2023-03-30
«Ora per fermare un appalto servirà almeno la sentenza di primo grado»
Matteo Salvini sul nuovo Codice: «Gli imprenditori sono presunti innocenti, non basterà più un avviso di garanzia per escluderli. Le critiche Anac agli affidamenti diretti? La velocità riduce il rischio corruzione».«Io ho faticato per inserire nel nuovo Codice che imprese e professionisti possano partecipare a un bando pubblico. Nella stesura originaria il semplice avviso di garanzia, o il semplice rinvio a giudizio, prevedevano l’esclusione dalla competizione industriale. Ma sarebbe stato proprio di un sistema sovietico, non di un sistema democratico. Per me gli imprenditori sono presunti innocenti, non presunti colpevoli. Quindi il punto di caduta è, quantomeno, un primo grado di giudizio». In un colloquio con La Verità il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, fa il punto sulle novità inserite nel nuovo Codice degli appalti approvato martedì in Consiglio dei ministri e che sarà operativo dal 1° luglio. Tra queste, le disposizioni per evitare la «paura» per la firma: niente colpa grave per i funzionari e i dirigenti degli enti pubblici se avranno agito sulla base della giurisprudenza o dei pareri dell’autorità. Tutele simili sono previste per la questione dell’illecito professionale, regolato dall’articolo 98. Nel testo originario erano previsti ampi poteri discrezionali affidati alla pubblica amministrazione per escludere le imprese dagli appalti. La norma era piuttosto vaga facendo riferimento tra le clausole di esclusione a «ogni altro atto o fatto dai quali si desuma la presenza di indizi gravi, precisi e concordanti che rendano evidente il ricorrere della situazione escludente». Nella riformulazione del Codice si è così proceduto a una razionalizzazione e semplificazione delle cause di esclusione, anche attraverso fattispecie più definite.Nell’approfondire i dettagli tecnici del Codice composto da 229 articoli il ministro ne sottolinea più volte la filosofia marcando il tasso di innovazione rispetto al codice uscito dal Consiglio di Stato nell’estate 2022 «che era figlio di un governo tecnico, noi gli abbiamo dato un’impronta politica» che parte «dal principio del risultato ma anche dal principio della fiducia nei sindaci e nelle imprese». Salvini rivendica il taglio dei tempi di approvazione - «Solo per gli affidamenti senza gara si risparmiamo da sei mesi a un anno» - la maggior autonomia degli enti locali con particolare riferimento ai piccoli Comuni, la corsia preferenziale data alle forniture italiane ed europee e la digitalizzazione con risparmio di carta e incombenze burocratiche. Basterà per piegare il partito dei no? «Quel partito è sempre operativo, pensi che stiamo ancora lavorando al decreto sul ponte sullo stretto e ci sono i già i comitati del no. La politica deve però prendersi delle responsabilità. Ecco perché nel nuovo Codice abbiamo anche previsto il dissenso qualificato, principio per cui le amministrazioni pubbliche avranno una cornice più limitata in caso di contrarietà a un’opera. Ai “no, punto” preferiamo i “sì, ma”», spiega Salvini. Ricordando che è anche prevista la cosiddetta liberalizzazione sotto soglia: fino a 5,3 milioni ci potranno essere affidamenti senza gara. Ma il sì condizionato a un appalto avrà anche un limite? «Il principio di buon senso non siamo ancora riusciti a fissarlo per legge ma l’articolo 38 del Codice recita che le condizioni devono tenere conto delle circostanze del caso concreto», risponde il ministro. Per il quale sarebbe meglio avere un bollino blu a monte dei progetti che un parere sanzionatorio a valle, «e fosse per me rivedrei anche il ruolo della Corte dei conti», aggiunge.Il «Codice Salvini» non è ancora partito ma ieri i 5 stelle promettevano barricate in Aula, mentre il Pd ha annunciato che sabato sarà in piazza con la Cgil e la Uil che minacciano già una stagione di vertenze sindacali e legali a partire dalle responsabilità delle stazioni appaltanti. Ma l’attacco più duro è arrivato dall’Anac. Secondo l’Autorità nazionale anticorruzione, il 98,7% dei lavori pubblici potrà essere assegnato direttamente o con procedura negoziata senza bando, dunque senza una gara pubblica alla quale tutti possano partecipare. Il presidente Giuseppe Busia punta il dito sulle soglie «troppo elevate per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate», rendendo «meno contendibili e meno controllabili gli appalti di minori dimensioni, che sono, va notato, quelli numericamente più significativi. Tutto questo col rischio di ridurre concorrenza e trasparenza nei contratti pubblici». Insomma, secondo Busia se gli appalti vanno giù veloce è un favore ai malintenzionati. «Credo che sia vero esattamente il contrario: più è lungo l’iter, più è facile che il corrotto e il corruttore si incontrino», replica Salvini. Che considera, dunque, quello di Busia «un attacco sfortunato anche perché la soglia dei 150.000 euro per l’affidamento diretto di lavori era già contenuta nella prima bozza del Codice dei contratti pubblici presentata dal Consiglio di Stato, che si allineava in questo alle modifiche introdotte con il cosiddetto dl Semplificazioni del 2020. Non vorrei che il presidente dell’Anac si fosse offeso perché con il nuovo codice l’Autorità avrà più un ruolo di controllo e non potrà fare scelte a monte».
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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