2019-10-27
Enrichetta, Giuseppa e le altre. Le donne che fecero la rivoluzione
La partenza dei coscritti del 1886 di Gerolamo Induno
Protagoniste del nostro Risorgimento, troppe volte misconosciute. Da Enrichetta Caracciolo, nobile napoletana costretta a farsi suora prima di tornare alla vita civile, alla popolana catanese che faceva la cannoniera.Benché sia più noto per i suoi protagonisti maschili, il Risorgimento italiano è caratterizzato dalla partecipazione delle donne, di tutti i ceti sociali. Alla storia, però, sono passate soprattutto alcune aristocratiche del Nord Italia. Non si può dimenticare, invece, che nel Centro - con la repubblica romana - e nel Sud del Paese, c'è stata un'entusiasta e capillare adesione ai moti e alla guerre d'indipendenza.Al momento dell'Unità, il Regno delle due Sicilie versa in una situazione socioeconomica arretrata, pur con delle sacche culturalmente più avanzate. Il latifondo, che domina l'economia, è nelle mani di un'esigua minoranza, composta da clero, nobiltà ed emergente borghesia. I contadini non sono proprietari terrieri e non ricevono salari sufficienti a garantire il loro sostentamento. Le classi privilegiate, invece, vivono nel lusso e raramente lavorano (la situazione è ancora quella dell'Ancien régime). Libri straordinari come Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e I Viceré di Federico De Roberto illustrano efficacemente la posizione delle grandi famiglie, che vivono di rendita ma sono destinate a essere sorpassate dall'avvento di una nuova e rapace borghesia.Prima di giungere al momento unitario, tuttavia, molte battaglie sono state combattute, molto sangue è stato sparso. Donne di diverse appartenenze sociali hanno aderito con passione e fervore al difficile cammino verso di esso.Fra le figure con una storia appassionante e sofferta, c'è innanzitutto la napoletana Enrichetta Caracciolo. Costei nasce a Napoli nel 1821 da una famiglia nobile ed è la quarta di cinque sorelle. La morte del padre Fabio, ufficiale dell'esercito napoletano, modifica l'idilliaca situazione familiare. La madre, infatti, si risposa poco dopo: riesce a trovare marito a tre delle figlie, e chiude Enrichetta nel chiostro di San Gregorio Armeno, dove la ragazza inizia il noviziato, contro la sua volontà. Poi viene costretta a prendere i voti a 21 anni e divenire suora di clausura. Il codice albertino, infatti, consente ai genitori di monacare le figlie.Enrichetta è una ragazza vitale, colta, appassionata della lettura e soffre molto la vita chiusa, retriva e meschina che le viene imposta nel convento. A rendere le cose ancor più difficili, l'arcivescovo di Napoli, Riario Sforza, le è nemico, anche perché la giovane suora è stata bollata come «garibaldina». Si è infatti portata in convento molti libri, fra cui quelli di Niccolò Machiavelli e Francesco Guicciardini, nonché giornali e gazzette che le servono per tenersi al corrente. Il risultato è che viene definita «eretica, settaria e rivoluzionaria».Ammalatasi di malattie di origine nervosa, Enrichetta vuole abbandonare il chiostro e scrive lettere su lettere al Papa, scongiurandolo di aiutarla. Le ingerenze dell'arcivescovo Riario, però, vanificano i suoi sforzi. Costui le fa togliere l'assegno, costituito dai frutti della sua dote da suora, e la obbliga a vivere della carità dei parenti; poi la fa imprigionare nel ritiro di Mondragone. La sventurata tenta il suicidio e rimane un anno in isolamento. A quel punto, il mondo ecclesiastico entra in subbuglio e la ragazza viene tolta dal ritiro, per essere curata a Napoli. Lei approfitta dell'occasione e fa perdere le sue tracce, benché la polizia borbonica cerchi in ogni modo di ritrovarla, perché la considera una pericolosa cospiratrice.Mentre si consuma questo dramma, Giuseppe Garibaldi si sta spostando dalla Sicilia - in cui era giunto mesi prima a capo della celeberrima spedizione dei Mille, partita da Quarto nella notte fra il 5 e il 6 maggio 1860 - a Napoli, dove arriva il 7 settembre 1860. Alla sua presenza, viene celebrata la messa in Duomo. Enrichetta, che è lì per salutarlo, si toglie il velo e lo getta sull'altare, con un gesto di legittima ribellione. Finalmente libera, torna alla vita civile, si innamora di una patriota garibaldino e lo sposa. Durante il periodo in clausura, la ragazza aveva redatto le sue Memorie, intitolate Misteri del Chiostro Napoletano, che vengono pubblicate a Firenze nel 1864 e poi tradotte in inglese. Nelle Memorie, Enrichetta prende spunto dalla sua drammatica esperienza per raccontare scorci di vita claustrale e, più in generale, del dominio