Donna, ingegnere aerospaziale dell'Esa e disabile. La tedesca Michaela Benthaus, 33 anni, prenderà parte ad una missione suborbitale sul razzo New Shepard di Blue Origin. Paraplegica dal 2018 in seguito ad un incidente in mountain bike, non ha rinunciato ai suoi obiettivi, nonostante le difficoltà della sua nuova condizione. Intervistata a Bruxelles, ha raccontato la sua esperienza con un discorso motivazionale: «Non abbandonate mai i vostri sogni, ma prendetevi il giusto tempo per realizzarli».
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Video intervista al ministro della Difesa: «Il nostro sistema industriale ha le capacità per farlo».
Il telescopio Flyeye è il primo di una rete globale progettata per monitorare gli oggetti vicini alla Terra e per l’osservazione dello spazio profondo (Esa)
Respinto il ricorso di Wwf e Legambiente che avevano bloccato i lavori per l’osservatorio salva-Terra finanziato dall’Esa. Adolfo Urso: progetto strategico. Le sigle non mollano: ci rivolgeremo alla Corte europea.
Non sappiamo se il merito va dato al recente appello di illustri scienziati (tra questi spiccavano i nomi di Michel Mayor, premio Nobel per la Fisica 2019, Ettore Cittadini, padre della procreazione assistita, e Roberto Ragazzoni, presidente dell’istituto nazionale di astrofisica), o a un rigurgito di resipiscenza dei giudici del Tar. Sta di fatto che ieri la prima sezione del tribunale amministrativo siciliano, presieduta da Salvatore Veneziano, ha respinto la richiesta di sospensiva sull’opera FlyEye, dichiarandola irricevibile per tardiva impugnazione degli atti. A dirla così non rende.
Bisogna spiegare infatti che FlyEye è il primo telescopio di una rete globale progettata dal programma di sicurezza spaziale dell’Esa per monitorare gli oggetti vicini alla Terra e per l’osservazione dello spazio profondo. L’obiettivo è prevenire i pericoli che potrebbero derivare dalla caduta di meteoriti, asteroidi ecc. E per farlo l’Agenzia spaziale europea ha dato priorità all’Italia stanziando circa 12 milioni di euro. Il sito scelto con cura è sul Monte Mufara, nelle Madonie in provincia di Palermo. Quasi 1.900 metri di altezza, una posizione ideale per monitorare e identificare i potenziali oggetti cadenti e lanciare alert preventivi. L’Esa ha tenuto il punto e ha continuato a preferire l’Italia nonostante l’acerrima opposizione di Cai, Gre, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Rangers d’Italia e Wwf che oltre a manifestare e a diffondere appelli del tipo «Salviamo la Mufara, cuore verde del Parco delle Madonie» avevano anche, grazie allo stesso Tar, ottenuto la sospensione dei lavori.
Sospensione che non era stata presa bene dal governo italiano, che con il ministro dell’Industria Adolfo Urso si era speso in prima persona sull’operazione, e dal direttore generale dell’Agenzia spaziale europea Josef Aschbacher che in una lettera anticipata dalla Verità evidenziava di aver appreso «con rammarico della necessità di annullare la cerimonia di posa della prima pietra del progetto del telescopio Flyeye-1 prevista per il 6 settembre a Isnello». «Vorrei ricordare», sottolineava, «gli sforzi dell’Esa per rendere il progetto compatibile con le legittime esigenze di protezione dell’ambiente […] Se il sito italiano di Monte Mufara è probabilmente il migliore, altri siti in Europa presentano condizioni simili […] Il progetto ha già subito sostanziali ritardi nell’inizio dei lavori per motivi procedurali ed è necessario un inizio degli stessi il prima possibile. L’Europa conta sull’Italia affinché possano riprendere quanto prima».
Toni cordiali ma decisi. Una sorta di ultimatum ed anche per questo motivo la decisione del Tar di ieri era attesissima ed è stata salutata con grande soddisfazione dai principali protagonisti del mondo economico e istituzionale legati alla vicenda. In ballo non c’era solo il maxi-telescopio, ma anche la prosecuzione di altri progetti Esa in Italia e la credibilità politica ed economica del Paese.
