2022-08-09
Erdogan libera il suo ostaggio, l’Italia dorme
Con decisionismo diplomatico e cooperazione economica, il leader turco ha fatto scarcerare Mehmet Ali Ozturk, prigioniero per tre anni nelle carceri emiratine. Il nostro Andrea Costantino, invece, resta recluso nell’ambasciata, fra il disinteresse generale.Andrea Costantino continua la sua vita di recluso nell’ambasciata italiana di Abu Dhabi. Dopo 14 mesi di carcere duro, dopo aver perso 30 chili per la detenzione, l’imprenditore milanese è ancora in attesa di ritornare in Italia. Gli Emirati Arabi Uniti continuano a chiedere 550.000 dollari per lasciarlo partire, ma dopo che gli sono stati sequestrati i conti e aver perso il lavoro, l’unica speranza è un aiuto da parte del nostro Paese. In teoria lo sceicco di Abu Dhabi potrebbe concedergli la grazia, ma al momento non sembrano esserci vie d’uscita. Nulla si sta muovendo, mentre la politica italiana è alle prese con le prossime elezioni politiche. Eppure, paradossalmente, il prezzo politico per il rientro in Italia di Costantino sarebbe di sicuro il meno caro tra quelli pagati negli ultimi vent’anni dal nostro Paese per riportare i nostri connazionali all’estero. Dal punto di vista ufficiale nessun riscatto è stato mai versato dalle amministrazioni italiane dal 2004 a oggi per liberare gli ostaggi rapiti. Ma è un segreto di pulcinella. Lo stesso Alberto Nobili, coordinatore dell’antiterrorismo della Procura di Milano, fu chiaro dopo la liberazione di Silvia Romano: «All’estero bisogna essere realisti». Pagamenti di riscatti a parte è evidente che in questo scenario che il salvataggio di Andrea Costantino sarebbe una scelta politica internazionale lungimirante, utile dal punto di vista umano ed economico contribuendo, tra le altre cose, a riallacciare le relazioni diplomatiche-portate ai minimi termini dalle scelte scellerate del governo Conte-Di Maio con un importantissimo partner italiano nel Mediterraneo allargato. Per capirlo basta citare il precedente di Mehmet Ali Ozturk, uomo d’affari e operatore umanitario che è rimasto rinchiuso per 3 anni nelle carcere emiratine con sulla testa una condanna all’ergastolo. La storia è per certi versi molto simile a quella di Costantino. Nel febbraio del 2018 Ali Ozturk fu prelevato da uomini in borghese a bordo di Suv neri nel suo hotel di Dubai. Uomo d’affari specializzato nel commercio alimentare, è stato subito rinchiuso in carcere. E, nel dicembre 2018, un tribunale locale degli Emirati Arabi Uniti lo ha condannato all’ergastolo per aver fornito supporto materiale a un gruppo armato che combatteva il governo siriano e per aver pubblicato propaganda terroristica sui social media. La corte suprema degli Emirati Arabi Uniti ha poi confermato la sentenza nel 2019. Costantino non è mai stato condannato. Non ha mai potuto difendersi in giudizio, perché non sono mai state portate prove contro di lui in tribunale. È stato scarcerato lo scorso maggio e, rispetto a Mehmet, il suo è stato definito un caso politico, tanto che è stato rimesso in libertà in base all’articolo 228 del codice penale emiratino, che ricollega il procedimento a superiori interessi di Stato e della nazione. Mehmet è stato liberato a novembre del 2021 grazie a un intervento diretto del premier turco Recep Tayyip Erdogan. È stata una sua decisione politica per ristabilire dei nuovi rapporti diplomatici con Abu Dhabi a creare le condizioni per liberarlo. E così, dopo mesi di colloqui tra le delegazioni turca ed emiratina, Erdogan ha effettuato una visita ufficiale nel Paese nel febbraio 2022 raggiungendo diversi accordi, tra cui il rilascio di Ozturk il 29 novembre 2021 oltre a 10 miliardi di investimenti degli emiri in Turchia. Il rilascio di Ozturk è avvenuto cinque giorni dopo che il principe ereditario Mohammed Bin Zayed Al Nahyan ha fatto una visita ufficiale in Turchia il 24 novembre 2022. I rapporti tra Italia e Emirati Arabi sono a minimi termini dopo le fallimentari politiche del governo Renzi che hanno portato gli emiri a perdere centinaia di milioni di euro nelle operazioni Alitalia- Etihad e Piaggio Aerospace. Per di più proprio sulla gestione renziana sono ancora in corso processi penali e inchieste, tra cui la richiesta di risarcimento civile promossa da Alitalia perché a fronte di un’insolvenza di 900 milioni di euro a fine 2019, nel 2020 i passeggeri erano passati da 21,293 milioni a 6,314 milioni. Una perdita secca che aveva convinto Roberto Borgogno, rappresentante di parte civile dell’ex compagnia di bandiera, a fare ricorso anche contro l’archiviazione del procedimento penale. Le richieste di parte civile si potrebbero abbattere anche sull’ex presidente di Etihad, Hamed bin Zayed Al Nahyan, fratellastro di Mohammed Bin Zayed, determinante nel bilanciamento dei poteri tra i due pretendenti Mansour Bin Zayed e Hazza Bin Zayed che vorrebbero essere nominati principi ereditari mentre Mohammed Bin Zayed preferirebbe suo figlio Khaled Bin Mohammed (suo figlio). E basterebbe essere dei discreti imitatori, senza essere strateghi della politica internazionale, emulando semplicemente la reazione di Joe Biden che, accolta la sentenza su Brittney Griner, emessa in un momento di tensioni crescenti tra Washington e Mosca, ha avviato senza indugio le negoziazioni diplomatiche per riportare l’atleta americana in patria.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)