2021-04-06
«L’Europa è troppo attenta alle lobby. Grana Padano deve farsi rispettare»
Il presidente del Consorzio di tutela, Renato Zaghini: «Arrivano le lunghe stagionature, sosteniamo i consumi. E all'Ue diciamo: basta dare vantaggi ad altri». Il 2020 è stato un anno record, venduti oltre 5 milioni di forme.Nove secoli di storia, oltre 5 milioni di forme vendute, quasi due miliardi di fatturato all'ingrosso e oltre 3,5 miliardi di consumo. Potreste chiamarlo solo formaggio? No, e di fatti il Grana Padano non è «solo» un formaggio, ma è il campione mondiale dei prodotti a denominazione di origine protetta: il più venduto, il più prodotto, il più conosciuto. Nacque come caseus vetus dai Cistercensi dell'Abbazia di Chiaravalle, lì dove i monaci facevano le marcite al limitare di Milano per avere sempre foraggio fresco da dare alle vacche. Perfetto da mangiare, buono da pensare. Ora che sono stati sospesi i dazi (16 milioni di euro in meno di sovrapprezzo per i consumatori) il mercato statunitense è esploso, compensa in parte le difficoltà sul mercato interno compresso e trasformato dalle chiusure causa virus cinese (aumenta la vendita domestica e nei supermercati, manca la domanda nei ristoranti) e segnala che la via dell'export (oltre il 41% del fatturato si fa oltre confine) è la direttrice dello sviluppo. L'universo Grana Padano è composto da 129 caseifici e trasformatori associati, oltre 4.500 stalle che tradotti valgono tra diretti e indiretti un'ottantina di migliaia di posti di lavoro. Quello del Grana Padano è un distretto economico che va dal Trentino alla bassa bolognese e come tale è anche un motore della possibile ripresa dell'Italia. Su questo ci concentriamo con Renato Zaghini, presidente del Consorzio di tutela, una vita in forma e tra le forme visto che da 21 anni è alla guida della cooperativa Caseificio europeo di Bagnolo San Vito, un paese del mantovano dove tutto è formaggio. Nonostante la pandemia il 2020 è stato l'anno dei record per il Grana Padano. Presidente, guardando avanti vede atri successi, vede la ripresa?«Il 2020 nonostante molte difficoltà è stato un buon anno, abbiamo avuto un record di vendite in dicembre commercializzando quasi mezzo milione di forme che ha portato il saldo dell'anno a un più 4,3% di vendite. Va detto che i prezzi sono stati molto bassi e penso che ci sarà un recupero, quanto all'estero il fatto che negli Usa siano stati tolti i dazi e che ci stiamo concentrando su mercati, come la Germania che è il nostro primo cliente, dove abbiamo le migliori prestazioni dovrebbe darci una spinta in più. Ritengo possibile il traguardo di esportare oltre metà del prodotto. Quanto alla ripresa è possibile e auspicabile, ma dipende anche se saremo messi in condizione di stare al meglio sul mercato».Lei ha fatto la scelta di allargare il mercato piuttosto che puntare al rialzo del prezzo, come mai?«Non io ma il Consorzio, tutti insieme! Sembrerà strano, ma noi siamo una famiglia e si decide e si opera come in una famiglia e per il bene comune. Posso vantarmi che grazie a un'attenta programmazione non abbiamo lasciato un litro di latte nelle stalle, abbiamo salvaguardato il lavoro e il valore per tutti. Detto questo il ragionamento è semplice: il Grana Padano è il prodotto a denominazione più conosciuto e consumato, noi dobbiamo penetrare tutti i mercati, dobbiamo esserci sempre ed essere distribuiti più ampiamente possibile. Non abbiamo l'esigenza di contingentare la produzione tant'è che di recente abbiamo stabilito che non c'è necessità per quest'anno di ridurla. Certo - e parlo anche da presidente di caseificio - dobbiamo crescere in sintonia con la crescita di mercato. Per questo il nostro primo impegno è ora quello di individuare nuovi spazi per aumentare i consumi. Obbiettivo che richiede impegno visto che l'anno scorso siamo cresciuti di oltre il 6 per cento nelle vendite retail. Quanto al prezzo abbiamo avuto una media all'ingrosso di 6 euro al kg, ma ci sono segnali di ripresa e comunque la redditività è stata garantita, noi abbiamo il dovere di distribuire valore lungo tutta la filiera. C'è una certa espansione dei costi, ma noi abbiamo la ragionevole positiva attesa che ci sia un imminente recupero di prezzi».Partendo da questi livelli è difficile ipotizzare un'ulteriore espansione di consumo. Ha in mente una strategia particolare?