2025-11-13
Per fortuna che c’è l’unanimità, a garanzia della sovranità nazionale
La battaglia del ministro Giancarlo Giorgetti dimostra che chi vuole abbatterla non fa i nostri interessi.Questa mattina voleranno coltelli nell’Europa Building a Bruxelles, dove si terrà la riunione del Consiglio in formato Ecofin. Tra i temi all’ordine del giorno, la proposta della Commissione (datata 2021) per la revisione della Direttiva sulla tassazione dell’energia, su cui il ministro Giancarlo Giorgetti si appresta a dare battaglia fino a far mancare l’unanimità.L’aria che tira è stata già preannunciata giovedì scorso in audizione parlamentare, quando Giorgetti ha parlato di proposta che rappresenterebbe un «suicidio», contro la quale l’Italia «farà la guerra». Un caso che sembrerebbe esemplificativo del perché l’abbandono dell’unanimità segnerebbe la fine dell’esistenza della residua sovranità nazionale, almeno quella parte sopravvissuta alle ripetute razzie da parte di norme europee che hanno bellamente scavalcato anche articoli facenti parte dei principi fondamentali della Costituzione. Nello specifico è in discussione lo strumento per rendere l’energia più costosa in base al suo impatto ambientale, spingendo verso la decarbonizzazione. Una proposta «nefanda e folle», per stare alle parole di Aurelio Regina, delegato del presidente di Confindustria per l’energia. In una struttura istituzionale «anomala» come l’Ue, che non ha Costituzione né assetto federale, e che si regge su alleanze intergovernative di volta in volta forgiate in sede di Consiglio europeo o Consiglio dei ministri, le decisioni all’unanimità sono un presidio essenziale per la tutela degli interessi nazionali.Eppure, negli ultimi mesi, è partita la nuova «disciplina olimpica» finalizzata ad abbattere quello che viene ritenuto da più parti un ostacolo allo sviluppo della Ue. Da Mario Draghi a Romano Prodi - subito ripreso da Elly Schlein con la richiesta di «un risveglio di coscienze» - è tutto un affollarsi al capezzale dell’Ue per somministrare sempre la stessa pericolosa terapia. L’unanimità è richiesta per settori sensibili come la fiscalità (art. 113 Tfue), la politica estera e di sicurezza comune (art. 24, 29-35 Tue), il quadro finanziario pluriennale (art. 312 Tfue) o certi aspetti della politica ambientale (art. 192 Tfue). Inoltre esiste la cosiddetta «clausola passerella» (art. 48 par. 7 del Tue), che consente al Consiglio europeo di autorizzare il Consiglio a passare dal voto all’unanimità a quello a maggioranza qualificata su temi dove è inizialmente prevista l’unanimità. Clausola analoga esiste nel Tfue (art. 333) per attivare un meccanismo di cooperazione rafforzata.Considerata la delicatezza dei temi su cui è richiesto il consenso unanime, non è difficile immaginare il formarsi di una maggioranza qualificata «a geometria variabile» capace di mettere in ginocchio il nostro Paese. Infatti basterebbe il formarsi di una doppia maggioranza di almeno 15 Stati su 27 che rappresentino almeno il 65% della popolazione dell’Ue e ci troveremmo costretti a sottostare ai peggiori diktat. Proprio il caso in discussione oggi è uno dei migliori esempi della validità dello strumento, senza il quale gli interessi nazionali sarebbero alla mercé della volontà degli altri Stati membri, soprattutto il nucleo franco-tedesco (o quel che ne rimane) e i loro satelliti. Di fronte a tale perfino banale constatazione c’è chi, come Lucrezia Reichlin sul Corriere del primo novembre, sostiene che «restare ancorati all’Europa […] è il modo migliore di difendere gli interessi nazionali […], cerchiamo quindi di non paralizzarla costringendo le decisioni alla regola dell’unanimità».Ma se l’Europa, novello Erode, decidesse il sacrificio dei primogeniti, non dovremmo forse ringraziare la necessità del consenso unanime per certe essenziali decisioni? Com’è possibile accettare di essere annientati senza possibilità di proferire verbo?
Al di là degli stereotipi e delle banalità politicizzate, parliamo del rapporto fra le donne e la cucina. Dalla quotidianità ai grandi ristoranti.