2021-10-01
Ecco come arriverà la fregatura sulle case
La riforma del catasto si farà con una legge delega: una sorta di cambiale in bianco del Parlamento al governo Al riparo delle parole neutre del testo, il capo delle Entrate e la cognata di Paolo Gentiloni preparano il «regalino»Lo strumento funziona così: il Parlamento detta le linee guida al governo, che poi provvede a fare i decreti L'Aula non può opporsi ma solo dare un parere. Nessun ostacolo alla revisione degli estimi catastaliLo speciale contiene due articoliPrima dell'estate il ministero dell'Economia, guidato da Daniele Franco, ha inviato all'Agenzia delle entrate, a quella del Demanio e alle altre strutture dipendenti dal Mef, l'atto di indirizzo fiscale. Obiettivi di massima da raggiungere nei prossimi tre anni. Dentro, un intero paragrafo è dedicato alla riforma del catasto. Il ministro spiega che l'obiettivo è «supportare le sinergie operative e attivare nuove forme di collaborazione tra l'amministrazione finanziaria centrale e gli enti territoriali, al fine di stimolare processi di compartecipazione al recupero dei tributi erariali nonché per favorire lo sviluppo di un sistema integrato del territorio mediante specifici protocolli di intesa, in particolare per agevolare l'aggiornamento della cartografia catastale e il corretto censimento degli immobili, anche nell'ottica di una più equa imposizione fiscale».In linea con quanto dichiarato l'altro ieri dal premier Mario Draghi in conferenza stampa il passaggio del documento tiene a citare l'equità fiscale. Al tempo stesso ribadisce che la riforma serve a raccogliere il maggior gettito consentito. Fin qui nulla che indichi un immediato aumento delle tasse. «In tale prospettiva saranno incrementate tutte le azioni necessarie a rendere disponibile al Paese un sistema informativo, l'Anagrafe immobiliare integrata, che, per ogni immobile presente sul territorio nazionale, permetta di conoscere la posizione geografica, la rappresentazione e le caratteristiche geometriche e censuarie», prosegue l'atto di indirizzo, «nonché le quotazioni di riferimento della zona Omi (criterio di quotazione degli immobili per quartieri, ndr) e i soggetti titolari di diritti e quote. Tali attività consentiranno di innovare il sistema catastale secondo il paradigma dell'interoperabilità per fornire al Paese servizi innovativi sia in ambito fiscale sia di governo del territorio». A oggi il catasto raccoglie al massimo l'80% delle reali informazioni su ciascun immobile. L'obiettivo è quello di arrivare al 100%, ma soprattutto di evitare che sia il cittadino a fornirle. Non a caso nel medesimo testo il ministero spiega che si lavora per «la progressiva dematerializzazione dei modelli di dichiarazione, anche con riferimento agli atti di aggiornamento immobiliare e alle scadenze fiscali. In questa prospettiva, la dichiarazione dei redditi precompilata mira a divenire la forma ordinaria di dichiarazione dei redditi». Per chiunque. Tradotto, al termine della riforma del catasto l'Agenzia delle entrate potrà aggiornare in tempo reale (ogni anno) il valore dei nostri immobili e inserirlo in automatico nel 730. Se il cittadino riscontrerà errori dovrà fare ricorso. È chiaro che il saldo zero e l'equità fiscale sono un concetto aleatorio a questo punto. È vero che nel momento in cui si avvia la riforma il governo non alza le tasse. Quando sarà terminata permetterà da un lato di erogare i bonus immobiliari (inseriti nel Pnrr) con precisione millimetrica e al centesimo, ma al tempo stesso consentirà al governo di fissare obiettivi di gettito per i singoli Comuni.I quali saranno costretti a recuperare le relative imposte. Qui scatteranno gli aumenti. Il calcolo della tassa dei rifiuti e di tutte le altre imposte territoriali sarà unico, univoco e coatto a quel punto. Coatto nel senso sarà deciso a monte. Credere che tutto ciò sia a saldo zero è impossibile. Innanzitutto per logica. Perché fare una riforma così costosa se non porta a nulla? Certamente qualche migliaio di italiani ne