2025-07-29
Espulso per finta: tunisino stupra una ragazza
Il giovane criminale, 19 anni, aveva alle spalle già diversi reati ed era riuscito a fuggire da un centro per il rimpatrio. Tocca rifare la stessa domanda: che ci faceva ancora qua? Perché era libero? Un tunisino, 19 anni, è stato arrestato per aver violentato una ragazza in un casolare alla periferia di Padova. Due suoi complici, armati di coltello, hanno tenuto fermo il fidanzato. Lui le ha preso i soldi e poi il resto. Senza pietà. Alla fine le ha detto: «Non dire niente alla polizia». Invece la ragazza ha parlato. La polizia ha trovato lo stupratore ancora lì, all’interno dello stesso casolare dello stupro. Aveva divelto le porte dello stabile e con quelle cercava di ostruire l’ingresso. L’hanno arrestato. E ora tocca fare la stessa domanda: che ci faceva ancora qua? E soprattutto: perché l’abbiamo lasciato libero di delinquere e violentare? A soli 19 anni, infatti, quel ragazzo tunisino può già vantare un curriculum di tutto rispetto. A giugno 2024 commette due rapine ai danni due ragazze: per rubare loro il telefonino le scaraventa entrambe giù dalla bicicletta, in modo violento. Prima una, poi l’altra. Le due ragazze se la cavano, lui pure: indagato a piede libero. Così non gli par vero di poter continuare la sua brillante attività. Nel settembre 2024 infatti si rimette all’opera: aggredisce un 55enne, saltandogli addosso alle spalle. Per rubargli una catenina d’oro gli sbatte violentemente la testa contro un muro di cemento. L’uomo, che aveva da poco subito un delicato intervento neurochirurgico, finisce in ospedale: ferito e traumatizzato. Il 19enne tunisino viene indagato. Ovviamente sempre a piede libero. Voi capite che al giovane tunisino non dev’essere parso vero. Dove lo trova un altro posto così, dove può sempre farla franca? «Rubo, aggredisco e mando la gente all’ospedale ma non mi fanno nulla», deve aver pensato. «Questo è il Paese del Bengodi». Gli sarà sembrato una specie di via libera. Un lasciapassare. E così, per essere all’altezza delle attese, nel novembre 2024, sempre a Padova, aggredisce una giovane mamma che sta passeggiando con la bimba di due mesi appena. La donna viene scaraventata a terra, la carrozzina ribaltata. La piccola si salva per miracolo. La Squadra mobile segnala «l’immotivata violenza» del soggetto e lo arresta. Ma dopo poco il tunisino viene scarcerato e condotto nel centro di Gradisca d’Isonzo. Ovviamente vitto e alloggio a spese nostre, per ringraziarlo del suo impegno a favore della società. Il centro di Gradisca d’Isonzo, per la verità, è un centro per il rimpatrio. Quindi il 19enne immigrato dovrebbe essere velocemente rimpatriato. Qualcuno si domanderà: perché non lo fanno subito? Bella domanda. Forse per lasciargli il tempo di scappare. Nell’aprile 2025, infatti, il delinquente seriale «si rende irreperibile», come recita il comunicato della Questura. Per altro lo fa distruggendo durante la fuga suppellettili e attrezzature del centro. Tanto le abbiamo pagate noi, a lui che importa? Si becca un’altra denuncia destinata, ovviamente, a restare carta straccia. Nel maggio 2025 l’»irreperibile» tunisino viene individuato come autore di un’altra violenta rapina: per rubare una catenina a una 55enne italiana la butta in terra, le strappa i vestiti e la colpisce con una ginocchiata nel basso ventre mandandola all’ospedale. «Gli operatori della Squadra Mobile», recita sempre il comunicato della Questura, «lo hanno individuato». Eppure, inspiegabilmente, pur avendolo individuato lo lasciano ancora libero. E così l’8 luglio questo giovane gentiluomo può commettere l’ultima rapina, con annesso stupro. Ora sarò tonto io ma non riesco a capire: come mai un soggetto così continua a girare libero per mesi nelle nostre città? Perché non può essere riportato immediatamente al suo Paese? Tanto più che il suo Paese è la Tunisia, dove non c’è guerra, non c’è tragedia, ma anzi ci sono i turisti che stanno arrivando in queste ore con i pacchetti all inclusive dei villaggi vacanza. Perché questo delinquente patentato non può andare a delinquere a casa sua? Perché lo dobbiamo ospitare? Perché dobbiamo permettergli di aggredire mamme che passeggiano con bimbi appena nati? Perché dobbiamo permettergli di rovesciare le carrozzine, sbattere la testa dei 55enni contro il muro di cemento e mandare all’ospedale le signore che passeggiano in città? E infine: perché dobbiamo permettergli di stuprare una ragazza senza pietà? Purtroppo sono domande che ci ripetiamo spesso. Senza trovare risposte. A Milano pochi mesi fa è stato scoperto un algerino che avrebbe dovuto abbandonare l’Italia nel 2018: era sempre riuscito ad aggirare l’espulsione cambiando nome. Aveva 41 alias diversi. A Mestre sono diventati matti con un tunisino espulso dal 2019, ma che ha continuato a delinquere in città per sei anni indisturbato. Al Quarticciolo di Roma un tunisino ha aggredito i poliziotti che cercavano di fermare lo spaccio, ma il giudice ha sentenziato che «non può essere espulso». Che cosa deve fare, dunque, un immigrato delinquente per farsi espellere? Qualche settimana fa è arrivata la notizia che, finalmente, un marocchino è stato imbarcato a Malpensa e riportato a Casablanca. Evviva. Aveva 142 segnalazioni della polizia. Leggasi: 142. Prima di espellerlo gli abbiamo lasciato cumulare denunce per furto, furto aggravato, furto in abitazione, rapina, spaccio, truffa, estorsione, ricettazione, minaccia, lesioni personali, rissa, porto d’armi, resistenza a pubblico ufficiale, sostituzione di persona, guida senza patente, interruzione di pubblico servizio e forse qualche altra cosa ancora. Dovremo dunque aspettare che anche il 19enne tunisino stupratore collezioni 142 denunce prima di rispedirlo da dove è venuto?Il sospetto è lecito. Perché, vedete, ogni volta che ci troviamo a raccontare storie come queste, tocca rifare sempre la stessa domanda. Anzi le stesse due domande. La prima è quella che abbiamo messo all’inizio: perché quel giovane immigrato delinquente era ancora libero? La seconda è quella che ci tormenta ancora di più: quant’è che ci metterà a tornare libero?
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)