2025-05-06
L’Emilia alza il ticket sui medicinali. Stangata per 3 milioni di persone
Michele De Pascale (Ansa)
Rincaro di 2,2 euro a confezione per i farmaci mutuabili in classe A: antibiotici, gastroprotettori, cortisone e antidepressivi. Ma il governatore tenta di scaricare la colpa sull’esecutivo. Chiusi pure punti nascita.Parlava di «battaglia per salvaguardare la salute, la prevenzione e l’accesso alle cure di tutti i cittadini, senza differenza sociale o di censo», l’allora governatore dell’Emilia-Romagna e oggi europarlamentare Pd, Stefano Bonaccini. «Abbiamo bisogno di più sanità pubblica», insisteva. Era il novembre del 2023, ma dopo poco più di due anni la Regione rossa amministrata da Michele de Pascale ha dato il via alla riforma dei ticket sanitari con maggiorazione di 2,2 euro a confezione per i medicinali di classe A, quelli mutuabili. Decisione che segue il varo della manovra regionale con l’aumento dell’addizionale Irpef, dell’Irap e del bollo auto. Sono i farmaci essenziali e per le malattie croniche, il cui costo è a carico dello Stato. La Regione rossa fa pagare un sovrappiù per medicinali rivolti al trattamento di gravi patologie. Ci sono fasce esentate: i pazienti oncologici (200.000), le persone con patologie croniche o rare (373.000), gli invalidi, i disoccupati e chi si trova in condizioni di disagio economico (766.000), ma la «misura di compartecipazione della spesa pubblica» viene imposta, comunque, a circa 3 milioni di persone. Spiegavano il presidente della Regione De Pascale e l’assessore alle Politiche per la salute, Massimo Fabi annunciando il provvedimento deliberato il 24 marzo, che si tratta di «una decisione definita anche a seguito di un positivo confronto con le organizzazioni sindacali, volta a continuare a garantire la qualità e la sostenibilità economica del servizio sanitario regionale, messo a dura prova dal sottofinanziamento statale». Risulta difficile credere che saranno tutelati i cittadini che hanno bisogno dell’antibiotico e del cortisone, sempre più prescritti dai medici di base soprattutto per patologie diffuse come tonsilliti, bronchiti, otiti. «Quasi quattro persone su dieci hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici, con livelli d’uso più elevati nei bambini fino a 4 anni di età e nelle persone con più di 75 anni. Le associazioni di penicilline, quasi interamente rappresentate da amoxicillina/acido clavulanico, rimangono la categoria di antibiotici a maggior prescrizione», si leggeva nell’ultimo rapporto dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) riferito al 2023. Per non parlare degli inibitori della pompa protonica (Ipp), noti anche come gastroprotettori, perché oltre a essere utilizzati per l’ulcera peptica e la malattia da reflusso gastro-esofageo vengono dati in associazione agli antibiotici. «L’Italia è il primo Paese europeo nella classifica dei consumi» di questi medicinali», informava a marzo spiega il direttore tecnico scientifico di Aifa, Pierluigi Russo. Ci saranno dunque centinaia di migliaia di abitanti dell’Emilia-Romagna costretti a pagare di più per curarsi. Oltre a sborsare 2,20 euro per prescrizione di antibiotico e altrettanti per l’antiacido (in fascia A con nota Aifa), bisogna considerare l’alto numero di persone che fanno uso di antipertensivi, pur non avendo il riconoscimento dell’ipertensione come patologia cronica da parte di uno specialista. Stesso discorso vale per chi prende statine, ci suggerisce un medico di base. Possono essere prescritte per tenere sotto controllo il colesterolo, senza che sia una ipercolesterolemia a far scattare l’esenzione. Sempre in fascia A, quindi con maggiorazione del ticket, sono alcuni farmaci antidepressivi richiesti da quanti soffrono di questa malattia, non necessariamente persistente. E non dimentichiamo i soggetti ad allergie stagionali, costretti a farsi prescrivere antistaminici. L’elenco è lungo.«La manovra dei ticket sui farmaci è una tegola a ciel sereno», commenta Fabio Brinati, medico di medicina generale, responsabile regionale del dipartimento sanità di Fdi. «Non mi sembra giusto asserire che in campo sanitario possa essere giusto fare qualche sacrificio in più, quando la qualità non viene data. Vengono spesi male i soldi che già ci hanno già prelevato con le tasse, poi sono stati eseguiti tagli su tagli per recuperare altri soldi, ma non bastano. Allora si va a colpire il paziente malato che non si può non curare. Attenzione, però, perché ci sono molti cittadini che hanno comunque difficoltà a curarsi già adesso», aggiunge il dottore, consigliere comunale a Bologna di Fratelli d’Italia.«Ormai in Emilia-Romagna sta divenendo vietato ammalarsi. Il ricarico dei ticket dei medicinali in fascia A disposto dall’amministrazione di sinistra rappresenta il fallimento delle politiche sanitarie del Pd», tuona Matteo Di Benedetto, capogruppo della Lega in Consiglio comunale nel capoluogo di Regione. «Durante la campagna elettorale hanno continuato a sostenere che il sistema sanitario funzionava perfettamente, che non c’erano buchi in bilancio. Ormai sappiamo tutti che non è più così».Intanto, la Regione chiude i punti nascita di Guastalla e Scandiano (entrambi in provincia di Reggio Emilia), assieme ad altri che erano stati convertiti in reparti Covid. «I punti nascita sotto i 500 parti non sono sicuri», ha dichiarato De Pascale. Smentiscono le parole del governatore 15 sindaci del Mantovano di diverso orientamento politico e l’Unione Bassa Reggiana: «Nel 2024, nel solo distretto di Guastalla vi sono stati 513 nati, che diventano 1.696 se si considera il bacino di popolazione nel raggio di 30 minuti». I presupposti tecnici ci sono.Nel 2021 Bonaccini aveva ammesso che la chiusura dei punti nascita in montagna era stata un «errore» e promesso la loro riapertura. Mai avvenuta. Ma tant’è, la sinistra sembra più interessata a garantire i diritti all’aborto che alla vita. E il Patto per la salute promesso in campagna elettorale sta tradendo le aspettative dei cittadini.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)