beneficerà pagando meno. Per gli altri la batosta è scontata. Tant'è che nell'atto di indirizzo citato sopra (stessa cosa nella relazione del ministro Roberto Gualtieri a gennaio del 2020) si fa esplicito riferimento ai criteri di Bruxelles e a quelli internazionali (Ocse?). Ovviamente il percorso è complesso, lungo (almeno un lustro) e stanzia importanti fondi del pacchetto europeo.Il Demanio avrà un ruolo importante nella digitalizzazione del Paese e pure nel percorso di sviluppo del catasto. Coordinerà o gestirà circa 10,5 miliardi di euro da qui al 2026. Tanto. Si va dalla riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare dello Stato, fino al piano carceri e alla messa a reddito degli spazi pubblici. Dovrà finalizzare lo sviluppo del fascicolo digitale dei fabbricati, con l'obiettivo di stanare abusi o false dichiarazioni. Un incarico, quello di direttore dell'Agenzia, delicato che è andato ad Alessandra Dal Verme, cognata di Paolo Gentiloni. Scelta non facile. Dal momento che ci sono voluti più di quattro cdm per nominarla. I dettagli delle attività del Demanio non sono ancora stati comunicati. Di certo sarà la principale sponda dell'Agenzia delle entrate, guidata da Ernesto Maria Ruffini, la quale gestisce direttamente l'Agenzia del territorio, cioè il catasto vero e proprio. Lo scorso febbraio Ruffini ha adottato il Sit, sistema integrato del territorio. Si tratta dell'evoluzione del sistema cartografico tradizionale. Il nuovo consentirà di acquisire informazioni aeree e altri dati di geolocalizzazione e sovrapporli tra loro. Il progetto complessivo parte da lontano. Dal 1999, quando il decreto legislativo numero 300 ha previsto l'integrazione degli «archivi amministrativo-censuari, cartografici, planimetrici e di pubblicità immobiliare». Adesso che il mondo è cambiato, la tecnologia dovrebbe permettere ciò che non è mai stato finalizzato in più di 20 anni. Da almeno due anni è in atto anche un progetto sperimentale (di cui non si conoscono dettagli né obiettivi precisi) che utilizza i satelliti per mappare il patrimonio immobiliare privato. Se il sistema di rilevazione satellitare è usato per il controllo del territorio e la prevenzione di eventi catastrofici, sarebbe altrettanto interessare quali funzioni attivi per la mappatura coatta delle case. La partita della riforma del catasto è molto più grande di quanto oggi ci possa sembrare. E il tema degli estimi e degli aumenti sarà perfino meno impattante del futuro cambio di paradigma. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/estimi-precompilati-e-catasto-digitale-a-gestire-la-morsa-entrate-e-demanio-2655201848.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-legge-delega-sul-fisco-e-perfetta-per-celare-la-stangata-sul-mattone" data-post-id="2655201848" data-published-at="1633039783" data-use-pagination="False"> La legge delega sul fisco è perfetta per celare la stangata sul mattone Ma come può arrivare la fregatura sul catasto? Come si spiega la stridente contraddizione tra le calde rassicurazioni fornite in conferenza stampa dal premier Mario Draghi («Le tasse non aumenteranno») e la fortissima preoccupazione manifestata dal presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa («Ora diranno che è altra cosa, ma sono chiacchiere»)? Il giallo (in cui le vittime sono i contribuenti proprietari di immobili) ha una dinamica complicata ma purtroppo abbastanza prevedibile nei suoi esiti. Non fatevi confondere da una spiegazione solo apparentemente molto tecnica: il punto è, come sempre, concretissimo e politicissimo, ed è rappresentato dai modi opachi in cui la macchina del fisco ci colpisce. Tutto sta nel comprendere il funzionamento delle famigerate leggi delega, con i successivi decreti legislativi (detti anche «delegati»). Per farla semplice, potremmo dire che si tratta di un meccanismo inverso rispetto a quello dei decreti legge: in quest'ultimo caso, in situazioni di necessità e urgenza, il governo vara subito un decreto (il decreto legge, appunto), che entra immediatamente