2023-05-12
Elogio della vita dei pendolari che han fatto il miracolo economico
I vagoni «del sonno» erano un simbolo che ha ispirato autori come Giovanni Testori e Luciano Bianciardi.Il Pirellone è sempre lì. Fa ombra ai treni nella città che sale inventata da Umberto Boccioni. Quando chiesero a Giò Ponti perché l’avesse progettato in quello spazio davanti alla Stazione centrale, rispose così: «Volevo che fosse il buongiorno ai pendolari che ogni mattina arrivano a fare la fortuna di Milano». Erano gli anni Sessanta, qualche ventenne avrà sentito parlare del miracolo economico. Ecco, l’hanno realizzato loro, gli «albisti» che si svegliavano quando il sole doveva ancora spuntare e lasciavano le valli bergamasche, le finestre sul Resegone, la Brianza velenosa, le colline varesine dei cotonifici per venire con il sonno addosso a studiare, imparare, poi lavorare di lima o di penna. E cercare in questa babele di sacrifici e di opportunità il pulsante dell’ascensore sociale.Avevano in tasca il giornale, sulle labbra la chiacchiera serena o il silenzio d’ordinanza, nella borsa il pranzo riscaldato con la schiscetta (tornata di moda con i prezzi dei finger food) per tirare pomeriggio senza borbottii gastrici. Lezioni, esami in aula magna, fabbrica o ufficio, ma anche diritti, manifestazioni. A testa alta. Poi alle cinque di pomeriggio riprendevano il tram o la metro, tornavano in Centrale e si rimettevano in carrozza - seconda classe con scaldino che arroventava il sedile - per tornare dal «cielo di palta» milanese al buio della sera in provincia. Stanchi ma determinati, consapevoli della missione sociale di costruire una città, un Paese, una famiglia con i valori caldi di sempre. Fino alla prossima alba. L’avrete capito, è l’elogio del pendolare che mai avrebbe immaginato di dormire in una canadese davanti a un’università per trasformare un capriccio nel problema del caro affitti, che a Milano c’è sempre stato. Fra gli studenti che contestano strizzando l’occhio al Pd dei desideri ci sono anche ragazzi di Bergamo (un’ora scarsa di treno), di Como (50 minuti e sei al lago), di Seregno (30 minuti facili) che non vogliono tornare a casa per non rinunciare all’apericena fashion. Se chi arriva a studiare da lontano può vantare qualche diritto al quale il portafoglio dei genitori può provvedere, i lombardi all’ultima crociata sembrano marziani inconsapevoli, un manipolo di sdraiati che prima di alzare la voce dovrebbe chiedere in famiglia qualcosa sul passato.Per loro ecco due autori che raccontarono l’epopea del pendolarismo milanese, un’ondata che si rinnova ogni mattina. Il primo è Giovanni Testori, il gigante cattolico della letteratura, che dalla sua casa a Novate Milanese vedeva binari, sognava scambi ferroviari, raccontava il popolo dolente dell’andirivieni quotidiano. L’uomo che guardava passare i treni. E dietro ogni finestrino immaginava storie di periferia innalzandole fino al paradiso del romanzo. A lui domani Trenord dedica un giorno straordinario. Per celebrare i 100 anni dalla nascita, locomotori e carrozze d’epoca tornano a sferragliare con quattro corse Milano Cadorna-Novate. Durante il viaggio un gruppo di giovani attori farà rivivere paesaggi e personaggi del primo capolavoro di Testori, Il fabbricone affacciato sui binari.Chi non volesse farsi scarrozzare può sempre aprire il capolavoro di Luciano Bianciardi, La vita agra. Leggere lampi di verità come «gli operai limatori di ghisa con le mani arrivano infatti ogni mattina alle sei coi treni del sonno», «Per due, tre minuti sotto le volte della sala biglietti sfilano a passi lesti, poi tutto torna vuoto e silenzioso fino al prossimo treno». Erano i nostri nonni, i nostri padri. Eravamo noi che nell’Italia degli Anni di piombo calavamo sulla metropoli per costruirci un futuro. Allora per gli sdraiati sarà più facile capire. Anche oggi per guadagnarsi un posto al sole, più che furberie glamour supportate dal circo mediatico (imbarazzante Myrta Merlino nell’igloo da campeggio) servono spirito di sacrificio, senso del tempo e dignità. Solo così il tanto reclamato «successo» non sarà solo il participio passato del verbo succedere.
Luca Zaia intervistato ieri dal direttore della Verità e di Panorama Maurizio Belpietro (Cristian Castelnuovo)
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