borbonico nel Sud Italia. Il fosco quadro delineato le procura la scomunica da parte della Chiesa, ma il libro ha enorme successo in Italia e negli altri Paesi dove viene tradotto. Lo leggono Alessandro Manzoni (che trova punti di similitudine con la vicenda della Monaca di Monza), il principe di Galles, Aleardo Aleardi. Francesco De Sanctis scriverà: «Io non oblio facilmente persone come lei, di tanta cultura e patriottismo». La Caracciolo, considerata fondatrice della massoneria femminile a Napoli insieme alla sorella, è una «risorgimentalista» e una femminista ante litteram, e sostiene che i diritti dell'Italia e quelli della donna debbano andare di pari passo, per cui continua a scrivere articoli e libri per tutta la vita. Morirà in solitudine nel 1901 a Napoli.Sempre a Napoli, si è distinta Antonietta de Pace, che appartiene a una ricca famiglia di banchieri, illuminata e antiborbonica. Antonietta - nata a Gallipoli nel 1818 - è una mazziniana convinta ed è entrata a far parte della Giovine Italia. Ha quindi fondato un circolo di donne della buona borghesia, i cui parenti sono rinchiusi nelle carceri borboniche. Partecipa attivamente alle celebri barricate di Via Toledo del 1848, travestendosi da uomo. Accusata di cospirazione, viene arrestata e rinchiusa in diverse prigioni. Liberata nel 1859, abbraccia con ancor maggior forza la causa garibaldina, rischiando di farsi arrestare di nuovo. Quando l'eroe dei due mondi entra in città, lei è al suo fianco insieme a Emma Ferretti. L'avvenuta unificazione la spinge a continuare la lotta per i diritti delle donne, in particolare il diritto all'istruzione. Antonietta si batte inoltre per portare la capitale d'Italia a Roma. Dopo Porta Pia, si dedica alla promozione dell'istruzione femminile ed è nominata Presidente dell'Ispettorato scolastico. Morirà nel 1893.Se Enrichetta e Antonietta, con tutte le loro traversie, appartengono comunque a un ceto sociale elevato, hanno studiato e grazie alla forza di carattere hanno trovato il modo di ribellarsi e uscire dalla soggezione in cui versavano, ci sono state donne della fascia più povera, che hanno legato il loro destino alla causa, senza riuscire a emanciparsi.Fra queste, c'è Peppa la cannoniera. Dovrebbe chiamarsi Giuseppa Bolognara o Calcagno, ma non è certo. Anche la data di nascita non è sicura, potrebbe essere il 1826, tuttavia secondo alcuni è di molto successiva. Peppa - bambina illegittima che ha trascorso l'infanzia in orfanotrofio - passa alla storia perché a Catania, durante l'insurrezione antiborbonica del 31 maggio 1860, dà prova di grande valore, mettendo in fuga i nemici. Riesce infatti a recuperare un cannone, lasciato incustodito dai nemici, lo trasporta con un lazo e poi se ne serve per fare fuoco contro le truppe borboniche. Purtroppo, la battaglia non viene vinta dai rivoltosi. Comunque, è così importante che Peppa diventa un'eroina. Dopo Catania, si reca a Siracusa: si traveste da uomo, si infila in mezzo ai popolani e combatte. Continuerà a indossare panni maschili anche successivamente. Dopo l'unità, riceve una medaglia d'argento al valor militare e una misera somma di denaro. Passati questi fatti, chiusasi la parentesi eroica, di lei non si hanno più notizie; nondimeno resta un personaggio davvero particolare nel pur ricco panorama di figure femminili del tempo.Rimanendo nell'ambito delle battaglie e dei moti nel Sud, bisogna infine menzionare due donne che hanno partecipato attivamente al Risorgimento e alla spedizione dei Mille. Sono originarie del Nord, ma hanno compiuto le loro gesta nel Meridione. Una, Rosalie Montmasson, nasce in Savoia nel 1823, è amica di Giuseppe Garibaldi, sposa Francesco Crispi, da cui poi si separa. È l'unica donna che partecipa a tutta la spedizione dei Mille, anche se altre prendono parte alle distinte fasi. C'è, inoltre, Antonia Masanello, che nasce vicino Padova nel 1833. Lei e il marito si imbarcano per Marsala e raggiungono Garibaldi a Palermo, dopo la battaglia di Calatafimi. Pur di farsi arruolare, Antonia si finge uomo e indossa i panni del cognato, di cui prende anche i documenti. Viene reclutata nella Brigata Sacchi e partecipa all'impresa in Sicilia, per poi avere una vita tumultuosa.Queste sono solo alcune delle protagoniste del nostro Risorgimento, troppe volte misconosciute. Nello scenario denso di aspettative, fermenti e idee che caratterizza l'Italia del tempo, invece, non si devono mai dimenticare tutte quelle donne che, con il loro agire eroico, hanno contribuito alla costruzione di questo Paese.
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