2020-04-17
Europa al collasso e Chiesa in fuga. La profezia di Ratzinger si è avverata
Nel suo ultimo libro, Giulio Meotti ripercorre il pellegrinaggio di Benedetto XVI nel vecchio mondo. Il teologo, che ieri ha compiuto 93 anni, aveva previsto la sfiducia nei confronti della verità e l'addio senza lacrime al cattolicesimo.«Si ha l'impressione generale che negli ultimi quattro secoli la storia del cristianesimo sia stata una continua battaglia di ripiegamento», scriveva Joseph Ratzinger nel libro Riflessioni sulla creazione e il peccato. «Si è trovato di continuo qualche sotterfugio per potersi ritirare. Ma è quasi impossibile sottrarsi al timore di essere a poco a poco sospinti nel vuoto e che arriverà il momento in cui non avremo più nulla da difendere e nulla dietro cui trincerarci». Parole terribili scritte con quarant'anni di anticipo sulla realtà. Il biografo del Papa, Peter Seewald, ne ha spiegato la grande ossessione: «L'identità dell'Europa è uno dei temi chiave di Ratzinger. Il declino della cultura occidentale lo ferisce personalmente. [...] Viene da un Paese in cui, fino a oggi, lo scisma della Chiesa ha inflitto le più grandi ferite nella cristianità. Grandi movimenti atei si sono diffusi da qui. È certamente una conseguenza di questa storia che in alcune città della Germania orientale oggi, ad esempio a Magdeburgo, il numero di cristiani, pari al 3 per cento della popolazione, non sia superiore a quello di Shanghai o Baghdad». «Il suo ruolo è rappresentare la civiltà occidentale», ha affermato l'americano Michael Novak su Ratzinger. Questa, secondo Novak, è la sua domanda centrale: «Qual è la cultura necessaria per preservare le società libere dai propri pericoli interni e renderle degne dei sacrifici che le hanno portate alla luce?».L'egemonia politica mondiale dell'Occidente dopo il 1989 per lui era un'illusione. Ratzinger aveva capito che i grandi successi contenevano in sé la crisi, e forse il collasso, dell'Occidente. È la «rassegnazione di fronte alla verità», di cui avrebbe parlato Ratzinger dal monastero austriaco di Mariazell, «il nocciolo della crisi dell'Occidente, dell'Eu- ropa». Sopra le maschere della stupidità e della cupidigia, l'Occidente indossava quella della disperazione. volontà d'impotenzaA Mariazell, nelle Alpi della Stiria - il polmone verde dell'Austria - sorge un santuario mariano che collega spiritualmente i popoli dell'ex impero asburgico. Da Haydn a Mozart, gli organizzatori della visita del Papa avevano riunito tutte le glorie musicali dell'Austria. Ratzinger le conosceva bene: «In nessun altro ambito culturale c'è una musica di grandezza pari a quella nata nell'ambito della fede cristiana: da Palestrina a Bach, a Haendel, sino a Mozart, Beethoven e Bruckner. La musica occidentale è qualcosa di unico, che non ha eguali nelle altre culture». Benedetto XVI salì al santuario per incoraggiare un'Europa occidentale che stava incassando i colpi brutali della secolarizzazione. Un Occidente apparentemente inarrestabile, ma che coltivava in sé una fortissima insicurezza culturale, come se perso l'Occidente tutto dovesse diventarne una specie di grande periferia. Una volontà di impotenza che si traduce in volontà del nulla e poi in volontà di liquidazione dell'esistente da parte di un Occidente che vive nel privato benessere senza accorgersi dei pericoli. «Benedetto XVI era preoccupato per l'Europa, qui è iniziato il movimento suicida in Occidente che oggi si sta intensificando. L'Europa è il continente malato, siamo al suo capezzale», ha spiegato il medievista della Sorbona Rémi Brague. Ratzinger ha disturbato molto nel tempo in cui tutti hanno recitato contriti l'atto di abiura, hanno rotto con la propria storia, cambiando nome, insegne e identità. Ratzinger, da filosofo, si era messo contro il culto feticistico della Storia che caratterizza il pensiero contemporaneo. Ecco i punti da lui indicati nel processo di autodistruzione della cultura occidentale: la ragione ridotta a ragione scientifica; oblio della cultura giudaica e cristiana; la verità che deriva dalla sua sola riproducibilità tecnica; la felicità sostituita dal benessere; il «nichilismo dal volto umano» del filosofo francese Alain Finkielkraut; il mondo pensato come un immenso villaggio di vacanze e desideri; il sesso come fonte di rivelazione escatologica; e, per dirla con Ratzinger stesso, «l'ammutolire di ciò che è autenticamente umano». Per Ratzinger è come se non ci fosse più contrapposizione fra il totalitarismo nazi-comunista e le democrazie liberal-democratiche, perché se il primo ha bruciato ogni riserva ideale, le seconde ci hanno consegnato una tabula rasa, un mondo senza più misura, dove tutto è assente, percorso da una grande perdita, che finisce in una specie di suicidio bianco, il cui nichilismo banchetta sul cadavere della cultura, il cui sole è sempre più al tramonto e che vive le ultime dolcezze di una giornata che ormai non ha più nulla da dare. barca capovoltaIl Ratzinger che nel 1985 aveva definito i Paesi socialisti «la vergogna del nostro secolo» era preoccupato dalla