2024-08-15
Si attaccano a un idiota con lo spray per dare dei razzisti a tutti gli italiani
Un gesto cretino ha scatenato fiumi di indignazione ma anche di fango sul nostro Paese. Sbatti il cretino in prima pagina. Chissà com’è contento, o contenta, o content*, delle sue gesta il fenomeno che nella notte ha imbrattato a Roma un murale che raffigurava Paola Egonu, dipingendole il corpo di rosa. Ieri, si è conquistato la foto di prima pagina di Stampa, Repubblica e Corsera con titoloni indignati e gonfi di retorica. Lo scopo, oltre il «like» facile e conforme, è sempre dipingere come razzista un Paese tra i più accoglienti del mondo. E tirare la volata allo ius soli, dimenticandosi che tanto Egonu quanto Sylla sono italiane da oltre un decennio. I fatti sono molto semplici. Una graffitara romana di nome Laika ha preso le sue bombolette ed è andata a disegnare vicino al Coni una bella pallavolista che salta e schiaccia la palla. Non era la Gioconda e neppure uno di quei ritratti da appendere nei musei in attesa delle eco-attiviste con la vernice green, ma comunque era una bella raffigurazione della Egonu e sul pallone c’erano anche un po’ di slogan contro il razzismo. Nel giro di24 ore il murale è stato rovinato nel seguente modo: gambe, braccia e viso della campionessa sono stati colorati di rosa e le scritte sulla palla sono state cancellate. Un gesto di una idiozia senza fine. Riuscite a immaginare che cosa passa nella testa di una persona, che per altro ha gli stessi vostri diritti elettorali, che si sente offesa dal colore della pelle di Egonu, si procura della vernice rosa, si arrampica su un muro e «corregge» il murale? Ieri la notizia (e la foto) l’abbiamo data anche noi, a pagina 14. Forse, nel dare così tanta soddisfazione a un gesto idiota, siamo stati fin troppo generosi. Ma le prime pagine unificate dei giornaloni erano davvero imbarazzanti. Una colata di indignazione a buon mercato contro ignoti e mentre si ripristinava immediatamente il colore corretto della pallavolista, ecco Laika intervistata ovunque come il nuovo Norberto Bobbio. Artista impegnata e fiera di esserlo, visto che ha definito il gesto notturno «uno schiaffo a tutti i cosiddetti “patrioti” che non accettano un’Italia multietnica, fatta di seconde generazioni, che non vogliono lo ius soli». E va bene, avremo anche questa artista con un nome da camper arruolata nella campagna del Pd e dei radicali per lo ius soli. Una legge della quale alla stragrande maggioranza degli italiani non importa un tubo, visto che ci sono già molti modi per avere il passaporto italiano. Egonu è cittadina italiana da quando aveva 15 anni, dopo che il padre aveva trascorso in Italia i previsti dieci anni, senza macchiarsi la fedina penale e trovandosi un regolare lavoro. Però ieri il titolo dell’editoriale della Stampa sotto la doppia foto del murale deturpato era un suggestivo «Perché siamo tutti Paola». Un’immagine clamorosamente falsa e imbonitrice, perché Egonu è una campionessa straordinaria e una bellissima ragazza, checché ne possa pensare il Vannacci con i suoi pruriti somatici. Ed è anche un concentrato di retorica. «Siamo tutti…» è uno slogan usato e usurato. Al tempo stesso roba da stadio («Siamo tutti diffidati» e altre facezie), ma anche da Che tempo che fa di Fabio Fazio e compagnia salmodiante. E ha la stessa originalità di un altro grande classico delle maestrine della commozione come l’immortale titolo «La Spoon River di…», che va bene per gli abitanti di un paesino sepolto dal fango come per i braccianti o le vittime delle stragi del sabato sera. C’era un modo diverso per occupare le prime pagine senza dare spazio a un demente con lo spray? Sì, c’era eccome. Il Secolo XIX ha scelto di ricordare il sesto anniversario della strage del ponte Morandi con una grande foto a tutta pagina del viadotto spezzato. A processo, in vergognoso ritardo, ci sono dei gentiluomini che i giornaloni di cui sopra hanno continuato a trattare in guanti bianchi anche se hanno sulla coscienza 43 morti. Ecco, guardare appaiate queste prime pagine è come guardare appaiate le due versioni del murale. Fa capire che il nostro problema non è lo spray rosa di un decerebrato, ma lo spray nero bitume sulle malefatte degli amici degli amici.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson