2021-09-29
Figliuolo inciampa su quasi 2 milioni di Ffp2 fuori norma
Francesco Paolo Figliuolo (Ansa)
Lo scoop di «Fuori dal coro»: due lotti di mascherine acquistate dal commissario non soddisfano i requisiti di sicurezza.A quanto pare, anche la struttura commissariale anti-Covid guidata dal Generale Francesco Paolo Figliuolo, non è esente da qualche «scivolata» sulle mascherine taroccate o presunte tali. A scoprirlo è stata la trasmissione Fuori dal coro, in onda su Rete 4, che nella puntata di ieri sera ha mandato in onda un servizio, con tanto di documenti, in cui si ricostruisce il probabile inciampo occorso al Commissario nominato dal governo Draghi in sostituzione del certo non rimpianto (per usare un eufemismo) Domenico Arcuri. Nella fattispecie, con una determina dello stesso Figliuolo, datata lo scorso 26 agosto, l'autorità commissariale ha deliberato l'acquisto di un totale di circa 30 milioni di mascherine in affidamento diretto di tipo FFP2 «con marcatura Ce […] al fine di dotarsi di una scorta che consenta ove necessario di fronteggiare improvvise distribuzioni di massa». Il problema, però, è che due lotti di queste mascherine, non soddisferebbero - secondo i test fatti fare da Fuori dal coro e mostrati nel corso del servizio in questione - tutte le specifiche indicate nella citata determina. Entrando ancor più nello specifico, un milione di mascherine acquistate dalla struttura commissariale presso la società Laserpin srl, pur essendo vendute come FPP2 in realtà non avrebbero gli stessi requisiti di protezione di queste, limitandosi a una protezione più blanda ma insufficiente alla richiesta del bando commissariale. La tenuta sul volto della mascherina in questione, infatti, pur somigliando molto alla FPP2, nei fatti non lo sarebbe, con valori molto superiori da quelli ammessi dalla normativa vigente.Le anomalie, però, non si limitano a questo lotto, perché altre 700.000 mascherine, questa volta della società Ctexpertise, rientrerebbero per un soffio nei parametri delle FPP2 quanto a tenuta e protezione, ma non recano il marchio Ce, di fatto contraddicendo quanto scritto nella determina. La procedura di affidamento diretto in emergenza, ha consentito in questo caso di aggirare tale richiesta, dato che queste mascherine, pur non essendo state certificate da nessun ente preposto dalla legge a questo compito, sono state validate dall'Inail con una procedura straordinaria e in deroga introdotta nel 2020. Tutto a posto? Non precisamente, perché nel servizio di Fuori dal coro si spiega come nel caso di validazione Inail non vi siano stati dei test di tenuta condotti del prodotto, ma solo una verifica formale della congruità della documentazione che li accompagna. Nessuna certezza, dunque, che la mascherina assolva bene al suo compito. Due episodi che, al netto di ciò che eventualmente appurerà l'autorità giudiziaria, dimostrano ancora una volta quanto la scelta delle aziende da cui acquistare questo tipo di strumenti protettivi dovrebbe tenere in considerazione, accanto ovviamente alla convenienza economica, la capacità delle stesse aziende di fornire tutte le rassicurazioni e le garanzie di qualità del caso. Non è un caso, infatti, che alla fine della mini-inchiesta di Fuori dal coro» un produttore di mascherine italiano lamenti il fatto che molti prodotti fabbricati e certificati nel nostro Paese non siano stati presi in considerazione dalla struttura commissariale. Tale Arcuri, tale Figliuolo, potrebbe allora osservare qualche maligno in vena di calembour. Le cose, fortunatamente, non stanno così: anche se quanto raccontato da Fuori dal coro non depone certo a favore dalla procedura scelta dal commissario Figliuolo (o dai suoi collaboratori) per selezionare le aziende produttrici di questi 30 milioni di mascherine, giova ricordare la vicenda - rivelata dal nostro giornale - che ha portato di fatto alla rimozione di Arcuri dalla poltrona di super commissario giallorosso da parte dell'attuale premier Mario Draghi.Arcuri è finito infatti nei radar della Procura di Roma nel febbraio scorso, quando cinque persone erano state colpite da arresti o misure interdittive, in relazione all'acquisto, nel corso del primo lockdown, di circa 800 milioni di mascherine cinesi prive di certificazione (per un esborso di un miliardo e 250 milioni di euro), ottenute grazie all'interessamento di un vero e proprio «comitato d'affari», poi accusato di traffico di influenze. Figura chiave nella vicenda, che ha visto Arcuri indagato per peculato, il giornalista Rai in aspettativa Mario Benotti, il quale avrebbe avuto un ruolo di intermediazione con i consorzi asiatici e che, prima dell'avvio dell'inchiesta da parte delle toghe, aveva collezionato in cinque mesi qualcosa come 1.282 contatti telefonici con Arcuri. Gli altri indagati colpiti dalle misure interdittive furono gli imprenditori e «faccendieri» Jorge Edisson Solis San Andres, Andrea Tommasi, Georges Fares Khouzam e Daniela Guarnieri.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)