
Carote, papaya, melone, albicocche... I frutti estivi con lo stesso colore del sole ci aiutano a prevenire l'Alzheimer, le malattie cardiovascolari e sono pieni di vitamine. In più, con i carotenoidi ci fanno abbronzare.Lo scrive anche il sito italiano di Vogue: l'arancione è il colore dell'estate. Essendo guru della moda, quindi occupandosi di abiti, accessori e make up, naturalmente a Vogue tricolore intendono dire che l'arancione è il colore privilegiato dell'estate 2019 in uno di quei settori. Nello specifico, lo è sulle unghie. La tendenza è stata lanciata da Tom Bachik, nail artist di molte star hollywoodiane, il quale ha condiviso sul suo profilo Instagram, con tanto di hashtag diventato virale, le #orangenails che ha realizzato sulle mani dell'attrice Margot Robbie e della cantante Selena Gomez. Le unghie di Tom Bachik sono una vera e propria istituzione per le celebrities, si tratta di unghie griffate (l'hashtag è #nailsbytombachik) realizzate con smalti anch'essi griffati. Le orange nails di Margot Robbie sono, difatti, uno splendido arancione pastello di Chanel, una tonalità corallo chiaro deliziosa che ricorda il colore delle albicocche, mentre per Selena Gomez è stato utilizzato un arancio neon di Tommy Taylor, che ricorda di più il colore della polpa della papaya. Albicocca, papaya, mango. Ma anche pesca, melone e carota. Con i quali l'arancione non finisce sulle unghie delle nostre dita a evocare l'estate cromaticamente, ma tra le dita stesse, per poi arrivare in bocca e nello stomaco, conducendo i giovamenti di quel colore direttamente nell'organismo, attraverso l'alimentazione. La frutta e la verdura estive hanno lo stesso colore arancione del sole. E fanno benissimo. Scopriamo perché. Il primo beneficio della frutta e della verdura arancioni stanzia giusto nella causa chimica di quella colorazione: i carotenoidi. Si chiamano così perché ce ne sono di vari tipi, sono pigmenti organici delle piante, ma anche di altri organismi fotosintetici come le alghe e alcuni batteri e sono pure all'origine della pigmentazione arancio-rosata, per esempio, delle piume dei fenicotteri rosa, della carne dei salmoni, delle corazze delle aragoste: poiché la loro dieta contempla alghe e piccoli crostacei (come l'Artemia salina), che a loro volta si nutrono di alghe ricche di carotenoidi, nutrendosi, oltre a sostenersi in vita, si «arancizzano». Il carotene è contenuto nelle carote e in tutti quei vegetali che colora di arancione. Assumendolo, si producono due molecole di vitamina A. Il carotene esiste in varie forme, la forma β carotene (betacarotene) è la più diffusa. Assumere β carotene - invece del retinolo, cioè la vitamina A - è meglio: il corpo assimila solo la quantità di β carotene che gli serve, espellendo immediatamente quella in eccesso, mentre non può fare lo stesso con il retinolo, il quale, se in esubero, conduce a una ipervitaminosi A che, protratta, può creare seri problemi (danni permanenti a fegato e milza). Il fabbisogno quotidiano di vitamina A (o retinolo) è circa 0,6-0,7 milligrami, aumentati a 0,95 durante l'allattamento. La quantità massima assumibile senza avere problemi è di circa 1,5 milligrammi e 6 milligrammi di β carotene corrispondono a 1 milligrammo di retinolo. La vitamina A, importante per la salute della vista, la crescita e il rinnovamento dei tessuti anche nel senso della cicatrizzazione delle ferite, si trova soprattutto in alimenti di origine animale, come fegato, latte e derivati (burro e formaggio), oltre che nelle uova. I carotenoidi, precursori della vitamina A, sono invece più diffusi in frutta e verdura rosse, gialle e arancioni. Certo, non bisogna abbuffarsi: il metabolismo che muta il carotene in vitamina A non è veloce e troppo carotene (livelli ematici di carotene maggiori di 250 microgrammi per decilitro) può dar luogo a una carotenosi: la cute diventa giallo scuro, soprattutto i palmi di mani e piedi (la sclera, la membrana che riveste il bulbo oculare, resta bianca). Si tratta di un mondo decisamente complesso, ma affascinante da conoscere un po' di più. Il β carotene, per esempio, funziona diversamente in fumatori e non fumatori. Nel non fumatore, il β carotene assunto tramite il cibo svolge azione anticancro, mentre si è registrata una correlazione tra insorgenza del cancro e assunzione in alte dosi e per molti anni di β carotene nei fumatori. Probabilmente, il fumo di sigaretta potenzia la scissione asimmetrica del β carotene e diminuisce il livello di acido retinoico inducendo proliferazione cellulare nei fumatori e quindi più alta probabilità di cancro al polmone. Per imparare a capire i dosaggi, pensiamo che l'assimilazione dei carotenoidi delle carote crude è, comunque, del 4-5%. Trattandosi di elementi liposolubili, se ne può aumentare la biodisponibilità di 5 volte con una cottura non prolungata e l'aggiunta di pochi grassi, come 3-5 grammi per pasto di olio o grasso, oppure di un avocado.Diciamo, generalizzando, carotene, ma i carotenoidi sono tanti. Non