiogeno dominante. Dell’importante cast (in cui spiccano Raoul Bova, Donatella Finocchiaro, Sabrina Impacciatore e Darko Peric de La casa di carta) fa parte la giovane protagonista Sara Ciocca, che ha già fornito un bel contributo alla causa rilasciando una intervista alla Stampa durante il Giffoni film festival. Nell’occasione, ha spiegato che «il cambiamento climatico è il fulcro di tutto. È gravissimo come sia sottovalutato. Voglio lottare per questo. Condivido tutto di quello che proclamano i ragazzi di Fridays for future. Greta e le favole vere proprio di questo parla: di cambiamento climatico, impatto ecologico e ambientale. È ispirato alla storia di Greta Thunberg, ci sono tutte le sue lotte. Che condivido in pieno, ripeto. Voglio invitare tutti, giovani e vecchi, a contribuire in qualche modo, anche nelle piccole cose. Se non si lotta per l’ambiente la nostra esistenza è davvero a rischio». Così giovane e già meglio di Alessandro Gassmann. Ancora una volta è suggestivo notare l’astuzia della narrazione prevalente: ovunque si parla di cambiamento climatico, ne trattano (appunto) film, libri, serie tv, migliaia di pagine di giornali e di servizi televisivi. Come se non bastasse, tutte le istituzioni - dai sindaci all’Unione europea - legiferano in ossequio ai dettami green. Eppure attivisti, politici e vip sono tutti uniti nel ripetere che di clima «non si parla abbastanza» e che per l’ambiente «non si agisce a sufficienza». Come no. Ma aspettate, perché manca ancora la ciliegina sulla torta (vegana): il bel lungometraggio educativo su Greta non è sostenuto solo dal Trentino, ma anche dal ministero della Cultura tramite la direzione generale Cinema e audiovisivo. Nel 2021 (era Franceschini, dunque) ha ricevuto contributi per 390.000 euro. E nel 2022 ha beneficiato del taxi credit produzione per 1.353.571 euro. Del resto, tra i produttori figura anche Rai Cinema. Non stupisce: se sono di denaro pubblico, le emissioni vanno benissimo.
Alessia Pifferi (Ansa)
Cancellata l’aggravante dei futili motivi e concesse le attenuanti generiche ad Alessia Pifferi: condanna ridotta a soli 24 anni.
L’ergastolo? È passato di moda. Anche se una madre lascia morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo per andare a divertirsi. Lo ha gridato alla lettura della sentenza d’appello Viviana Pifferi, la prima accusatrice della sorella, Alessia Pifferi, che ieri ha schivato il carcere a vita. Di certo l’afflizione più grave, e che non l’abbandonerà finché campa, per Alessia Pifferi è se si è resa conto di quello che ha fatto: ha abbandonato la figlia di 18 mesi - a vederla nelle foto pare una bambola e il pensiero di ciò che le ha fatto la madre diventa insostenibile - lasciandola morire di fame e di sete straziata dalle piaghe del pannolino. Nel corso dei due processi - in quello di primo grado che si è svolto un anno fa la donna era stata condannata al carcere a vita - si è appurato che la bambina ha cercato di mangiare il pannolino prima di spirare.
Toga (iStock). Nel riquadro, Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






