2023-06-24
Eni e Var acquisiscono Neptune. Descalzi: «Operazione top dal 2008»
La società opera nell’esplorazione e produzione prevalentemente di gas e attività in aree geografiche chiave. L’ad del Cane a sei zampe: «Un affare da 5 miliardi di dollari interessante anche dal punto di vista economico».«La più importante operazione degli ultimi 15 anni». Così l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi ha descritto alla Verità l’acquisizione di Neptune energy group limited, società indipendente che opera nell’esplorazione e produzione, con un portafoglio globale di asset prevalentemente a gas e attività in Europa occidentale, Nord Africa, Indonesia e Australia.«Questa acquisizione si integra con il nostro piano strategico che è finalizzato a garantire contemporaneamente la sicurezza energetica e la transizione verso fonti più sostenibili», ha spiegato Descalzi alla Verità. «Questa operazione va proprio in quest’ottica, soprattutto grazie anche all’importante portafoglio gas di Neptunes. Inoltre, il deal rinforza il ruolo di Eni nel mercato europeo con una fornitura complessiva di circa quattro miliardi di metri cubi aggiuntivi per l’Europa. Aumenta anche la nostra capacità di produzione di gas liquefatto e ci permette di entrare in Norvegia dove non eravamo presenti con un volume di circa un milione di tonnellate. Neptune è poi presente in tutti i Paesi importanti per Eni come Regno Unito, Norvegia, Algeria, Egitto, Australia. Ci sono poi 500 milioni di dollari di sinergie già definite con ulteriori che sono soprattutto di natura industriale e fiscale e che potrebbero raddoppiare questa cifra», ricorda l’ad di Eni.Neptune è stata fondata nel 2015 da Sam Laidlaw e attualmente è controllata da China investment corporation, da fondi gestiti da Carlyle group e Cvc capital partners e da alcuni manager della società. Il gruppo di San Donato Milanese acquisirà l’intero portafoglio di Neptune con esclusione delle attività in Germania e in Norvegia. Le attività in Germania saranno scorporate dal perimetro prima dell’operazione, mentre le attività in Norvegia saranno acquisite da Var, società quotata alla Borsa di Oslo e detenuta al 63% da Eni. L’acquisizione da parte di Var si perfezionerà immediatamente prima dell’operazione realizzata da Eni, e i proventi derivanti dalla vendita del Neptune Norway business rimarranno nel Neptune global business, rilevato da Eni. Neptune global business avrà un enterprise value (il valore della società) pari a 2,6 miliardi di dollari, mentre Neptune Norway business avrà un enterprise value di circa 2,3 miliardi. «L’intero prezzo per l’operazione è di 4,9 miliardi di dollari, di cui 2,6 miliardi (2,1 di cash e 500 di debito) e il rimanente pagato da Var», spiega Descalzi alla Verità. «Si tratta di una operazione interessante anche dal punto di vista economico perché abbiamo acquisito circa 484 milioni di barili, di cui il 75-80% con un prezzo molto competitivo di 10,1 dollari al barile. Basti pensare che la media delle transazioni fatte sul mercato non da noi va dai 16 ai 20 dollari al barile e le produzioni totali cubano circa 130 .000 barili olio equivalente», puntualizza. L’operazione rappresenta un’opportunità eccezionale per Eni, permettendo al cane a sei zampe di integrare le proprie attività in aree geografiche chiave, di sostenere l’obiettivo del 60% di produzione di gas naturale e di raggiungere un livello di zero emissioni nel business Upstream entro il 2030. «Sotto il profilo finanziario, il flusso di cassa di Neptune è di circa 800 milioni di dollari l’anno, il risultato ante imposte è di circa 700 milioni e il free cash flow è di circa 500 milioni di dollari; quindi, si tratta di qualcosa che consolida ancora di più la situazione già buona di Eni dal punto di vista economico e offre ancora maggiore certezza alla nostra politica di distribuzione dei dividendi e ai nostri azionisti», spiega l’ad. In più, «Neptune è una società molto efficiente con un livello di intensità emissiva molto basso, sono sei chili di CO2 emessi per barile prodotto. Eni che è già bassa è sotto i 20, per capirci. Quindi, questo porta anche una riduzione delle nostre emissioni come gruppo. Senza considerare il prestigio di una società italiana che fa acquisizioni in Europa, soprattutto in un mercato, quello del gas, molto richiesto per via della mancanza di materia prima in arrivo dalla Russia».Il cane a sei zampe, insomma, mette a segno un colpo importante: Neptune nel 2022 ha prodotto 44.000 barili equivalenti di petrolio nel Regno Unito, valore che si unisce ai 18.000 dei Paesi Bassi e ai circa 95.000 prodotti in Algeria. 346.000 sono invece quelli prodotti in Egitto. In Indonesia la produzione è stata di 62.000 barili e in Norvegia di altri 220.000 attraverso la controllata Var. Eni considera inoltre potenziali sviluppi di Neptune nell’ambito dei progetti di cattura e stoccaggio della CO2 in Olanda, Regno Unito e in Norvegia e progetti di idrogeno. Infine, Eni stima che l’operazione aggiungerà al proprio portafoglio oltre 100.000 barili al giorno di produzione a basse emissioni nel periodo 2024-2026, di cui oltre il 70% sarà costituito da gas naturale (rispetto alla quota del 53% raggiunta da Eni nel 2022), di cui la quasi totalità in grado di rifornire i mercati Ocse tramite gasdotto o gas naturale liquefatto.