sono come le stelle di Negroni, milioni di milioni (ricordate il jingle pubblicitario?), ma comunque ci aggiriamo intorno ai 600, tra i quali circa 30, 35, sono precursori della vitamina A. E tra questi i più conosciuti - appunto - sono gli α e i β caroteni. Tra i caroteni non provitamina A attivi più noti c'è invece il licopene (antitumorale, protegge anche dall'infarto del miocardio e si trova nei pomodori, ma altresì nell'albicocca, nella papaya e nell'anguria) e, tra quelli con minore attività di provitamina A, c'è la luteina (che protegge anche dalla cataratta e dai raggi ultravioletti). La maggiore attività dei carotenoidi è combattere gli ossidanti. Essi, cioè, contrastano i radicali liberi, responsabili di malattie degenerative come morbo di Alzheimer o di Parkinson, malattie cardiovascolari e malattie infiammatorie. Il betacarotene protegge anche il collagene, che mantiene elastica la pelle, oltre che i vasi sanguigni e linfatici. Quindi, indirettamente, evita ristagni nella circolazione. Un altro effetto del betacarotene, importante soprattutto per l'estate, è che tutela la pelle dai danni dell'esposizione ai raggi solari. Come? Stimolando la produzione di melanina, il pigmento con il quale l'organismo ci protegge dal sole abbronzandoci. Perciò questa stagione è l'ideale per fare scorpacciate di frutta e verdura arancioni. Le quali aiutano la nostra salute e il nostro benessere anche in virtù di altri elementi. Vediamoli. L'albicocca, che va mangiata sempre matura e non acerba perché acerba è decisamente aspra e sgradevole, è molto idratante e contiene potassio e magnesio, i sali minerali più gettonati negli integratori da banco in farmacia. Inoltre, vitamine C, B1, B2, B3, calcio, zinco, ferro, fibre. E soltanto 48 chilocalorie ogni 100 grammi che, considerata anche una dolcezza non eccessiva, rendono una manciata di albicocche lo spuntino rinfrescante e tonificante ideale. Notevole anche la papaya, un frutto esotico sempre più apprezzato dal palato italiano. La papaya apporta più carotenoidi di carota e arancia, insieme a un'importante fornitura di vitamina C (ne contiene 60 milligrami ogni 100 grammi, il fabbisogno medio giornaliero è di 80 grammi). E poi magnesio, potassio, selenio, calcio, fosforo, acido folico, vitamina E, vitamina K. Se ci pensate, ciò che maggiormente offre questa frutta sono gli antiossidanti e i rimineralizzanti che andiamo cercando nelle bustine di integratori e che, invece, cibandoci direttamente dei frutti, possiamo avere, come si dice, di prima mano e naturali.La papaya, oltre a essere molto idratante, ha anche una valenza diuretica e drenante (viene considerata un validissimo aiuto per le gambe gonfie) e contrasta l'insufficienza venosa e la fragilità capillare. La papaya è diventata talmente apprezzata in Italia che da qualche anno a questa parte (come avviene con tante coltivazioni esotiche che, a un certo punto, diventano protagoniste di un boom sulle nostre tavole) viene coltivata anche qui. La differenza tra la papaya di importazione (soprattutto dal Brasile, poi dai Caraibi e dal Messico) e quella italiana è che la prima si trova nei banchi di mercati e supermercati tutto l'anno, mentre la nostra, proveniente da Sicilia e Calabria, è disponibile soltanto in estate. La temperatura del Sud Italia, infatti, benché più calda di quella del Nord dello Stivale, è molto diversa da quella tropicale. Nei Paesi tropicali la papaya fruttifica tutto l'anno, sulle nostre coste meridionali soltanto da aprile a novembre. Per questi motivi, è anche meno dolce rispetto a quella importata, ma, allo stesso tempo, è stata raccolta poco prima del momento nel quale la prendiamo in mano, perché non ha dovuto viaggiare per migliaia, migliaia e migliaia di chilometri.Un'altra caratteristica importantissima della papaya è la papaina. Digestiva e soprattutto antinfiammatoria, la papaina è anche un antiossidante e per questo motivo non c'è bisogno di conservare la papaia in frigorifero. Può stare fino a 5 giorni a temperatura ambiente e va spostata in frigo solo nel momento in cui viene tagliata. Altro aspetto da considerare nella scelta della papaya è la buccia. Mai prenderla se è verde: vuol dire che è acerba e la polpa lascerebbe in bocca un sapore e una sensazione sgradevoli. Perché, diversamente da altri frutti, anche tropicali come la banana, la papaya non continua la sua maturazione una volta colta dall'albero. Il colore perfetto della buccia è, quindi, proprio l'arancione. Nemmeno rossa va bene, vuol dire che è troppo matura: si può usare, magari, in un frullato.Come mangiarla? È facile. Si sbuccia, si taglia in due, si tolgono i semi interni - proprio come si fa con il melone - e poi si gusta a fette o a dadini la fresca polpa dal bel colore arancio. Lasciatevi guidare dal colore arancione che proprio in questo periodo ci dona il suo meglio. Non ve ne pentirete.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
iStock
A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





