2023-04-06
Enrico Corradini: il profeta dimenticato del nazionalismo italiano
True
Enrico Corradini (Getty Images)
Un saggio appena uscito ci aiuta a riscoprire il principale teorico dell’idea nazionale in Italia, divenuto in seguito un esponente del fascismo.Fra i «maledetti toscani» che all'inizio del Novecento sconvolsero il panorama culturale italiano a suo di riviste incendiarie, Enrico Corradini ha goduto di una fortuna meno ampia e duratura rispetto ai vari Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini. Forse perché il nome dell'esponente nazionalista è più legato a un profilo squisitamente politico. E sappiamo come la parabola del nazionalismo italiano abbia incrociato a un certo punto, quella del fascismo, subendo, dopo il 1945, la medesima damnatio memoriae del Regime mussoliniano.Un libro appena uscito riporta tuttavia l'attenzione su Corradini. Si tratta de L'unità e la potenza delle nazioni, edito da Altaforte e curato da Corrado Soldato. Partiamo però dall’autore che, come dicevamo, è oggi sostanzialmente un illustre sconosciuto. Enrico Corradini nasce il 20 luglio 1865 a Samminiatello, si Montelupo Fiorentino. Laureato in Lettere nel 1888, dal 1897 dirige la rivista Il Marzocco, poi, nel novembre 1903, fonda con Giovanni Papini, Vilfredo Pareto e Giuseppe Prezzolini la rivista Il Regno. Nel 1910 organizza il Congresso nazionalista di Firenze, dal quale scaturisce Associazione nazionalista italiana, di cui fu segretario fino al 1914. Acceso interventista, dopo la guerra sostenne l'impresa di Fiume e auspicò poi la fusione tra l'Associazione nazionalista e il Partito nazionale fascista, che effettivamente avvenne nel 1921. Fu nominato senatore dal re Vittorio Emanuele III il 1º marzo 1923. Fu membro del Gran Consiglio del Fascismo dal gennaio 1925 al dicembre 1929. Morì a Roma il 10 dicembre del 1931.Come ha scritto Gennaro Malgieri, nella sua prefazione a Il nazionalismo italiano, opera corradiniana ristampata nel 2020 da Historica, «Enrico Corradini occupa un posto di rilievo nella storia del pensiero del Novecento, e non soltanto come “creatore” o “ispiratore” del movimento nazionalista, ma anche – e soprattutto – come intellettuale, di formazione letteraria, che comprese prima di molti altri che il superamento della “questione sociale” poteva, e doveva, avvenire soltanto nell’ambito della “conquista” dell’idea di nazione da parte del proletariato».Nell’introduzione a L'unità e la potenza delle nazioni, Soldato, dopo aver ricordato il forte tratto nietzscheano che si respira nelle tesi corradiniane, spiega anche che il pensatore toscano ebbe un rapporto tutt’altro che banale con il marxismo. Infatti, «nel nazionalismo corradiniano, lo spostamento del confronto dal piano delle classi a quello delle nazioni significava trasporre la dialettica marxiana tra sfruttati e sfruttatori, che era essenzialmente economica, nell’agone geopolitico, dove essa si configurava come lotta contro lo “sfruttamento di classe composto”; e assumeva inoltre le fattezze dello scontro imperialistico per la conquista di un “posto al sole” tra le “nazioni proletarie” affamate di terre e di risorse, quali l’Italia, e quelle “plutocratiche” e appagate, come l’Inghilterra e la Francia. Il socialismo dunque non era solo “avversario”, ma anche “maestro” del nazionalismo giacché, se al socialismo andava riconosciuto il merito di avere risvegliato nei proletari la coscienza di sé come classe (in senso marxiano) destinale, così il nazionalismo, proponendosi quale “socialismo nazionale”, doveva fare lo stesso nei riguardi della nazione: e cioè “insegnare all’Italia il valore della lotta [di classe] internazionale”».Come detto, la parabola di Corradini e di tutto il nazionalismo italiano finì per coincidere con quella del fascismo. Col quale non furono sempre rosa e fiori. Già da socialista, Mussolini aveva ironizzato sul «tartarinesco nazionalismo italiano», un «morbus sacer» «dei poeti, dei novellieri, dei dandys, dei lenoni, dei Muffisti [...] sorto in Italia come una caricatura del nazionalismo francese. Il suo terreno è la farsa, anzi la pochade». Più tardi, non mancarono anche momenti di scontro tra le camicie nere fasciste e le camicie azzurre nazionaliste. Giovanni Gentile, dal canto suo, criticò il concetto di nazione di Corradini in quanto «naturalistico», opponendo un concetto dinamico, spiritualista, attualista di nazione. Il fascismo, del resto, proiettò sempre la nazione al di là da sé, verso unità territoriali più grandi, arrivando infine a pensarsi su un piano imperiale e/o europeo. Non contro la nazione o il nazionalismo. Ma certamente oltre di essi.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)