2023-07-08
I feudi di Agnelli, gli affetti del Cav. Due dinastie spiegate con l’eredità
Silvio Berlusconi con Gianni Agnelli (Ansa)
L’Avvocato scelse il nipote John Elkann e puntò tutto su di lui, tanto da scatenare un ventennio di cause legali da parte della sua stessa figlia. Silvio Berlusconi, pur chiarendo chi comanderà, non ha lasciato indietro nessuno. Gianni Agnelli non amava parlare della famiglia, ma le successioni gli piacevano. Una volta, era il 24 aprile del 1989, il sessantottenne presidente della Fiat era ospite della Sorbona per una conferenza e parlando delle proprie fortune sfoggiò un certo understatement. «Tutto quello che ho, l’ho ereditato. Ha fatto tutto mio nonno», disse l’Avvocato. Per poi aggiungere: «Non mi sono fatto da solo e devo tutto quello che ho al diritto di proprietà e al diritto di successione. Io ho aggiunto solo il dovere della responsabilità». Nei giorni dell’apertura del testamento di Silvio Berlusconi, visto il carisma di entrambi i personaggi, difficile resistere alla tentazione di qualche confronto.La successione di Gianni Agnelli, con la battaglia legale scatenata dalla figlia Margherita che si trascina da 20 anni, non è stata proprio ordinatissima. Ma la linea era chiara: Agnelli, tra gli otto nipoti, aveva scelto John Elkann, ben contornato dai professionisti di famiglia e da Sergio Marchionne. Berlusconi, i cui testamenti sono stati aperti in questi giorni, ha invece fatto in modo che nessuno dei suoi cinque figli possa comandare da solo e ha confermato che Pier Silvio e Marina continueranno a guidare il cuore dell’impero Fininvest. Modello feudale (Agnelli) versus modello familiare (Berlusconi), verrebbe da dire. E anche se è troppo presto per avventurarsi in previsioni su Arcore e dintorni, pare evidente che il Cavaliere ha potuto preparare la propria successione con calma e in un clima di concordia. Anche Agnelli fu designato dal nonno, vista la morte precoce del padre Edoardo, e come in tutte le faccende dinastiche la morte ha avuto un grande peso anche nella famiglia torinese. Il figlio di Gianni, Edoardo, si è ucciso nel 2000 e il nipote Giovannino (figlio del fratello Umberto) è morto nel 1997 a soli 33 anni. Sarebbe stato lui, manager assai promettente, l’erede designato dell’Avvocato. A quel punto l’anziano capo famiglia ha messo gli occhi sul serissimo nipote John, classe 1976, uno degli otto figli di Margherita. Nel 1997, John possedeva già il 24,87% della Dicembre, la società che custodisce i pacchetti di controllo della Giovanni Agnelli e di Exor, che a sua volta oggi ha in pancia quote importanti in Stellantis, Ferrari, Cnh, Iveco, Gedi e Juventus.Gianni Agnelli muore a gennaio del 2003 e se si cerca la parola «testamento» associata al suo nome sugli archivi delle agenzie di stampa non si trova quasi nulla. In sostanza, il contrario dei testamenti olografi di Berlusconi, che da giorni ci inseguono ovunque. C’è però un lungo lancio dell’Ansa del 4 settembre 2004, in occasione delle nozze di John Elkann con Lavinia Borromeo, dal titolo rassicurante: «Agnelli: Margherita accanto a John, famiglia unita». Si accenna, in effetti, a passati «contrasti e tensioni intorno all’eredità dell’Avvocato». Ma sono uniti. Come sanno i lettori della Verità, grazie alle formidabili inchieste e ai libri di Gigi Moncalvo, in effetti da 20 anni si trascina una serie di cause sui testamenti di Gianni e della moglie Allegra Caracciolo. Margherita sostiene che quando firmò un accordo «tombale» da 1,2 miliardi con i figli le fu però nascosto il tesoro estero del padre e quindi ha impugnato anche le disposizioni della madre, morta nel 2019. In cambio di quei soldi, Margherita uscì dalla compagine azionaria della Dicembre e il figlio John, nel frattempo salito al 33,3%, raggiunse il 58,7%. In Italia, Margherita è andata fino in Cassazione contro i figli John, Lapo e Ginevra, e a ottobre del 2008 ha incassato una sconfitta. Adesso sono in piedi ancora due giudizi in Svizzera e a Torino, basati su un’asserita falsa residenza elvetica di Marella Caracciolo, il cui esito può mettere in discussione i pesi azionari nella Dicembre e in tutto l’impero della famiglia Agnelli Elkann. Insomma, a 20 anni di distanza, l’erede individuato dall’Avvocato deve ancora difendersi dalle cause intentate dalla madre, nonostante l’operazione successoria fosse stata studiata dai professionisti del calibro di Franzo Grande Stevens (1928) Gianluigi Gabetti (morto nel 2019) e lo svizzero Siegfried Maron. Nelle varie cause italiane sono saltati fuori anche tre brevi testamenti olografi di Gianni Agnelli del 1983, 1985 e 1999. Oltre alla nomina di Grande Stevens come esecutore testamentario, si tratta di disposizioni marginali a favore della moglie Marella (una società e l’usufrutto di alcuni immobili). Insomma, niente a che spartire con le disposizioni scritte di proprio pugno da Silvio Berlusconi. Insomma, abbiamo un Agnelli che ha lasciato agli eredi un patrimonio di 150 miliardi di euro (al netto del tesoro estero) e un Silvio Berlusconi che lascia circa 7 miliardi, secondo Forbes. E siamo di fronte a due persone che sono state tra le più importanti d’Italia, assai famosi nel mondo e capaci di esercitare un notevole fascino su milioni di italiani. Ma le analogie, calcio a parte, si fermano qui e si vede bene proprio da come hanno immaginato il futuro senza di loro. Il Cavaliere ha avuto un rapporto strettissimo con i suoi cinque figli, coinvolti in pranzi e cene settimanali, in cui si parlava delle aziende e di tutto il resto. È sempre stato molto protettivo e quando ha potuto non ha mancato di divertirsi a fare il nonno. E con suo fratello Paolo ha avuto un rapporto solido per tutta la vita. Perfino l’ultima compagna, Marta Fascina, è stata inserita in un contesto familiare, pur facendo attenzione a non alterare gli equilibri, anche successori. Così, all’apertura del testamento, poche sorprese e un chiaro invito ai figli ad andare d’accordo. Percependosi sempre tutti come famiglia, ancorché allargata. L’Avvocato invece in famiglia si annoiava. All’amore non credeva («Dopo i 20 anni si innamorano solo le cameriere», amava ripetere) e aveva ricevuto un’educazione militare in base alla quale comanda uno solo, coadiuvato ovviamente da pochi, algidi e silenziosi professionisti. Chi aveva delle fragilità, di norma è stato lasciato a se stesso, specie se cadetto. Una concezione feudale che ora deve fare i conti con una figlia che ha impugnato le ultime volontà dei genitori. La negazione stessa del concetto di famiglia.
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