2023-09-06
L’Europa vuol usare il Digital Act per ingabbiare anche Elon Musk
Controllo sulle opinioni «sgradite» utilizzato contro Twitter, accusato di favorire Vladimir Putin.L’Unione Europea continua la sua battaglia contro il numero un di Tesla e X, Elon Musk. Lo accusa di aver favorito la propaganda della Russia di Vladimir Putin, ma soprattutto, in vista delle elezioni europee del prossimo anno, prova a legittimare ancora una volta il Dsa (Digital services act), da poco entrato in vigore, che permetterà un controllo da parte di Bruxelles sulle opinioni sgradite e soprattutto comporterà una penalizzazione economica dei cosiddetti siti non allineati. In pratica, per combattere la guerra contro Mosca si rischiano di mettere a repentaglio le libertà fondamentali di espressione. Del resto, da quando l’imprenditore sudafricano ha preso in mano Twitter, la commissione europea non gli ha lasciato scampo. Già Thierry Breton, commissario europeo per il Mercato interno, lo aveva più volte intimidito lo scorso anno, sul fatto che dovesse rispettare le regole dell’Ue. Ma ora c’è stato un ulteriore passo in avanti nella guerra a Musk. In un report pubblicato dalla Commissione Europa emergerebbe che, nonostante i principali colossi del web abbiano tentato di frenare la disinformazione russa, il Cremlino avrebbe comunque fatto circolare in particolare sui social network fake news contro Kiev. Secondo l’analisi del report, infatti, dopo gli allarmi di gennaio e dopo aver già introdotto lo scorso anno un codice di condotta sui social, quanto fatto in questi mesi non sarebbe stato sufficiente per bloccare la propaganda russa. La commissione calcola che gli account pro-Cremlino sarebbero aumentati tra gennaio e maggio 2023, con un coinvolgimento medio in aumento del 22% su tutte le piattaforme online. Tuttavia, l’aumento sarebbe stato soprattutto determinato da Twitter, dove le interazioni con account russi sarebbero cresciuti del 36 % «dopo che il ceo Elon Musk ha deciso di revocare le misure di mitigazione sugli account sostenuti dal Cremlino, sostenendo che «tutte le notizie sono in una certa misura propaganda» si legge nel report. Al contrario, l’engagement medio con gli account pro-Cremlino è diminuito del 20% su Facebook, ed è rimasto sostanzialmente invariato sulle restanti piattaforme. Non solo. La commissione evidenzia che «per quanto riguarda l’attività di pubblicazione degli account pro-Cremlino, abbiamo osservato un notevole aumento del 34% su TikTok, mentre l’attività su Telegram è diminuita del 22%». Secondo Bruxelles insomma, l’aumento degli account allineati al Cremlino solleva seri interrogativi sulle difese dell’Ue nella guerra di disinformazione della Russia, ma soprattutto la questione potrebbe minare «l’integrità delle elezioni europee del giugno 2024». Eppure, se il nuovo Twitter sembra rappresentare il male assoluto, anche sugli altri social network il report solleva dubbi. Youtube, per esempio, avrebbe vietato tutti gli account dei media statali russi a livello globale, ma - ammette la commissione - stato impossibile verificare la reale portata della politica di Youtube poiché la piattaforma non ha rivelato […] gli account a cui ha applicato il divieto». Infine, il report parla appunto del Digital Services Act (DSA), «una nuova regolamentazione fondamentale per le piattaforme online che entrerà in vigore nel 2023». E appunto evidenzia, «come le norme dei Dsa possano essere utilizzate per difendersi dalle campagne di disinformazione del Cremlino e proteggere la dignità, la sicurezza e la libera espressione dei cittadini dell’Ue». Ma il rischio è che per combattere la strategia militare russa di disinformazione, a scomparire siano in primis i nostri diritti fondamentali, come appunto la libertà di parola e di espressione.