«Esprimo soddisfazione», ha sottolineato ieri il ministro Urso, «per la decisione del Tar che sblocca un progetto strategico per la politica spaziale europea, riconoscendo la piena correttezza dell’operato del governo. Avanti sulla strada dello sviluppo, l’Italia è in campo, grande attore anche nello spazio. Ho già comunicato al direttore dell’Esa Aschbacher la buona notizia che consentirà alla Sicilia di avere un’opera così significativa, frontiera della nuova tecnologia per l’osservazione dello Spazio».
Come detto, a favore della realizzazione dell’Osservatorio si erano espressi alcuni dei più significativi scienziati italiani in un manifesto pubblico che ricordava come l’opera, con un impatto ridotto e priva di inquinamento luminoso, potrà garantire la tutela del paesaggio e della natura, impedendo la realizzazione di opere ben più invasive per l’ambiente, rappresentando una strategia efficace per la salvaguardia del parco delle Madonie.
Il concetto non era chiaro solo a quella parte, purtroppo consistente, dell’ambientalismo italiano che mette l’ideologia prima di tutto. E alla quale ieri il Tar, strano a dirsi, ha dato un bello schiaffo. La speranza è che il vento sia cambiato davvero. Perché la battaglia non è finita.
«Non solo il tribunale amministrativo non ha preso in considerazione i profili sollevati», affermano in una nota il Club Alpino Italiano, Legambiente Sicilia, Lipu e Wwf, «ma addirittura l’Agenzia spaziale ieri mattina si è costituita al solo fine di fare valere l’immunità di giurisdizione e di esecuzione di cui godrebbe». E quindi? «Nei prossimi giorni saranno valutate le ulteriori azioni da intraprendere, compreso il ricorso alla Corte di Giustizia europea per violazione della Convenzione di Aarhus e del diritto comunitario su ambiente e partecipazione». Da ieri però si è aperto uno squarcio di luce verso le stelle.
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Josef Aschbacher (Ansa)
Lettera del direttore dell’agenzia spaziale Ue Josef Aschbacher al ministero: il progetto dell’osservatorio, che protegge la Terra da asteroidi e meteoriti, potrebbe essere trasferito all’estero dopo l’accoglimento del ricorso delle sigle ambientaliste siciliane.
«È con rammarico che ho appreso la necessità di annullare la cerimonia di posa della prima pietra del progetto del telescopio Flyeye-1 prevista per il 6 settembre a Isnello [...] Vorrei ricordare gli sforzi dell’Esa per rendere il progetto compatibile con le legittime esigenze di protezione dell’ambiente [...] Se il sito italiano di Monte Mufara è probabilmente il migliore, altri siti in Europa presentano condizioni simili [...]». Sono questi alcuni stralci della lettera inviata dal direttore generale dell’Agenzia spaziale europea Josef Aschbacher al governo italiano (al Mimit) dopo il provvedimento del Tar che ha nella sostanza «sospeso» i lavori per la realizzazione in Sicilia del mega-osservatorio astronomico che ha l’obiettivo di proteggere la Terra dal pericolo caduta di asteroidi e meteoriti.
I toni della missiva, che la Verità ha potuto visionare, sono cordiali ma decisi. Se non è un ultimatum poco ci manca. E il ragionamento parte da un presupposto: il sito siciliano è ancora in cima alle preferenze dell’Esa, ma c’è un limite. Che è quello temporale. Perché di siti idonei ne esistono diversi (per esempio nelle Canarie) e in passato la perseveranza dei rappresentanti italiani ha già evitato un clamoroso dietrofront sull’operazione. Ai magistrati, che si riuniranno il 24 in versione collegiale, la decisione. Anche perché tra le righe della lettera è difficile non notare una punta di amarezza del direttore dell’Agenzia rispetto agli sforzi profusi e che per il momento non hanno portato ai risultati sperati.
«Il progetto», si legge ancora, «ha già subito sostanziali ritardi nell’inizio dei lavori per motivi procedurali ed è necessario partire il prima possibile. L’Europa conta sull’Italia affinché si possa riprendere l’opera quanto prima e terminare nei tempi previsti».
