2018-07-24
Effetto Bce: Carige rischia come le Venete
Francoforte contesta il piano industriale messo in campo lo scorso giugno. Chiede più capitale entro novembre o un matrimonio Intanto Vittorio Malacalza licenzia l'ad Paolo Fiorentino e chiede di rifare il cda. Senza accordo tra gli azionisti l'istituto è in serio pericolo.Domenica sera. Banca Carige diffonde con due giorni di ritardo l'ultimatum spedito a Genova dai vertici della Bce. O raggiunge i requisiti patrimoniali richiesti entro fine anno o si adegua a trovarsi un matrimonio. Alternative non vengono indicate. Il che rende la situazione molto tesa e altrettanto pericolosa. Fatte le dovute differenze, il dramma delle banche Venete era cominciato così quasi tre anni fa. Dopo la bocciatura della Bce al piano sul capitale e la richiesta alla banca di presentarne uno nuovo entro il 30 novembre, in modo da assicurare il rispetto dei requisiti patrimoniali entro la fine dell'anno, ieri sono partite le vendite sui titoli. L'istituto ormai capitalizza meno dell'aumento condotto alla fine del 2017 e che ha raggiunto a denti stretti più o meno la somma di 600 milioni. Tanto più che il cda è praticamente dimezzato e recentemente Vittorio Malacalza si è dimesso dall'incarico di vice presidente in piena polemica con la gestione dell'amministratore delegato Paolo Fiorentino. E le comunicazioni all'interno dell'istituto sembrano ridotte al lumicino. Nella serata di ieri è arrivato il carico da undici. Malacalza Investimenti prende ulteriormente le distanze dai manager. «Da un comunicato stampa, già diffuso nel pomeriggio di ieri (domenica, ndr) e variamente filtrato dalla stampa prima di essere pubblicato sul sito, si apprende la ricezione da parte della banca di un progetto di decisione della Bce che prevede, tra l'altro, un invito alla risoluzione di temi relativi alla governance e a ulteriori dismissioni di asset della banca». In pratica l'azionista di riferimento fa capire di essere stato tenuto all'oscuro. Ma è soprattutto sul merito delle questioni sollevate dalla Bce che la società dei Malacalza prende posizione, ricordando come l'azionariato di Carige avesse conferito con l'aumento di capitale «l'ingente importo di 500 milioni nell'affidamento che tale erogazione, unitamente alla dismissione di asset che ha comportato un rafforzamento patrimoniale di oltre un miliardo e rilevanti perdite, esaurisse le necessità della banca, secondo le rappresentazioni del management». Così non è stato, insomma, e a questo punto bisogna procedere ottemperando alle nuove richieste. La holding si dice convinta di centrare anche questo nuovo obiettivo, confidando «nella validità dei suoi fondamentali e nelle sue capacità di rilancio». Ma tutto questo andrà affrontato con una nuova governance. Da qui la richiesta di convocazione dell'assemblea «per deliberare sulla revoca di tutti i componenti del cda».In pratica, Malacalza per la terza volta chiede di cambiare l'amministratore delegato con la differenza che stavolta siamo al ground zero dell'istituto. Vertici tutti da rifare. Piano industriale e piano strategico da resettare completamente. Inoltre, l'azionista di maggioranza relativa chiede agli attuali manager di non intraprendere alcuna strada. Di non toccare più alcun bottone visto che tutto ciò che è stato fatto fino a oggi non ha superato il vaglio della Bce. Dopo l'assemblea si vedrà il da farsi e soprattutto si capirà se le osservazioni della Bce siano da sposare in toto. A questo punto i margini sono stretti. Se fiorentino o gli altri azionisti decideranno di mettersi di traverso o impedire una soluzione ottimale per gli azionisti e per il territorio, il rischio è che in pochi mesi il credito si deteriori ulteriormente. Novembre è vicino e a quel punto si rischia la mannaia della Bce. La stessa che ha dato il via al crac di Pop Vicenza e di Veneto Banca. Tutti sanno il dramma che ha comportato.