
Lettera del direttore dell’agenzia spaziale Ue Josef Aschbacher al ministero: il progetto dell’osservatorio, che protegge la Terra da asteroidi e meteoriti, potrebbe essere trasferito all’estero dopo l’accoglimento del ricorso delle sigle ambientaliste siciliane.«È con rammarico che ho appreso la necessità di annullare la cerimonia di posa della prima pietra del progetto del telescopio Flyeye-1 prevista per il 6 settembre a Isnello [...] Vorrei ricordare gli sforzi dell’Esa per rendere il progetto compatibile con le legittime esigenze di protezione dell’ambiente [...] Se il sito italiano di Monte Mufara è probabilmente il migliore, altri siti in Europa presentano condizioni simili [...]». Sono questi alcuni stralci della lettera inviata dal direttore generale dell’Agenzia spaziale europea Josef Aschbacher al governo italiano (al Mimit) dopo il provvedimento del Tar che ha nella sostanza «sospeso» i lavori per la realizzazione in Sicilia del mega-osservatorio astronomico che ha l’obiettivo di proteggere la Terra dal pericolo caduta di asteroidi e meteoriti. I toni della missiva, che la Verità ha potuto visionare, sono cordiali ma decisi. Se non è un ultimatum poco ci manca. E il ragionamento parte da un presupposto: il sito siciliano è ancora in cima alle preferenze dell’Esa, ma c’è un limite. Che è quello temporale. Perché di siti idonei ne esistono diversi (per esempio nelle Canarie) e in passato la perseveranza dei rappresentanti italiani ha già evitato un clamoroso dietrofront sull’operazione. Ai magistrati, che si riuniranno il 24 in versione collegiale, la decisione. Anche perché tra le righe della lettera è difficile non notare una punta di amarezza del direttore dell’Agenzia rispetto agli sforzi profusi e che per il momento non hanno portato ai risultati sperati. «Il progetto», si legge ancora, «ha già subito sostanziali ritardi nell’inizio dei lavori per motivi procedurali ed è necessario partire il prima possibile. L’Europa conta sull’Italia affinché si possa riprendere l’opera quanto prima e terminare nei tempi previsti». Si troverà una quadra? Al momento è difficile dirlo. Di certo, invece, sarebbero chiare le responsabilità se l’affare già finanziato con 12 milioni dall’Esa dovesse andare a ramengo. E qui veniamo al punto. Flyeye dovrebbe nascere in Sicilia, provincia di Palermo, sul Monte Mufara nelle Madonie. Più di 1.800 metri di altezza. Posizione ideale per identificare i pericoli che arrivano dal cielo. Si tratta di un parco naturale coperto da vincoli naturalistici rispetto ai quali però è intervenuto il decreto Asset che ha definito gli osservatori astronomici finanziati dall’Esa opere di «rilevanza strategica». Eliminando quindi i divieti. Tutto risolto? Nient’affatto. L’opposizione delle associazioni ambientaliste è, se possibile, diventata ancor più feroce e ha portato al ricorso di Legambiente Sicilia, Italia Nostra, Lipu, Club Alpino italiano, Wwf & Compagni dal quale è poi scaturita la «sospensione» dell’opera da parte del Tar. Il paradosso è che gli ambientalisti duri e puri stanno mettendo i bastoni tra le ruote a un progetto che dovrebbe rappresentare l’essenza del loro «mestiere» (proteggere la Terra) per salvaguardare vincoli paesaggistici e ambientali non meglio precisati. I lavori, secondo i ricorrenti, richiedono alcune attività che rischiano di danneggiare la natura. Per esempio? La necessità di scavare e rimuovere del terreno e l’invasività di un’opera che è alta più di 10 metri e copre una superficie di 800 metri quadrati. Il minimo considerato che il super-telescopio dovrebbe rappresentare la prima forma di difesa del pianeta rispetto alla possibilità di collisione con asteroidi e comete.E infatti la decisione di affidarsi al sito siciliano è stata ben ponderata. Le Madonie garantiscono una visuale privilegiata grazie all’altezza e all’assenza di inquinamento luminoso. E possono contare sulle sinergie con il polo astronomico Gal Hassin di Isnello. Il provvedimento del Tar non è il primo impedimento, il tira e molla con gli ambientalisti dura da tempo, ma il governo ha sempre evitato che l’opera potesse essere trasferita altrove. Adesso però i nodi vengono al pettine. O il 24 il Tar in seduta collegiale dà un indirizzo preciso oppure rischia di saltare tutto. L’Esa sta portando avanti diversi progetti in Italia. Alcuni sono in fase embrionale e altri (per esempio quello dell’allargamento del centro spaziale del Fucino che vale circa 50 milioni) sono stati già assegnati. Il pericolo è che nel momento in cui viene meno il rapporto di fiducia tra le parti, l’intero castello si possa sgretolare.
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