2025-06-14
Da Emiliano quasi 1 milione per spingere le donne a congelare i loro ovuli
Michele Emiliano (Imagoeconomica)
La sanità pugliese è allo sbando, ma la Regione finanzia la procreazione assistita. Pro vita denuncia: «Pressioni indebite sulle giovani: la pratica non è sicura».Da qualche anno lo Regione Piemonte, tramite il progetto Vita nascente, prova a fornire un sostegno a donne in difficoltà che potrebbero scegliere di abortire per motivi economici, affinché sia loro garantito il diritto di essere madri. Ogni volta che per questo fine vengono stanziate nuove risorse, sinistra e media progressisti si infuriano: sostenere le nascite è roba da retrogradi, da bigotti patriarcali. Per essere al passo con i tempi servono misure più ambiziose e futuribili, idee innovative e cool. Ad esempio quella fenomenale appena escogitata dalla Puglia: un contributo pubblico per il congelamento degli ovuli. Come risulta dai documenti ufficiali, la Regione guidata da Michele Emiliano «nell’ambito delle politiche di tutela del diritto alla genitorialità e della procreazione - diritti costituzionalmente garantiti - nonché in risposta alla crescente esigenza di contrastare il calo demografico, ha disciplinato, con apposita normativa, le modalità di accesso alle tecniche di preservazione della fertilità per fini sociali (socialfreezing)».Ecco che cosa serve per essere al passo con i tempi: il social freezing! Di che si tratta? Presto detto: «È una tecnica che consente alle donne di congelare i propri ovuli, quando la loro qualità è ottimale, per preservare la fertilità in futuro e programmare una gravidanza in età più avanzata, in presenza di determinate condizioni mediche, garantendosi una maggiore probabilità di riuscita nel caso in cui, con il passare del tempo, insorgessero difficoltà di concepimento imputabili ad una fisiologica riduzione della fertilità». In totale la Regione ha stanziato 900.000 euro, da destinare a donne fra i 27 e i 37 anni con Isee pari o inferiore a 30.000 euro. Costoro potranno dunque congelare gli ovuli nei centri di procreazione medicalmente assistita e lasciarli in custodia per quando decideranno di diventare madri. A sinistra sono orgogliosissimi del progetto: «La Regione è la prima in Italia ad aver investito sulla libertà riproduttive delle donne», scrive trionfante Repubblica. «La misura è stata fortemente voluta dal consigliere regionale Stefano Lacatena e dal consigliere al Welfare della Regione Puglia, Ruggiero Mennea. In questo modo, infatti, la genitorialità si trasforma in diritto da tutelare, e non più come un traguardo da rincorrere». In questo modo, dicono i sinceri democratici, si sostiene «la libertà riproduttiva, troppo spesso condizionata da situazioni sociali, economiche o lavorative che non coincidono con i tempi biologici». Il piddino Mennea sostiene che lo scopo sia «semplice ma rivoluzionario: rimettere al centro la libertà di scelta delle donne, offrendo strumenti concreti per programmare con consapevolezza il proprio progetto di vita. Non possiamo più accettare che la maternità sia un privilegio o una corsa contro il tempo». Il suo collega Lacatena è ancora più convinto: «L’età in cui oggi si pensa a un figlio è più avanzata a causa delle condizioni socio-economiche e questo determina il crollo delle nascite, che mina il futuro di tutti noi», dice a Repubblica. «Parlando con donne che sognavano la maternità, in molte mi hanno rappresentato la volontà di effettuare la crioconservazione, ma allo stesso tempo non hanno nascosto la frustrazione e il dolore di non poter percorrere questa strada per ragioni economiche. Mi auguro che questo intervento possa dare prova della capacità della politica di essere vicina alle persone».È davvero suggestivo il modo in cui la crioconservazione viene presentata: un grande passo avanti verso l’equità, un provvedimento di potente impatto sociale. A insospettire i cittadini dovrebbe bastare il fatto che il congelamento degli ovuli, ormai da qualche anno, viene offerto come benefit aziendale da alcune multinazionali, in particolare quelle della Silicon Valley. La ragione è fin troppo chiara: invece di consentire alle donne di avere figli in età ancora giovane, cioè nel momento più adatto e meno rischioso, conviene offrire loro un incentivo a rimandare la maternità. Meglio che lavorino al massimo finché sono in forze, meglio spremerle finché si può, facendo in modo che non abbiano tra i piedi la prole, fastidioso fardello. A tale riguardo dice bene Maria Rachele Ruiu di Pro vita e famiglia: «Questo finanziamento non solo rappresenta una pressione indebita sulle giovani donne, ma le spinge verso una pratica che è tutt’altro che salutare e statisticamente fallimentare. Dietro le belle parole come autodeterminazione riproduttiva, e altri slogan simili, le giovani donne vengono spinte a una pratica, cioè la crioconservazione degli ovuli, che comporta rischi significativi troppo spesso taciuti per la loro salute, per la stimolazione ovarica e l’intervento chirurgico per il prelievo degli ovociti, e che non è in grado di assicurare una gravidanza futura, visto che la percentuale di successo già molto bassa cala con l’età». Il progetto pugliese, dunque, ha ben poco di social. Sicuramente sarà apprezzato dai centri privati per la procreazione assistita, presso cui potrà essere speso il contributo pubblico. E probabilmente risulterà molto gradito anche alle aziende che potranno contare sul contributo delle dipendenti, evitando che queste rimangano incinte e si distraggano dal lavoro. Per la maternità e le relazioni impegnative avranno tempo in seguito, dopo aver fatto carriera. Il pensiero di costruirsi una famiglia, dopo tutto, è un fastidioso retaggio del passato. Perché mai si dovrebbero dare soldi alle madri e ai padri o si dovrebbero adattare gli orari d’ufficio quando si può finanziare il congelamento e vivere sereni?