«Dobbiamo agire su tre livelli: una promozione mirata che valorizzi ancora di più il prodotto e stabilisca un'alleanza col consumatore che sa che noi gli diamo un prodotto ottimo dal punto di vista sanitario, nutrizionale e di altissima qualità. La qualità se è certificata paga. Il secondo livello è appunto qualificare sempre di più il prodotto e per questo stiamo per proporre formaggi di lungo e lunghissimo affinamento. Sarà questa una delle novità più consistenti e sicuramente appetitose di quest'anno. La scelta di fare la riserva è stata vincente, lungo quella strada arriveremo a commercializzare formaggi anche di 40 e più mesi guardando alla fascia di mercato alta. Abbiamo già ritirato prodotto per destinarlo alla lunga stagionatura. Il terzo livello e far capire che noi siamo tradizione nell'innovazione e questo dimostrando e agendo affinché si percepisca che il Grana Padano è un prodotto sostenibile. Lo facciamo con l'energia pulita e rinnovabile comprese le biomasse che vengono dalle nostre stalle per alimentare i caseifici, lo facciamo riducendo del 20% il consumo di acqua nelle stalle e nei caseifici. Il nostro compito come Consorzio è tutelare, promuovere e qualificare il prodotto anche aiutando le aziende a procedere sulla strada della massima sostenibilità».La tutela è insita nel ruolo del Consorzio con la marchiatura, ma la promozione a cosa punta quest'anno?«Dobbiamo difenderci dai falsi e dalle imitazioni, soprattutto sui mercati esteri. Intanto va ribadito che un Grana Padana è tale solo dopo 10 mesi di affinamento seguendo quanto è descritto nel disciplinare di produzione, legge per chi vuole produrre Grana Padano Dop. È come se fosse un atto fiduciario tra chi produce e chi consuma. Per la promozione abbiamo in programma molte iniziative, speriamo che ci possa tornare anche a dialogare con il pubblico in manifestazioni e che si possa tornare a lavorare con la ristorazione, ma abbiamo in programma anche un nuovo spot e una consistente campagna di comunicazione fondata sempre sul racconto dell'origine garantita, della qualità della salubrità e della sostenibilità del Grana Padano Dop».Sostenibilità anche economica? Funziona ancora bene il credito su pegno per finanziare l'affinamento dei formaggi?«Funziona e devo dire che il sistema creditizio ci ha ben sostenuto in questa fase che dal punto di vista economico è molto delicata. Ripeto; il nostro impegno è distribuire valore lungo tutta la filiera: dalla stalla alla tavola. E ci siamo riusciti».Un'ultima notazione, presidente. L'Europa sembra intenzionata a tagliare la promozione a una lista di prodotti per ragioni nutrizionali e in più vuole imporre il Nutri-score la famosa etichetta. Che ne pensa?«Penso che l'Europa stia avendo un'attenzione verso determinati interessi lobbistici. Un conto è operare per la qualità e la salubrità dei prodotti, un conto è dare vantaggi commerciali a qualcuno inventando strumenti. Il Grana Padano Dop è un prodotto di altissima qualità e di altissimo valore nutrizionale. Mi auguro che la politica nazionale sappia farsi rispettare a Bruxelles e tuteli i giusti interessi di noi produttori e della nostra economia».
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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