possibilità che l'Occidente precipitasse in una nuova «vergogna» che sarebbe uscita dai laboratori, dalle accademie, dai Parlamenti, da quei basamenti di un pensiero unico contro il quale si sarebbe battuto l'uomo vestito di bianco, coltissimo come 12 professori, umile come un bambino alla prima comunione, che viveva come un parroco di campagna, che si vedeva per le strade di Roma come un prete qualunque, il basco in testa e una cartella sdrucita di documenti, principe di una curia disorientata e devastata da lotte interne. «Un uomo che sembra essere emerso all'improvviso da chissà quale gabinetto letterario rinascimentale», come lo ha definito la Revue des deux mondes. «Al momento l'Occidente europeo [è] la parte del mondo più opposta al cristianesimo», dirà Ratzinger nel corso di un'intervista alla trasmissione Excalibur di Antonio Socci. Nell'intera arcidiocesi della sua Monaco di Baviera, la città dove si salutava con Gruess Gott (saluto Dio) invece che con un semplice buongiorno, la città della Rosa bianca, dove gli studenti cattolici prima di salire sul patibolo hitleriano vollero tutti confessarsi, oggi si contano appena 26 seminaristi nei vari stadi di formazione a fronte di circa 1.700.000 cattolici. Basti pensare, in confronto, che la diocesi americana di Lincoln, in Nebraska, ha attualmente 49 seminaristi per 96.000 cattolici. «La Chiesa non è qui per “recuperare il terreno perduto", questa non è la sua missione», ha dichiarato il cardinale Jozef De Kesel, arcivescovo di Bruxelles. Dopo Ratzinger, la Chiesa è in ritirata, travolta dalla secolarizzazione, e sa che di sé stessa [...] rimarrà ben poco nel giro di una generazione. Come vedremo, Ratzinger lo aveva detto con mezzo secolo di anticipo. [...] In Vaticano, sotto il papato di Benedetto XVI, si tenevano convegni sull'avvenire del cristianesimo in Occidente. Ratzinger in varie occasioni disse che si sarebbe instaurato un «cattolicesimo sclerotizzato e stanco», ridotto al «pragmatismo», un «cristianesimo borghese», conseguenza di una «stanchezza della fede [che] si perde anche nel relativismo del nostro tempo». Parlò di un sacerdote «esteriormente dilacerato e interiormente svuotato». E per i funerali del suo amico cardinale di Colonia, Joachim Meisner, Ratzinger ci consegnò l'immagine della Chiesa come di una «barca [che] si è già riempita fin quasi a capovolgersi». La caduta del cattolicesimo europeo è spettacolare e la Chiesa si trova in una situazione di anemia e di declino, quantitativo e qualitativo, di «autodistruzione», disse Ratzinger. Stiamo assistendo a una sorta di addio al cattolicesimo senza lacrime, dramma e nostalgia. Lo splendore e la maestosità della tradizione occidentale sono ridotti a una immensa Vienna, un reparto geriatrico stracolmo di tesori dell'arte, della religione e della cultura. Per Ratzinger, era una società «autodistruttiva».Il cattolicesimo non è ancora morto, non è ancora un malato terminale, il suo «cadavere si muove ancora», eppure in Europa sembra vicino al De profundis. Ratzinger sarà ricordato come l'ultimo Papa che ha provato a tenerlo in vita? Da Zagabria, egli ha parlato del rischio di questa «Europa [...] destinata all'involuzione».la sfida del dissidenteQuesto è anche il significato delle sue dimissioni, la re- gressione papale, la renuntiatio di questo vecchio fragile e stanco in un abbandono volontario da una scena planetaria divorante, a favore di un ritiro solitario e meditativo: il crollo del cattolicesimo in Occidente. Le dimissioni non soltanto di un Papa, ma anche dell'Europa che lo aveva prodotto. Fu durante un incontro per canonizzare i martiri di Otranto, dove più di 800 cristiani erano stati massacrati dai turchi nel 1480 per essersi rifiutati di convertirsi all'islam, che il Papa ha annunciato le sue dimis- sioni, l'11 febbraio 2013. Un martirio da relativismo. Sei mesi prima di dimettersi, Ratzinger aveva evocato «una diffusa mentalità nichilista» che lo avrebbe sconfitto, trasformandolo come scrisse La vie nel «profeta paradossale di una Chiesa minoritaria». «Siamo in un'ora seria: il laicismo radicale può distruggere l'umanesimo», ribadì Ratzinger a un seminario della Congregazione salesiana un anno prima di diventare Papa. Come ha scritto Alain Finkielkraut, «Papa Benedetto ci ha lasciato notevoli testi filosofici, come la conferenza a Ratisbona, dove spiega che l'Europa è nata dalla confluenza della spiritualità biblica e delle domande greche. Questa eredità è ora in discussione. L'Europa rischia di perdere la sua anima. Il cristianesimo è in una posizione di debolezza. È perseguitato a Oriente e ridicolizzato a Occidente». La ridicolizzazione di Ratzinger in un Occidente condannato alla spossatezza soave dello scetticismo. Nel clima di conformismo dominante, [...] ai più è sembrato che Ratzinger fosse un nemico del bene. Ma eravamo noi a non esserci accorti che il bene, per dirla con Philippe Muray, era diventato un «impero». E che quel Papa ne era diventato il grande dissidente da internare, da mettere a tacere.
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