2024-09-25
Il Tar dà una scossa agli ambientalisti. Il telescopio spaziale resta in Sicilia
Il telescopio Flyeye è il primo di una rete globale progettata per monitorare gli oggetti vicini alla Terra e per l’osservazione dello spazio profondo (Esa)
Respinto il ricorso di Wwf e Legambiente che avevano bloccato i lavori per l’osservatorio salva-Terra finanziato dall’Esa. Adolfo Urso: progetto strategico. Le sigle non mollano: ci rivolgeremo alla Corte europea.Non sappiamo se il merito va dato al recente appello di illustri scienziati (tra questi spiccavano i nomi di Michel Mayor, premio Nobel per la Fisica 2019, Ettore Cittadini, padre della procreazione assistita, e Roberto Ragazzoni, presidente dell’istituto nazionale di astrofisica), o a un rigurgito di resipiscenza dei giudici del Tar. Sta di fatto che ieri la prima sezione del tribunale amministrativo siciliano, presieduta da Salvatore Veneziano, ha respinto la richiesta di sospensiva sull’opera FlyEye, dichiarandola irricevibile per tardiva impugnazione degli atti. A dirla così non rende. Bisogna spiegare infatti che FlyEye è il primo telescopio di una rete globale progettata dal programma di sicurezza spaziale dell’Esa per monitorare gli oggetti vicini alla Terra e per l’osservazione dello spazio profondo. L’obiettivo è prevenire i pericoli che potrebbero derivare dalla caduta di meteoriti, asteroidi ecc. E per farlo l’Agenzia spaziale europea ha dato priorità all’Italia stanziando circa 12 milioni di euro. Il sito scelto con cura è sul Monte Mufara, nelle Madonie in provincia di Palermo. Quasi 1.900 metri di altezza, una posizione ideale per monitorare e identificare i potenziali oggetti cadenti e lanciare alert preventivi. L’Esa ha tenuto il punto e ha continuato a preferire l’Italia nonostante l’acerrima opposizione di Cai, Gre, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Rangers d’Italia e Wwf che oltre a manifestare e a diffondere appelli del tipo «Salviamo la Mufara, cuore verde del Parco delle Madonie» avevano anche, grazie allo stesso Tar, ottenuto la sospensione dei lavori. Sospensione che non era stata presa bene dal governo italiano, che con il ministro dell’Industria Adolfo Urso si era speso in prima persona sull’operazione, e dal direttore generale dell’Agenzia spaziale europea Josef Aschbacher che in una lettera anticipata dalla Verità evidenziava di aver appreso «con rammarico della necessità di annullare la cerimonia di posa della prima pietra del progetto del telescopio Flyeye-1 prevista per il 6 settembre a Isnello». «Vorrei ricordare», sottolineava, «gli sforzi dell’Esa per rendere il progetto compatibile con le legittime esigenze di protezione dell’ambiente […] Se il sito italiano di Monte Mufara è probabilmente il migliore, altri siti in Europa presentano condizioni simili […] Il progetto ha già subito sostanziali ritardi nell’inizio dei lavori per motivi procedurali ed è necessario un inizio degli stessi il prima possibile. L’Europa conta sull’Italia affinché possano riprendere quanto prima». Toni cordiali ma decisi. Una sorta di ultimatum ed anche per questo motivo la decisione del Tar di ieri era attesissima ed è stata salutata con grande soddisfazione dai principali protagonisti del mondo economico e istituzionale legati alla vicenda. In ballo non c’era solo il maxi-telescopio, ma anche la prosecuzione di altri progetti Esa in Italia e la credibilità politica ed economica del Paese. «Esprimo soddisfazione», ha sottolineato ieri il ministro Urso, «per la decisione del Tar che sblocca un progetto strategico per la politica spaziale europea, riconoscendo la piena correttezza dell’operato del governo. Avanti sulla strada dello sviluppo, l’Italia è in campo, grande attore anche nello spazio. Ho già comunicato al direttore dell’Esa Aschbacher la buona notizia che consentirà alla Sicilia di avere un’opera così significativa, frontiera della nuova tecnologia per l’osservazione dello Spazio».Come detto, a favore della realizzazione dell’Osservatorio si erano espressi alcuni dei più significativi scienziati italiani in un manifesto pubblico che ricordava come l’opera, con un impatto ridotto e priva di inquinamento luminoso, potrà garantire la tutela del paesaggio e della natura, impedendo la realizzazione di opere ben più invasive per l’ambiente, rappresentando una strategia efficace per la salvaguardia del parco delle Madonie. Il concetto non era chiaro solo a quella parte, purtroppo consistente, dell’ambientalismo italiano che mette l’ideologia prima di tutto. E alla quale ieri il Tar, strano a dirsi, ha dato un bello schiaffo. La speranza è che il vento sia cambiato davvero. Perché la battaglia non è finita. «Non solo il tribunale amministrativo non ha preso in considerazione i profili sollevati», affermano in una nota il Club Alpino Italiano, Legambiente Sicilia, Lipu e Wwf, «ma addirittura l’Agenzia spaziale ieri mattina si è costituita al solo fine di fare valere l’immunità di giurisdizione e di esecuzione di cui godrebbe». E quindi? «Nei prossimi giorni saranno valutate le ulteriori azioni da intraprendere, compreso il ricorso alla Corte di Giustizia europea per violazione della Convenzione di Aarhus e del diritto comunitario su ambiente e partecipazione». Da ieri però si è aperto uno squarcio di luce verso le stelle.
Cristian Murianni-Davide Croatto-Andrea Carulli