
Chiesti indietro 28 milioni di euro per le operazioni «baciate» con le banche venete suggerite da Amco, che con Pini partecipa al concordato per il salumificio reggiano.Amco, società che dovrebbe occuparsi solo di crediti deteriorati, finanzia una società produttrice di prosciutti, Ferrarini, sull’orlo del fallimento. Ma a sua volta la società in crisi finanziaria ha fatto qualche anno fa causa alla stessa Amco (e a Intesa Sanpaolo) chiedendo indietro 28 milioni di euro come subentrante alle banche venete che, secondo loro, li avrebbero costretti a comprare loro azioni farlocche in cambio di finanziamenti: le cosiddette operazioni «baciate». Sembra una barzelletta, invece è quello che La Verità ha scoperto. Il gruppo Ferrarini, infatti, nel 2019, a firma di tutta la famiglia, aveva intentato causa contro Banco Popolare di Vicenza, la stessa Amco e Intesa Sanpaolo. La vicenda è ancora pendente nel tribunale di Reggio Emilia. Ma non si capisce come mai la società partecipata dal Mef, amministrata da Marina Natale in scadenza di mandato, abbia comunque deciso di partecipare al concordato insieme con il gruppo Pini per salvare Ferrarini. Né Amco, né Ferrarini hanno voluto replicare al nostro articolo. Proprio sul salvataggio restano sul tavolo ancora diversi nodi da sciogliere, nonostante la storica azienda reggiana mercoledì scorso abbia ricevuto l’attesa omologa della proposta concordataria Pini-Amco da parte del Tribunale di Reggio Emilia. Non sarà più quindi la famiglia a guidare l’azienda di Rivaltella fondata nel 1956 dal cavalier Lucio Ferrarini e che oggi conta circa 500 dipendenti. Arriva il gruppo valtellinese Pini a cui passa l’80% della proprietà, mentre il 20% sarà di Amco. Era noto il fatto che i Ferrarini avrebbero perso il controllo dell’azienda, meno si sa sul destino dei lavoratori e di un’eccellenza italiana del prosciutto cotto. Innanzitutto, non è un’omologa definitiva, perché ci sono diverse questioni ancora pendenti in Tribunale e in Cassazione. Nello specifico quello omologato è un concordato molto diverso rispetto a quello presentato tre anni fa (peraltro molto simile a quello del 2019), sostanzialmente un altro, corretto e rivisto in corsa più e più volte e tuttavia ancora poco chiaro e persino in contraddizione con le recenti dichiarazioni di Pini.D’altra parte, solo un paio di settimane fa Pini aveva annunciato in un’intervista al Sole 24 Ore la costruzione in tempi record mai visti (un anno e mezzo) di un nuovo mega stabilimento di 40.000 mq in provincia di Reggio Emilia senza precisare il luogo esatto. Da quel che risulta a La Verità, al Comune di Reggio non sono state presentate domande. Quindi dove sorgerà? I lavoratori dello stabilimento Ferrarini di Rivaltella, che Pini ammette non essere idoneo alla produzione, quanti chilometri dovrebbero fare per andare a lavorare? Pini ha anche tenuto a precisare che il nuovo stabilimento serve per combattere il caro prezzi facendo economie di scala. Viene da pensare che quindi il concordato sia ormai superato, con proiezioni economiche differenti, ma di questo nell’intervista non si parla. Non è poi affatto chiaro come i Pini immetterebbero nuova finanza nell’operazione, sembrando questa piuttosto tutta basata sul successo dei piani industriali dei prossimi anni. L’unico nuovo finanziamento sembrerebbe infatti quello messo a disposizione dal creditore pubblico Amco.Il ruolo di Amco è sempre più da decifrare dal momento che secondo il diritto antitrust tutti i casi di «controllo congiunto» implicano diritti di veto reciproci e diritti di cogestione reciproci. A livello di «Gruppo Ferrarini», Pini e Amco assumerebbero così in solido le note e gravi responsabilità, per cui si può ipotizzare quella potenziale di Amco verso tutti i creditori sociali; inoltre, qualora un creditore agisse per dimostrare l’attività di direzione e coordinamento del Ministero (Mef) su Amco, lo stesso Stato potrebbe essere considerato soggetto passivo delle azioni risarcitorie e coinvolto nelle controversie: alla fine a pagare potrebbero essere gli italiani. Insomma, non solo una causa contro un’azienda statale, ma è anche l’operazione di salvataggio di Ferrarini che rischia di mettere le mani nelle tasche degli italiani.
Ansa
A San Siro gli azzurri chiudono in vantaggio i primi 45 minuti con Pio Esposito, ma crollano nella ripresa sotto i colpi di Haaland (doppietta), Nusa e Strand Larsen. Finisce 1-4: il peggior - e più preoccupante - biglietto da visita in vista dei playoff di marzo. Gattuso: «Chiedo scusa ai tifosi». Giovedì il sorteggio a Zurigo.
Jannik Sinner (Ansa)
Il campione italiano si impone a Torino sullo spagnolo in due set: «È stato più bello dello scorso anno». E guadagna cinque milioni.
«Olé olé olé Sinner Sinner». Sarà pure «un carrarmato», un caterpillar, come l’ha definito Massimo Cacciari, ma dopo le Finals che assegnano il titolo di Maestro della stagione, forse non vanno trascurate le doti tattiche e la forza mentale che lo ha fatto reagire nella difficoltà come quelle che ieri hanno consentito a Jannik Sinner di spuntarla al termine di un match combattuto e a tratti spettacolare su Carlos Alcaraz, protagonista di un tennis «di sinistra», sempre secondo l’esegesi del tenebroso filosofo. Il risultato finale è 7-6 7-5. «Senza il team non siamo niente. È stata una partita durissima», ha commentato a caldo il nostro campione. «Per me vuol dire tanto finire così questa stagione. Vincere davanti al pubblico italiano è qualcosa di incredibile».
Giuseppe Caschetto (Ansa)
Giuseppe Caschetto è il sommo agente delle star (radical) nonché regista invisibile della tv, capace di colonizzare un format con «pacchetti» di celebrità. Fazio e Gruber sono suoi clienti. Ha dato uno smacco al rivale Presta soffiandogli De Martino. «Guadagno fino al 15% sui compensi».
Dal 2000 le quotazioni fondiarie valgono oltre il 20% in meno, depurate dall’inflazione. Pac più magra, Green deal e frontiere aperte hanno fatto sparire 1,2 milioni di aziende.
«Compra la terra, non si svaluta mai», dicevano i nonni. E non solo. A livello nominale in effetti è vero: i prezzi dei terreni salgono. Se però guardiamo le quotazioni togliendo l’inflazione si nota che dal 2000 i valori sono crollati di oltre il 20%.





