2022-09-07
Dopo la Libia, tocca ai Balcani. Per Erdogan il Mediterraneo dovrà essere un lago turco
Erdogan con il presidente serbo Alexsandar Vucic (Ansa)
Il sultano ha iniziato un tour ufficiale in Bosnia, Serbia e Croazia. Vuole espandere l’influenza di Ankara non solo in Africa. Mettendo in crisi Roma, Atene e Bruxelles.Non solo la Libia. L’iperattivismo di Recep Tayyip Erdogan nel Mediterraneo riguarda sempre più anche i Balcani. E proprio quest’area è al centro di un tour di tre giorni, iniziato ieri dal presidente turco: un tour che lo vedrà effettuare visite in Bosnia-Erzegovina, Serbia e Croazia. Secondo il Daily Sabah, della delegazione presidenziale faranno parte anche vari rappresentanti del mondo aziendale turco. In particolare, dovrebbero essere siglati vari accordi economici, soprattutto nel settore dell’energia. Nel corso degli ultimi anni, la Turchia ha progressivamente cercato di rafforzare la propria influenza sui Balcani. Una strategia che non può essere soltanto ricondotta alle mire neo-ottomane di Erdogan. Al di là delle opportunità economiche locali, il sultano punta infatti a rafforzare la propria influenza sul Mediterraneo, mettendo così sotto pressione tanto Bruxelles quanto Roma e Atene. È in tal senso che l’iperattivismo del sultano dovrà essere monitorato sotto vari punti di vista. In primis, sarà interessante capire l’evoluzione dei rapporti tra Ankara e Belgrado. Nonostante si siano consumati alcuni attriti nel recente passato, Turchia e Serbia stanno consolidando i propri legami. Lo scorso gennaio, il presidente serbo Aleksandar Vucic è stato ricevuto da Erdogan ad Ankara, mentre il leader turco punta oggi ad aumentare da due a cinque miliardi di dollari il volume degli scambi commerciali tra i due Paesi.L’aspetto interessante è che la Turchia fa parte della Nato: quella stessa Nato con cui Belgrado è arrivata ai ferri corti un mese fa, quando sembrava fosse in procinto di scoppiare un conflitto armato tra Serbia e Kosovo. Non solo. La Serbia si sta anche avvicinando notevolmente alla Russia: non ha seguito l’Occidente nelle sanzioni a Mosca e, due settimane fa, il ministro dell’interno serbo Aleksandar Vulin è stato calorosamente ricevuto a Mosca dal ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov. Vale la pena sottolineare che, al netto di alcune divergenze, Turchia e Russia hanno implementato alcuni efficaci meccanismi di cooperazione e stanno cercando di collaborare anche in Siria e in Libia. Tutto questo, senza dimenticare il rafforzamento della loro influenza sul Mali (dove potrebbero utilizzare i flussi migratori come strumento di pressione politica sull’Unione europea). In secondo luogo, la Turchia guarda ai Balcani con un occhio alla Grecia. La tensione tra i due Paesi sta significativamente salendo. Ankara accusa Atene (anch’essa un membro della Nato) di aver militarizzato le isole nell’Egeo e di aver violato le proprie acque e il proprio spazio aereo numerose volte nel corso di quest’anno.Il sultano si è anche lanciato in una retorica piuttosto aggressiva. «La Grecia non è al nostro livello, in quanto non è al nostro pari politicamente, economicamente o militarmente», ha detto, affermando anche che la Turchia potrebbe «arrivare di notte, all’improvviso». Atene, dal canto suo, ha respinto le accuse e ha spedito missive ai vertici della Nato e delle Nazioni Unite, denunciando le minacce turche. Nel frattempo, a inizio agosto, Ankara ha inviato una grande nave di perforazione nelle acque del Mediterraneo orientale. Un terzo aspetto da considerare riguarda l’Italia. L’iperattivismo di Ankara nel Mediterraneo rappresenta infatti, sempre più, un problema per il nostro Paese. Roma ha una naturale proiezione verso i Balcani: una proiezione che rischia di essere ostacolata dall’intraprendenza turca in loco. Inoltre, lo abbiamo accennato, non si arresta la presa del sultano sulla parte occidentale della Libia. A giugno, Ankara ha prolungato di 18 mesi la presenza delle proprie forze nel Paese nordafricano. Erdogan sta inoltre cercando di ritagliarsi il ruolo di grande mediatore nelle turbolenze politiche libiche. In particolare, il Daily Sabah ha riferito che il sultano ha di recente invitato ad Ankara i due premier rivali: Abdul Hamid Dbeibah e Fathi Bashagha. Non serve qui ricordare la significativa influenza della Russia, attraverso il Wagner Group, sulla parte orientale della Libia. Né i consistenti interessi che l’Italia ha in loco sul piano economico, energetico e migratorio. Quanto emerge è, tuttavia, una presenza sempre più ingombrante di Ankara nel Mediterraneo: una presenza che persegue obiettivi non troppo in linea con l’interesse del nostro Paese. Tanto più che, pur facendo parte della Nato, la Turchia continua a portare avanti una linea particolarmente morbida nei confronti della Russia. «L’Europa raccoglie quello che semina. Credo che l’Europa passerà questo inverno con seri problemi», ha detto ieri il presidente turco, criticando di fatto le sanzioni imposte dall’Occidente a Mosca. Per far fronte a questa situazione, l’Italia dovrebbe chiedere alla Casa Bianca di rilanciare urgentemente il fianco meridionale dell’Alleanza atlantica e cercare di ottenere un ruolo di leadership in questo contesto. Il problema è che, nonostante la retorica battagliera della campagna elettorale, Joe Biden si è ultimamente mostrato assai arrendevole verso Erdogan, nutrendo probabilmente l’infondata speranza di poterlo così convincere a uscire dalla sua ambiguità nei rapporti con la Russia. Sta invece accadendo esattamente il contrario. Attraverso pressioni incrociate, il sultano sta riuscendo a tenere contemporaneamente sotto scacco la Nato, Mosca e Bruxelles. La sua strategia mediterranea punta anche a questo. O l’Occidente se ne rende conto presto o il Mediterraneo rischia di trasformarsi progressivamente in un lago turco.
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