2025-03-12
«Femminicidio? Troppo arbitrio alle toghe»
Luca Ricolfi (Imagoeconomica)
Il sociologo Luca Ricolfi: «Il disegno di legge punisce chi reprime, uccidendo, l’espressione della personalità di una donna: non è una fattispecie chiara. La norma, dunque, esalta al massimo la discrezionalità dei magistrati: esattamente quello che il governo vuole combattere». Il disegno di legge sul femminicidio che il Consiglio dei ministri ha licenziato nei giorni scorsi in occasione dell’8 marzo ha senz’altro una opportunità politica. Il testo, tuttavia suscita parecchi dubbi. Soprattutto perché, a una prima lettura, manca una chiarezza che sarebbe invece fondamentale. Ad esempio è difficile stabilire che cosa sia esattamente il femminicidio e che cosa lo differenzi da altri reati. Ed è proprio su questi spazi di dubbio che insiste l’analisi del sociologo Luca Ricolfi.Professore, che cos’è che non torna secondo lei in questo ddl sul femminicidio, quali sono le criticità?«Per prima cosa mi colpisce il fatto che venga adottata una definizione del reato che dà un enorme potere discrezionale ai giudici. Se si va a leggere la formulazione, si vede che i margini di interpretazione lasciati al giudice sono enormi».Ovvero?«Un giudice ostile alle donne potrebbe per esempio arrampicarsi sugli specchi dicendo che è indimostrabile che nel caso concreto ricorrano le condizioni del femminicidio. Un giudice invece ostile ai maschi potrebbe arrivare alle conclusioni che desidera sulla base del medesimo testo. Questo perché la definizione sociologica di “femminicidio”, anche se come sociologo la rifiuto, è “l’uccisione di una donna in quanto donna”. Ma che cosa dovrebbe significare questo “in quanto donna”?Perché rifiuta questa definizione di femminicidio?«La rifiuto perché noi sociologi - o almeno i sociologi analitici, quelli della corrente cui appartengo - pretendono che i concetti abbiano delle definizioni operative. Io non posso per esempio definire un Paese “molto religioso” se non do una definizione operativa di come rilevo il grado di religiosità di quel Paese; se non dico quale sia la soglia che mi permette appunto di dire che è “molto” religioso. E così per qualsiasi variabile uno rilevi: l’opinione politica di un cittadino che cos’è? Con un sondaggio posso rilevarla, ma devo dare una definizione. Che cosa è, per dire, una opinione politica di sinistra? L’autocollocazione sull’asse destra-sinistra? Il votare un partito di sinistra? L’averlo fatto nelle elezioni ultime, o alle prossime? Ci vuole una definizione precisa».Nel testo del ddl si legge che c’è femminicidio quando l’omicidio «è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità». Seguendo il suo ragionamento, ci sono almeno due punti un po’ vaghi. Quali sono le libertà di cui si parla? E che cosa significa reprimere l’espressione della personalità?«Infatti qualcuno potrebbe interpretare come repressione della personalità il fatto che il marito, o il partner, non gradisca qualche scelta esistenziale della moglie. Qui parliamo di un percorso tormentato alla fine del quale vi è un omicidio o comunque l’uccisione di una donna. Ci sono infinite vicende che toccano le libertà individuali, le abitudini, le consuetudini all’interno della coppia, le scelte esistenziali della donna… È chiaro che dato che questi elementi ci sono quasi sempre, allora quasi sempre l’uccisione di una donna potrà essere letta come un femminicidio». Insomma ci sono in gioco troppi elementi, troppe intenzioni per avere una fattispecie chiara. «Tra l’altro io mi chiedo una cosa: nel caso un marito o un partner uccida una donna per avere un vantaggio economico, perché magari c’è un’assicurazione sulla vita che permette di ereditare, e dunque c’è una motivazione di puro lucro, di che cosa si tratta? Non è femminicidio perché la donna non viene uccisa in quanto donna, ma è uccisa per appropriarsi delle sue risorse economiche? Capite che si apre un vaso di Pandora di interpretazioni».In effetti...«Questa cosa mi colpisce: abbiamo un governo che si lamenta del fatto che i magistrati abbiano troppa discrezionalità, poi fa una norma in cui si esalta al massimo la discrezionalità dei magistrati». E che cosa la colpisce ancora?«Ci sono anche passaggi apprezzabili perché vanno nella direzione di mettere la donna in condizione di difendersi. Ad esempio è previsto che il pm senta la donna denunciante entro tre giorni, è previsto un sostegno economico. Qui quello che mi colpisce è però il fatto di non aver considerato, almeno per ora (non esiste un testo definitivo), l’aspetto pratico».Cioè?«È stato fatto rilevare dai magistrati che non ci sono nelle procure le risorse per ascoltare le donne entro tre giorni. Qui stiamo forse dimenticando che il vero problema in Italia, lo dico in termini statistici, non sono i femminicidi, che sono molto infrequenti rispetto ad altri Paesi, ma sono tutte le altre forme di violenza sulle donne, ad esempio i maltrattamenti e le violenze. Le violenze sessuali, per esempio, sono in forte aumento in Italia, più che in molti altri Paesi»Quindi la vera emergenza sono maltrattamenti e violenze e non i femminicidi?«Sì. Non solo perché aumentano di più, ma perché sono di più. Quando parliamo di femminicidio, ci riferiamo a 60-70 donne all’anno; se consideriamo tutte le donne uccise parliamo di 100-110. Che sono certo troppe. Ma le violenze sono circa 30.000: quelle denunciate sono 6.000 e quelle effettive sono almeno 5 volte tanto. Sono ordini di grandezza decisamente differenti».Radicalmente differenti.«Sì, e il fatto che non siano per ora previste misure di rinforzo delle Procure mi preoccupa molto. Quale sarà l’esito pratico? Che il fascicolo verrà tolto al magistrato che non ha rispettato la regola dei tre giorni e verrà avocato dal procuratore, ma questo significa che il procuratore avrà un lavoro enorme…».
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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