
Il giro d'affari delle società quotate si attesta a 366 miliardi. Rispetto al decennio scorso, a vincere per volumi e per redditività sono le utility e le imprese che si occupano di servizi. Italgas raddoppia: ora vale 5 miliardi.Ricavi e utili in crescita, e un valore di Borsa che segue questo andamento positivo: i numeri di Italgas confermano il trend che negli ultimi anni si è delineato nel panorama dell'industria italiana, con le aziende di servizi e le utility che mettono a segno le migliori performance, specie in termini di marginalità.Nei primi sei mesi dell'anno Italgas ha realizzato ricavi per 609,4 milioni di euro, in crescita del 2,3%, mentre l'utile operativo è salito dell'8,3% a 241,6 milioni e l'utile netto del 10,3% a 166,2 milioni. Per l'amministratore delegato Paolo Gallo «tutti i principali indicatori economici sono in aumento rispetto allo scorso anno e in linea con gli obiettivi del piano industriale». Andamento positivo anche per la capitalizzazione di mercato di Italgas, che ora vale in Borsa 5 miliardi di euro, contro i 3,8 del ritorno a piazza Affari nel novembre 2016. L'ad ha ricordato che «il titolo Italgas ha superato la soglia dei 6 euro», fattore che «testimonia l'apprezzamento del mercato per la determinazione con cui continuiamo a coniugare crescita ed efficienza». Non è mancato un cenno agli investimenti, saliti del 39,4% a 317,7 milioni e destinati «in gran parte allo sviluppo e alla gestione della rete, con un importante focus sulla realizzazione delle reti di distribuzione in Sardegna, dove abbiamo già posato oltre 200 chilometri di nuove condotte e generato oltre 600 posti di lavoro nell'indotto», ha spiegato Gallo. In più, Italgas punta molto sulla «trasformazione digitale dell'azienda, che prosegue a ritmi serrati su tutti i fronti indicati nel piano strategico. Oltre 450 nuove reti digitali saranno completate nel 2019», ha detto l'ad, «e abbiamo quasi raggiunto il 70% di smart meter (contatori digitali, ndr) installati». Allargando il quadro, tra i gruppi italiani quotati i monopolisti delle reti e le utility anche nel 2018 hanno realizzato margini «irraggiungibili» per le altre società. Il dato è emerso dall'annuario R&S di Mediobanca sulla grande industria italiana, che ha preso in esame 42 realtà. Rispetto al fatturato, l'ebit margin (indicatore di redditività che mette a confronto con i ricavi il profitto operativo al netto degli interessi sul capitale, svalutazioni e tasse, ndr) è stato pari al 55% per Snam e al 51,4% per Terna, quando la media italiana è dell'11,3%. Seguono Italgas (40,3%) e Recordati (33%), mentre Edizione holding si è attestata al 22%, con Atlantia - la società che controlla Autostrade per l'Italia - al 43%. Telecom Italia (Tim) si è posizionata al 17,5%, ma ha comunque numeri altissimi sulla sola rete. Nel 2018, in generale, la redditività industriale dei gruppi pubblici ha superato quella dei gruppi privati (ebit margin al 13,5% contro il 10,8%) soprattutto per l'impatto del comparto energetico (14%). La manifattura privata (11,2%) è, di contro, più redditizia della pubblica (4,7%), con Recordati, Diasorin e Moncler sul podio. Per quanto riguarda gli utili, nel periodo 2014-2018 le grandi società quotate oggetto dello studio ne hanno realizzati per un totale di oltre 46 miliardi, di cui quasi un terzo in capo alla sola Enel. Completano il podio Snam e Poste Italiane, mentre bisogna attendere il settimo posto per trovare il primo gruppo manifatturiero, Leonardo, seguito da Prada. Il totale dei dividendi distribuiti dalle 42 big italiane tra il 2014 e il 2018 è di quasi 57 miliardi, di cui oltre la metà incassati dai soci di Eni (16,3 miliardi) ed Enel (13,7 miliardi). La fetta maggiore spetta allo Stato italiano che ha incassato 11,2 miliardi di euro, oltre il doppio di quanto riscosso dalle famiglie che controllano i gruppi privati (4,7 miliardi), mentre ai Comuni sono andati 1,2 miliardi.Nel 2018 il giro d'affari dei 42 gruppi quotati ha raggiunto i 366 miliardi di euro, +3,3% sul 2017. Il dato, pur positivo, segna un rallentamento, visto che l'anno prima la crescita era stata del 6,6%. Fondamentali le esportazioni (+6%), mentre è sempre debole la domanda interna (+0,2%). Anche a livello di ricavi il settore energetico fa la parte del leone, con oltre la metà (il 52,8%) del fatturato complessivo (+7,5%) mentre la manifattura, che genera il 26,8% del giro d'affari totale, cresce del 2,6%). La regina della classifica è Eni, tornata in vetta, con 75,8 miliardi di ricavi, dopo quattro anni di dominio Enel (73,1 miliardi). I due gruppi da soli determinano il 41% del fatturato aggregato, seguiti da Fca Italy (27,2 miliardi) e Poste Italiane (25,6 miliardi). Nel 2018 hanno fatto segnare un aumento dei ricavi a doppia cifra Saras (+35,9%), Moncler (+18,9%), Eni (+13,3%, unico gruppo pubblico fra i primi tre), Interpump (+11,6%) e Iren (+10%, prima local utility).
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.






