
A cosa di preciso serve aver inserito in legge di bilancio una misura che prevede l’aumento del prelievo fiscale dal 21% al 26% sugli affitti brevi? Per intendersi, i contratti conclusi attraverso piattaforme web dedicate come Airbnb o Booking? Qualora l’obiettivo fosse quello di fare cassa si potrebbe facilmente argomentare che siamo di fronte al tipico caso in cui la classica montagna finisce per partorire l’ancor più classico topolino. L’articolo della legge di bilancio che se ne occupa è il numero sette di 156. Stiamo parlando di qualcosa come cento milioni di maggior gettito previsto. Che sul bilancio complessivo dello stato - circa 1.200 miliardi di entrate - sono lo 0,008% del totale. Si farebbe prima a dire zero. Il numero diventa appena più rotondo se lo si confronta invece con il totale delle variazioni dei saldi previste nella legge di bilancio per il prossimo anno. Poco più di 18 miliardi fra minori tasse e maggiori spese, a loro volta finanziate da minori spese e maggiori imposte; come appunto quella di cui stiamo parlando. Siamo comunque allo 0,5%. Il ministro Giancarlo Giorgetti ha difeso il valore e l’utilità della misura dichiarandosi al contempo pronto a recepire le revisioni che il parlamento volesse apportare. Un colpo al cerchio e uno alla botte. Ed essendo la cifra di cui si parla simbolica - almeno in termini di ammontare -non sarà poi così difficile racimolare questi spiccioli. Se la misura è appunto simbolica nell’importo, ma non da un punto di vista politico, perché averla proposta causando fibrillazioni dentro la maggioranza?
Innanzitutto, si rileva come questa misura non abbia un padre almeno dentro il centrodestra. Matteo Salvini e Antonio Tajani non solo hanno disconosciuto la paternità della mossa, ma hanno ribadito a più riprese che intendono eliminarla. Fratelli d’Italia non si è sbilanciata. Né in un senso né nell’altro. Magari Giorgia Meloni avrà comprensibilmente chiesto che non si alimentassero polemiche che avrebbero ulteriormente messo in difficoltà il ministero dell’Economia. Che quindi ha giocoforza finito per assumersi la responsabilità. Perché in finale la legge di bilancio qualcuno deve pur scriverla. Da qualche computer sarà uscito quel file che una volta stampato è stato poi bollinato dalla Ragioneria generale dello Stato. Alias Daria Perrotta. Non possiamo che trarre un paio di conclusioni, visto che nessun partito politico rivendica la paternità della mossa.
La prima è che se quella misura rimanesse così com’è in legge di bilancio - nonostante l’espressa contrarietà di Forza Italia e Lega - toccherebbe a Fratelli d’Italia assumersi la responsabilità di non averla voluta togliere. Abbastanza improbabile come scenario. Inoltre, vediamo che sono in tanti ad aver festeggiato per questo inasprimento fiscale. E questi «tanti» stanno tutti a sinistra. Parrebbe quindi di capire che loro sono gli ideologi che hanno di fatto incoraggiato se non mosso la «manina» che ha inserito la misura nello schema di legge di bilancio. Un po’ come l’angelo che guida e costringe un povero tremolante Matteo (non Salvini ma l’evangelista) a scrivere il manoscritto nel celebre capolavoro - andato distrutto - di Caravaggio. Quelli che più difendono - anzi esaltano - la tassa, sono i sindaci di Milano, Roma e Firenze. Vale a dire Beppe Sala, Roberto Gualtieri e Sara Funaro. Tutti e tre di sinistra. E da tempo attivi in una crociata contro gli affitti brevi. Colpevoli, a loro dire, di causare la carenza di offerta di case in affitto per locazioni più lunghe. E quindi, anziché proporre misure volte rendere meno oneroso l’affitto lungo, propongono di penalizzare quelli brevi. Logica tipicamente «sinistra» oltre che «di sinistra».
«Io vado contro corrente», sostiene il sindaco di Gotham City -chiedo scusa Milano - Beppe Sala. Parlando appunto di affitti brevi. «A me non dispiace che vengano tassati di più rispetto ad adesso». Tranquillo Beppe, lo sapevamo. «Perché un’eccessiva diffusione porta un danno alla città». Il Beppe ambrosiano parla di «30.000 appartamenti che non vanno in affitto a lungo termine, magari per studenti e famiglie». E secondo lui la prospettiva di non vedere liberato in tempi brevi un locale dato in affitto da un conduttore moroso potrebbe essere dimenticata con un’imposizione fiscale più alta sugli affitti brevi. Un po’ come dire: «Ti do un calcio nei testicoli così non ti accorgi più che ti fa male il ginocchio». Alla chitarra il solito Roberto Gualtieri, che la considera «una misura di buon senso perché, soprattutto nelle grandi città, la crescita di questo fenomeno incide sull’equilibrio del mercato immobiliare». L’interpretazione di Sala è infine accompagnata (featuring si dice in gergo musicale) dall’altro pasdaran contro gli affitti brevi. «È un provvedimento sensato, che va nella direzione, giusta, di garantire un’equità di trattamento tra chi opera nel turismo», afferma Sara Funaro. Rimane da capire il senso del perché a destra riaffiori spesso quella voglia tanto matta quanto autolesionistica di piacere a sinistra per poi finire per fare arrabbiare ancora di più quelli che a destra ti votano o ti vorrebbero votare.