Si troverà una quadra? Al momento è difficile dirlo. Di certo, invece, sarebbero chiare le responsabilità se l’affare già finanziato con 12 milioni dall’Esa dovesse andare a ramengo.
E qui veniamo al punto. Flyeye dovrebbe nascere in Sicilia, provincia di Palermo, sul Monte Mufara nelle Madonie. Più di 1.800 metri di altezza. Posizione ideale per identificare i pericoli che arrivano dal cielo. Si tratta di un parco naturale coperto da vincoli naturalistici rispetto ai quali però è intervenuto il decreto Asset che ha definito gli osservatori astronomici finanziati dall’Esa opere di «rilevanza strategica». Eliminando quindi i divieti. Tutto risolto? Nient’affatto. L’opposizione delle associazioni ambientaliste è, se possibile, diventata ancor più feroce e ha portato al ricorso di Legambiente Sicilia, Italia Nostra, Lipu, Club Alpino italiano, Wwf & Compagni dal quale è poi scaturita la «sospensione» dell’opera da parte del Tar. Il paradosso è che gli ambientalisti duri e puri stanno mettendo i bastoni tra le ruote a un progetto che dovrebbe rappresentare l’essenza del loro «mestiere» (proteggere la Terra) per salvaguardare vincoli paesaggistici e ambientali non meglio precisati.
I lavori, secondo i ricorrenti, richiedono alcune attività che rischiano di danneggiare la natura. Per esempio? La necessità di scavare e rimuovere del terreno e l’invasività di un’opera che è alta più di 10 metri e copre una superficie di 800 metri quadrati. Il minimo considerato che il super-telescopio dovrebbe rappresentare la prima forma di difesa del pianeta rispetto alla possibilità di collisione con asteroidi e comete.
E infatti la decisione di affidarsi al sito siciliano è stata ben ponderata. Le Madonie garantiscono una visuale privilegiata grazie all’altezza e all’assenza di inquinamento luminoso. E possono contare sulle sinergie con il polo astronomico Gal Hassin di Isnello. Il provvedimento del Tar non è il primo impedimento, il tira e molla con gli ambientalisti dura da tempo, ma il governo ha sempre evitato che l’opera potesse essere trasferita altrove. Adesso però i nodi vengono al pettine. O il 24 il Tar in seduta collegiale dà un indirizzo preciso oppure rischia di saltare tutto.
L’Esa sta portando avanti diversi progetti in Italia. Alcuni sono in fase embrionale e altri (per esempio quello dell’allargamento del centro spaziale del Fucino che vale circa 50 milioni) sono stati già assegnati. Il pericolo è che nel momento in cui viene meno il rapporto di fiducia tra le parti, l’intero castello si possa sgretolare.
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Emmanuel Macron (Ansa)
La categoria teme un’ondata di nuove tasse per tenere a galla i conti del Paese. E un editoriale di «La Tribune» lancia l’allarme sul sorpasso da parte dell’Italia nel comparto aerospaziale: «Potrebbe batterci nel settore dei satelliti, in passato era impensabile».
La Francia traballa. La scorsa settimana l’istituto di statistica europeo ha diffuso i dati sul manifatturiero. Germania e Francia, molto male. Se nel caso di Berlino ci stiamo abituando a un bollettino lacrime e sangue, Parigi invece ha stupito molto ponendosi quasi 10 punti sotto la media Ue.
È vero che l’economia transalpina si scopre a galla grazie all’andamento del comporta servizi, ma la produzione industriale non decolla proprio. In mezzo una situazione finanziaria ballerina e un governo che proprio stenta a formarsi. L’altra sera Emmanuel Macron, dopo aver avviato le consultazioni ha subito ridotto al lumicino - per usare un eufemismo - le possibilità di un esecutivo di sinistra. ci sono esigenze di «stabilità istituzionale» ha fatto sapere con una nota l’Eliseo. Ciò non basta per allontanare le critiche e così in poche ore la Confindustria locale tramite diversi giornali ha fatto sapere che la situazione è ai minimi termini e che teme anche con un esecutivo di centro destra di veder arrivare un’ondata di tasse «necessarie» a tenere in piedi i conti dello Stato. I malati d’Europa non siamo più noi.
