2022-07-17
L’esercizio provvisorio trasformato in spauracchio per impedire il voto
Mario Monti durante l'intervento alla Camera con cui annunciò le dimissioni nel dicembre del 2012 (Ansa)
I pasdaran del Draghi bis evocano il rischio che un nuovo esecutivo non riesca ad approvare la manovra in tempo. Ma, con elezioni il 25 settembre, il problema non esiste. Come mostra il precedente di Mario Monti.C’è sempre un buon motivo per non far votare gli italiani. Da quando Mario Draghi ha annunciato le dimissioni da presidente del Consiglio, il buon motivo è diventato «evitare l’esercizio provvisorio». Dopo la campagna vaccinale, lo spread, il Pnrr, la guerra in Ucraina, l’allineamento dei pianeti, ecco sbandierato l’ultimo pericolo, l’insidia definitiva che farebbe crollare la Repubblica italiana sotto un cumulo di macerie: la mancata approvazione della legge di bilancio entro il 31 dicembre 2022.Chi agita il fantasma dell’esercizio provvisorio sostiene che se il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sciogliesse le Camere in questo rovente mese di luglio, non ci sarebbe il tempo di costituire un nuovo governo che riesca a far approvare dalle rinnovate Camere la legge di bilancio per il 2023. Ora, l’esercizio provvisorio non è di per sé un abominio: non è altro che l’autorizzazione data, per legge, dal Parlamento al governo di applicare un progetto di bilancio non ancora approvato. Questa autorizzazione peraltro può durare al massimo quattro mesi, quindi comunque al massimo entro aprile la legge di bilancio deve essere approvata in via definitiva. Niente di trascendentale, dunque. Ma in questi giorni è un susseguirsi di dichiarazioni che paventano l’esercizio provvisorio come il male assoluto. Ieri il leader del Pd Enrico Letta, nel suo intervento al congresso del Psi, ha fatto un appello «alle forze politiche che hanno sorretto con grandi risultati positivi il cammino del governo Draghi perché questo cammino non si interrompa. Nel Paese non c’è nessuna voglia e nessuna spinta per una crisi che porterebbe a un avvitamento e alle elezioni il 25 settembre». Quella del 25 settembre appare in effetti una data ragionevole, in linea con i parametri costituzionali, che ha il solo difetto di essere troppo vicina per chi vorrebbe avere il tempo di cambiare legge elettorale e fabbricarne una su misura. Prendiamo per buona questa data. I tempi per la discussione e approvazione della legge di bilancio non sembrano incompatibili. Il disegno di legge di bilancio, in base al ciclo della programmazione, entro il 15 ottobre è trasmesso alla Commissione europea e all’Eurogruppo ed è presentato dal governo al Parlamento entro il 20 ottobre di ogni anno. La legge di bilancio deve essere approvata da entrambi i rami del Parlamento entro il 31 dicembre di ogni anno. In difetto di ciò, vi è il passaggio all’esercizio provvisorio. Anche così, sulla carta, vi è circa un mese, mentre si insediano le Camere, per le trattative su un nuovo governo e se anche vi fosse qualche settimana di ritardo nella presentazione del disegno di legge di bilancio, il 31 dicembre resta una scadenza alla portata. Se guardiamo alla storia della nostra Repubblica, notiamo che l’esercizio provvisorio è stato per lungo tempo la regola, non l’eccezione. Dal 1948 fino al 1983 si è sempre verificato, salvo nelle tre occasioni in cui si riuscì ad approvare la legge di bilancio prima dell’inizio dell’anno di competenza (1969, 1976 e 1977, rispettivamente governi Rumor, Moro e Andreotti). Dal 1984 a oggi l’esercizio provvisorio invece non si è mai verificato, salvo nel 1986 e nel 1988 (governi Craxi e Goria).Non si andò all’esercizio provvisorio neppure in occasione dello storico cambio di governo avvenuto nel novembre del 2011 tra Silvio Berlusconi e Mario Monti. Allora non si votò per il rinnovo delle Camere, è vero, ma il cambio avvenne proprio nel periodo di discussione della legge di stabilità per l’anno successivo.Ricordiamo la cronaca di allora: il 9 novembre 2011 Monti viene nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il 12 novembre Berlusconi dà le dimissioni da presidente del consiglio, il 13 novembre Napolitano avvia le consultazioni e nella serata del giorno