2024-08-28
Gli industriali mettono all’angolo Macron
La categoria teme un’ondata di nuove tasse per tenere a galla i conti del Paese. E un editoriale di «La Tribune» lancia l’allarme sul sorpasso da parte dell’Italia nel comparto aerospaziale: «Potrebbe batterci nel settore dei satelliti, in passato era impensabile».La Francia traballa. La scorsa settimana l’istituto di statistica europeo ha diffuso i dati sul manifatturiero. Germania e Francia, molto male. Se nel caso di Berlino ci stiamo abituando a un bollettino lacrime e sangue, Parigi invece ha stupito molto ponendosi quasi 10 punti sotto la media Ue. È vero che l’economia transalpina si scopre a galla grazie all’andamento del comporta servizi, ma la produzione industriale non decolla proprio. In mezzo una situazione finanziaria ballerina e un governo che proprio stenta a formarsi. L’altra sera Emmanuel Macron, dopo aver avviato le consultazioni ha subito ridotto al lumicino - per usare un eufemismo - le possibilità di un esecutivo di sinistra. ci sono esigenze di «stabilità istituzionale» ha fatto sapere con una nota l’Eliseo. Ciò non basta per allontanare le critiche e così in poche ore la Confindustria locale tramite diversi giornali ha fatto sapere che la situazione è ai minimi termini e che teme anche con un esecutivo di centro destra di veder arrivare un’ondata di tasse «necessarie» a tenere in piedi i conti dello Stato. I malati d’Europa non siamo più noi. E anche se la Bce sembra ancora disposta a dare una mano, Macron dovrà fare i conti con il nuovo Patto di stabilità. Il tempo passa e l’ex enfant prodige non sembra più godere dell’appoggia di quella classe di industriali che in Francia pesa molto più dei voti. Ieri mattina infatti è suonata la sveglia. Un editoriale de La Tribune è entrato a gamba tesa su un dei temi più delicati dell’industria francese, quello dell’aerospazio. Dando la parola ai sindaci di Tolosa e Cannes, si mette in dubbio la capacità del governo francese di affrontare le sfide poste alla sua industria nazionale spaziale. Al contrario, l’articolista elogia il governo italiano per aver messo a disposizione importanti risorse alla sua industria spaziale, sia con il Pnrr, sia in ambito Esa: a questi ritmi, conclude l’articolo, l’industria spaziale italiana supererà quella francese per diventare l’attore indiscusso dello scenario europeo. «L’Italia, soprattutto, ha impegnato 2,2 miliardi di euro allo Spazio nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza», si legge, «Investe massicciamente nelle infrastrutture e tecnologie satellitari (con la creazione di una fabbrica di integrazione satellitare a Roma e il progetto "Città dell’Aerospazio" a Torino), riscontrando successi immediati nelle esportazioni e nuovi contratti per i suoi produttori. Di questo passo, l’Italia supererà presto la Francia nella corsa ai satelliti, cosa totalmente impensabile solo dieci anni fa». Sebbene, la scelta di girare i fondi Pnrr all’Esa sia stata molto sofferta ai tempi del governo Draghi la nostra space economy corre. Oltre 7 miliardi di finanziamenti pubblici entro il 2027 distribuiti su 15 distretti. Ci lavorano 8.000 persone con 300 aziende. Siamo forti nelle attività in orbita e nel segmento terrestre. È vero, quindi, che fino a dieci anni fa immaginare un sorpasso sarebbe stato impossibile. Certo non è detto che avvenga anche se il presidente Asi ha subito colto la palla al balzo. «Quanto affermato da David Lisnard e Jean-Luc Moudenc, su La Tribune circa un possibile sorpasso italiano sui colleghi transalpini in ambito spaziale», ha commentato Teodoro Valente, «trova ampiamente argomentazione nell’impegno che l’esecutivo italiano e soprattutto l’autorità delegata per le politiche del settore, il ministro Adolfo Urso, hanno sin dall’inizio profuso per il sostegno ad una eccellenza italiana nel mondo». Se l’industria dell’aerospazio tira le orecchie a Macron è perché il settore si sta scollando dalla politica e per la Francia è una situazione anomala. «Di fronte alla concorrenza globale, il settore spaziale francese necessita di una tabella di marcia chiara», conclude l’editoriale, «che copra sia il settore civile che quello militare, che presenti le priorità nazionali in termini di programmi e finanziamenti e che miri a investire nell’innovazione e nello sviluppo di nuove soluzioni nei settori strategici dell’osservazione, della comunicazione, della cybersecurity, dell’intelligenza artificiale e della quantistica». Non basta, insomma, arrestare il patron di Telegram per cercare di entrare nel ghota dell’intelligence del futuro. Servono le infrastrutture, i satelliti e le reti. Per cui se da un lato l’allarme lanciato dall’industria della Difesa e dall’aerospazio fa piacere all’esecutivo Meloni e apre una speranza di ulteriore crescita, l’aut aut dato a Macron non è per nulla simbolico. Stiamo assistendo a un film già visto. Crisi economico-finanziaria, governo tecnico fino alle prossime elezioni (chissà quando?) e in arrivo una cura che potrebbe ricordare quella subito dall’Italia nel 2011 con Mario Monti. Con la differenza che adesso il mondo è una fase di cambiamento drastico sempre meno civile e sempre più militare. Alle grandi aziende francesi può non piacere trovarsi in seconda fila nel momento in cui si decide l’equilibrio dei prossimi 30 anni. Macron è avvisato.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)