in vigore, ha la stessa forza giuridica di una legge, ma deve essere approvato (anche con modifiche, naturalmente) dal Parlamento, che ha 60 giorni di tempo per farlo. Questa trasformazione del decreto legge in legge, dopo l'ok delle Camere, si chiama «conversione in legge». Al contrario, nel caso della legge delega (e dei decreti legislativi) il Parlamento agisce prima, non dopo. In che senso? Il primo passo è la presentazione della delega, che tecnicamente è un disegno di legge, una proposta legislativa. Questa proposta può essere, a seconda dei casi, di iniziativa parlamentare (se sono dei deputati o dei senatori ad avanzarla) oppure di iniziativa governativa, come accadrà stavolta con la delega fiscale: in questo caso, sarà infatti il governo a mettere a punto una proposta di legge e a consegnarla alle Camere. E a quel punto? A quel punto il disegno di legge viene incardinato (o prima alla Camera o prima al Senato) e assegnato alla commissione competente per materia (cioè la commissione Finanze). Ipotizziamo che si parta da Montecitorio: in un certo numero di mesi (non c'è un tempo limite per le attività del Parlamento), la commissione e poi l'Aula di Montecitorio approveranno un testo, che poi andrà al Senato. Nell'ipotesi che Palazzo Madama introduca ulteriori modifiche, il testo tornerà alla Camera, finché i due rami del Parlamento non avranno detto sì a una versione assolutamente identica. A quel punto, il disegno di legge delega sarà stato approvato. E cosa conterrà? Tre elementi. Primo: la materia su cui il governo sarà delegato a intervenire. Secondo: i tempi entro cui dovrà farlo. Terzo (ed è la parte più importante): i cosiddetti «princìpi e criteri direttivi» a cui l'esecutivo dovrà uniformarsi nella stesura dei decreti delegati. Per farla facile, è come se il Parlamento dicesse al governo: sei autorizzato a scrivere dei decreti, ma ecco i binari su cui dovrai muoverti. E poi? Da quel momento, il governo può procedere a scrivere uno o più decreti legislativi (può partorirli tutti insieme oppure uno per volta), che alla fine torneranno a loro volta in Parlamento, ma (ecco il punto: badate bene!) solo per un parere. È questo il passaggio chiave del giallo, la fase in cui il delitto può materialmente compiersi. Avete capito bene: il Parlamento offre prima le sue indicazioni (nella legge delega), ma dopo non ha più il potere di bloccare ciò che il governo avrà prodotto (nei decreti delegati). Potrà solo esprimere un parere, cioè il più blando degli interventi possibili, senza possibilità di modificare le norme scritte dal governo. Se avete avuto la pazienza di arrivare a questo punto, avrete già capito come ci fregheranno. Nella legge delega, quando si arriverà al punto del catasto, potete scommettere sul fatto che il governo proporrà (e il Parlamento approverà) una frasetta vaga, neutra, anodina, di quelle che apparentemente non desteranno alcuna preoccupazione. Anzi, a quel punto (la previsione è fin troppo facile), molti parlamentari e quasi tutti i commentatori (con gradazioni variabili di buona fede o di propensione all'inganno dei cittadini) diranno: «Avete visto? Leggete quella frase, è solo una delega per la revisione degli estimi, è solo un incoraggiamento al monitoraggio e alla trasparenza». Lo stesso Draghi, l'altro giorno, in conferenza stampa, ha in fondo preannunciato il modus operandi del suo governo, parlando di «una delega molto generale, che prepara il contesto per i futuri decreti delegati». Peccato che il punto dolente sia esattamente quello: quanto più vaga e generica sarà la delega, tanto più il governo avrà mano libera nello scrivere il successivo decreto delegato, assistito dalle sue agenzie e senza alcun reale contrappeso o possibilità di contrattacco da parte del Parlamento. Il finale del giallo l'avete già capito: ha ragione Giorgio Spaziani Testa. L'aliquota resterà pure formalmente la stessa, ma ciò che verrà messo nel decreto delegato potrà far variare il valore della base imponibile. E sarà il delitto perfetto.