2023-03-15
Amco cresce negli incassi (+12%). Ma all'antitrust faro su Ferrarini: rischiano i contribuenti
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Marina Natale, amministratore delegato di Amco (Ansa)
La società specializzata nella gestione dei crediti deteriorati chiude il 2022 con un utile netto consolidato pari a 91,3 milioni, in crescita del 31% sul 2021. Intanto l'autorità garante della concorrenza e del mercato apre un fascicolo dopo la notifica di un'operazione legata all’acquisizione del gruppo alimentare emiliano romagnolo da parte del gruppo Pini e della partecipata statale.Amco, la società specializzata nella gestione dei crediti deteriorati, chiude il 2022 con un utile netto consolidato normalizzato per le poste non ricorrenti (accantonamenti one-off sul portafoglio Monte dei Paschi di Siena trasferito mediante scissione societaria) pari a 91,3 milioni, in crescita del 31% sul 2021, ma ben minore se si considera l'utile contabile consolidato 2022 pari a 42,3 milioni. È quanto emerso dopo il consiglio di amministrazione di lunedì dove l’amministratore delegato in uscita Marina Natale ha annunciato come «nel corso del 2022 l'attività di gestione delle posizioni tramite un approccio sostenibile al credito ha portato a una crescita a doppia cifra degli incassi: più 12%». I numeri sono buoni, ma non è certo che Natale sia confermata come amministratore delegato, anche per le numerose critiche ricevute in passato da esponenti di centrodestra, in particolare dall’attuale ministro della Difesa Guido Crosetto. L'ebitda è aumentato del 64% a 304,1 milioni di euro grazie alla forte crescita dei ricavi (+43%) a 439 milioni guidata dall'acquisizione di nuovi portafogli. Anche se, in una società che per mestiere fa la cessionaria di crediti deteriorati, l’unico dato che veramente conta sono gli incassi che nel 2022 raggiungono la cifra modesta di 1,52 miliardi (su 37 miliardi di asset gestiti), con una crescita del 12%.Ma la chiusura dei conti dello scorso anno va a sbattere contro l’ultima novità finita nei giorni scorsi sul tavolo dell’antitrust a proposito dell’ennesimo colpo di scena nella vicenda della proposta di concordato per rilevare l’azienda alimentare Ferrarini, in crisi finanziaria ormai da 5 anni e in attesa a fine marzo della sentenza di omologa sul concordato preventivo. L’antitrust ha infatti ricevuto l’avviso di un’operazione di «acquisizione del controllo congiunto di Ferrarini S.p.A. da parte di Pini Italia S.r.l. e Amco – Asset Management Company S.p.A.». Tutto nasce nell’ultima udienza del 2 marzo presso il tribunale fallimentare di Reggio Emilia, quando il gruppo Pini, destinato a rilevare Ferrarini all’esito dell’omologa definitiva del concordato, ha annunciato a sorpresa il trasferimento ad un «soggetto» terzo delle azioni in attesa appunto dell’approvazione dell’antitrust. L’operazione notificata da Pini-Amco prevede la cessione dell’80% del capitale sociale dell’azienda e, oltre alle enormi questioni legate al controllo congiunto, sottrae con largo anticipo rispetto alle previsioni contenute nella proposta concordataria la quota di controllo di Ferrarini spa alla famiglia Ferrarini. Nello specifico, l’operazione sposta l’80% di Ferrarini in capo a Morello s.r.l., una società a responsabilità limitata con sede a Modena, in Strada Vignolese. Amministratore unico della srl e titolare delle quote è Federico Fiorcari, 42 anni, commercialista dello studio Bagni, Fiorcari Huller. Lo studio Bagni & Co.. è fiduciario di Pini sin dal 2013 quando i Pini con la società cipriota Ushi Digard (dal nome di una pornodiva degli anni 70) iniziarono a sbarcare in Italia e ad acquisire 2 stabilimenti di macellazione (Ghinzelli e Bertana) e ha svolto un ruolo di primo piano nelle vicende seguite al dissesto Ferrarini. Alla fine dell’anno scorso, ad esempio, lo studio modenese ha incassato oltre 1,2 milioni di euro per le consulenze prestate nel concordato della Società Agricola Ferrarini. Con il disco verde dall’Antitrust, l’80% di Ferrarini sarà poi trasferito alla società Ria, Rilancio Industrie Agroalimentari, controllata da Pini Holding e Pini Italia. Ma sono in molti a mettere in guardia sui rischi di un’operazione che vede il controllo congiunto di Pini con Amco. Perchè si può ipotizzare la potenziale responsabilità di Amco verso le «minorities» del gruppo Ferrarini e ancor più verso tutti i creditori sociali delle procedure Ferrarini e Vismara. Nel caso poi un creditore agisse per dimostrare l’attività di direzione e coordinamento del Mef su Amco, persino lo stesso Stato potrebbe essere considerato soggetto passivo di tutte le azioni risarcitorie previste. In pratica a pagare per la cattiva gestione finanziaria del gruppo Ferrarini potremmo essere noi cittadini. Secondo il diritto antitrust, infatti, tutti i casi di “controllo congiunto” implicano diritti di veto reciproci e diritti di cogestione reciproci, mentre se una delle due parti, qualificabile come semplice investitore, avesse dei semplici diritti di veto su operazioni rilevanti ma non riguardanti la gestione industriale o lo sviluppo del business (si pensi a diritti di veto sull’assunzione di cospicui finanziamenti o anche su operazioni straordinarie industriali suscettibili però di mettere a rischio la partecipazione dell’investitore) si tratterebbe secondo il diritto antitrust non di controllo congiunto, ma di controllo esclusivo del partner industriale (in questo caso Pini), con alcune “materie riservate” per le quali occorrerebbe anche l’approvazione del partner finanziario (in questo caso Amco).
Jose Mourinho (Getty Images)