E anche se la Bce sembra ancora disposta a dare una mano, Macron dovrà fare i conti con il nuovo Patto di stabilità. Il tempo passa e l’ex enfant prodige non sembra più godere dell’appoggia di quella classe di industriali che in Francia pesa molto più dei voti. Ieri mattina infatti è suonata la sveglia.
Un editoriale de La Tribune è entrato a gamba tesa su un dei temi più delicati dell’industria francese, quello dell’aerospazio. Dando la parola ai sindaci di Tolosa e Cannes, si mette in dubbio la capacità del governo francese di affrontare le sfide poste alla sua industria nazionale spaziale. Al contrario, l’articolista elogia il governo italiano per aver messo a disposizione importanti risorse alla sua industria spaziale, sia con il Pnrr, sia in ambito Esa: a questi ritmi, conclude l’articolo, l’industria spaziale italiana supererà quella francese per diventare l’attore indiscusso dello scenario europeo. «L’Italia, soprattutto, ha impegnato 2,2 miliardi di euro allo Spazio nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza», si legge, «Investe massicciamente nelle infrastrutture e tecnologie satellitari (con la creazione di una fabbrica di integrazione satellitare a Roma e il progetto "Città dell’Aerospazio" a Torino), riscontrando successi immediati nelle esportazioni e nuovi contratti per i suoi produttori. Di questo passo, l’Italia supererà presto la Francia nella corsa ai satelliti, cosa totalmente impensabile solo dieci anni fa». Sebbene, la scelta di girare i fondi Pnrr all’Esa sia stata molto sofferta ai tempi del governo Draghi la nostra space economy corre. Oltre 7 miliardi di finanziamenti pubblici entro il 2027 distribuiti su 15 distretti. Ci lavorano 8.000 persone con 300 aziende. Siamo forti nelle attività in orbita e nel segmento terrestre.
È vero, quindi, che fino a dieci anni fa immaginare un sorpasso sarebbe stato impossibile. Certo non è detto che avvenga anche se il presidente Asi ha subito colto la palla al balzo. «Quanto affermato da David Lisnard e Jean-Luc Moudenc, su La Tribune circa un possibile sorpasso italiano sui colleghi transalpini in ambito spaziale», ha commentato Teodoro Valente, «trova ampiamente argomentazione nell’impegno che l’esecutivo italiano e soprattutto l’autorità delegata per le politiche del settore, il ministro Adolfo Urso, hanno sin dall’inizio profuso per il sostegno ad una eccellenza italiana nel mondo». Se l’industria dell’aerospazio tira le orecchie a Macron è perché il settore si sta scollando dalla politica e per la Francia è una situazione anomala. «Di fronte alla concorrenza globale, il settore spaziale francese necessita di una tabella di marcia chiara», conclude l’editoriale, «che copra sia il settore civile che quello militare, che presenti le priorità nazionali in termini di programmi e finanziamenti e che miri a investire nell’innovazione e nello sviluppo di nuove soluzioni nei settori strategici dell’osservazione, della comunicazione, della cybersecurity, dell’intelligenza artificiale e della quantistica». Non basta, insomma, arrestare il patron di Telegram per cercare di entrare nel ghota dell’intelligence del futuro.
Servono le infrastrutture, i satelliti e le reti. Per cui se da un lato l’allarme lanciato dall’industria della Difesa e dall’aerospazio fa piacere all’esecutivo Meloni e apre una speranza di ulteriore crescita, l’aut aut dato a Macron non è per nulla simbolico. Stiamo assistendo a un film già visto. Crisi economico-finanziaria, governo tecnico fino alle prossime elezioni (chissà quando?) e in arrivo una cura che potrebbe ricordare quella subito dall’Italia nel 2011 con Mario Monti. Con la differenza che adesso il mondo è una fase di cambiamento drastico sempre meno civile e sempre più militare. Alle grandi aziende francesi può non piacere trovarsi in seconda fila nel momento in cui si decide l’equilibrio dei prossimi 30 anni. Macron è avvisato.
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