stesso dà l’incarico a Monti di formare un nuovo governo. Il 16 novembre Monti scioglie la riserva, annuncia la lista dei ministri e il nuovo governo presta giuramento.Il 17 e 18 novembre il nuovo governo ottiene la fiducia da Senato e Camera dei deputati e il 4 dicembre 2011, 15 giorni dopo, il Consiglio dei ministri vara con decreto legge (il celebre Salva Italia) la manovra fiscale per l’anno successivo, che contiene tre capitoli (bilancio, previdenza e sviluppo) e sovrascrive quasi completamente la legge di stabilità che il precedente governo Berlusconi aveva portato all’approvazione delle Camere. Il decreto Salva Italia viene convertito definitivamente in legge il 22 dicembre, dopo che il governo aveva posto la questione di fiducia in entrambi i rami del Parlamento. La manovra comportava nuove entrate per circa 30 miliardi, conteneva la ben nota riforma delle pensioni a opera del ministro Elsa Fornero e introduceva una tassa patrimoniale sugli immobili, anche sulla prima casa: la famigerata Imu.Sembra, insomma, che quando ci sia la volontà di essere rapidi, le cose si possano fare. Del resto, di decreti legge (oltre 70) e voti di fiducia (oltre 50) è stato fatto larghissimo uso anche da parte del governo in carica. Sembra proprio, insomma, che il vero timore di alcuni partiti non sia tanto quello dell’esercizio provvisorio, ma quello del giudizio degli elettori.
Nel riquadro, il chirurgo Ludwig Rehn (IStock)
Non c’era più tempo per il dottor Ludwig Rehn. Il paziente stava per morire dissanguato davanti ai suoi occhi. Era il 7 settembre 1896 e il medico tedesco era allora il primario di chirurgia dell’ospedale civile di Francoforte quando fu chiamato d’urgenza per un giovane giardiniere di 22 anni accoltellato nel pomeriggio e trovato da un passante soltanto ore più tardi in condizioni disperate. Arrivò di fronte al dottor Rehn solo dopo le 3 del mattino. Da questo fatto di cronaca, nascerà il primo intervento a cuore aperto della storia della medicina e della cardiochirurgia.
Il paziente presentava una ferita da taglio al quarto spazio intercostale, appariva pallido e febbricitante con tachicardia, polso debole, aritmia e grave affanno respiratorio (68 atti al minuto quando la norma sarebbe 18-20) aggravato dallo sviluppo di uno pneumotorace sinistro. Condizioni che la mattina successiva peggiorarono rapidamente.
Senza gli strumenti diagnostici odierni, localizzare il danno era estremamente difficile, se non impossibile. Il dottor Rehn riuscì tuttavia ad ipotizzare la posizione del danno mediante semplice auscultazione. La ferita aveva centrato il cuore. Senza esitare, decise di intervenire con un tamponamento cardiaco diretto, un’operazione mai provata precedentemente. Rehn praticò un’incisione di 14 cm all’altezza del quinto intercostale e scoprì la presenza di sangue scuro. Esplorò il pericardio con le mani, quindi lo aprì, esponendo per la prima volta nella storia della medicina un cuore attivo e pulsante, seppur gravemente compromesso e sanguinante. Tra i coaguli e l’emorragia Rehn individuò la ferita da taglio all’altezza del ventricolo destro. Il chirurgo operò una rapida sutura della ferita al cuore con un filo in seta, approfittando della fase di diastole prolungata a causa della sofferenza cardiaca. La sutura fu ripetuta tre volte fino a che l’emorragia si fermò del tutto e dopo un sussulto del cuore, questo riprese a battere più vigoroso e regolare. Prima di richiudere il torace, lavò il cuore ed il pericardio con soluzione idrosalina. Gli atti respiratori scesero repentinamente da 76 a 48, la febbre di conseguenza diminuì. Fu posto un drenaggio toracico che nel decorso postoperatorio rivelò una fase critica a causa di un’infezione, che Rehn riuscì tuttavia a controllare per l’efficacia del drenaggio stesso. Sei mesi dopo l’intervento il medico tedesco dichiarava: «Sono oggi nella fortunata posizione di potervi dichiarare che il paziente è ritornato in buona salute. Oggi è occupato in piccole attività lavorative, in quanto non gli ho al momento permesso nessuno sforzo fisico. Il paziente mostra ottime prospettive di conservazione di un buono stato di salute generale».
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