Carroccio in prima fila per rallentare il ritorno della Fornero. Opzione donna e Ape sociale dovrebbero restare. In prospettiva, interventi sul sistema dei versamenti da integrare con fondi e welfare privato.
Carroccio in prima fila per rallentare il ritorno della Fornero. Opzione donna e Ape sociale dovrebbero restare. In prospettiva, interventi sul sistema dei versamenti da integrare con fondi e welfare privato.Parte il cantiere pensioni. Oltre agli scivoli per le donne e per le categorie usuranti, la Lega spinge per quota 41. Con età minima tra i 61 e i 63 anni. I fondi potrebbero arrivare dal taglio del Rdc. Sul lungo termine, però, Fdi vuole rivedere il sistema contributivo, magari integrandolo con nuovo welfare. Fotografia Inps al 31 dicembre scorso. Poco più di 22 milioni e 700.000 assegni erogati. Quasi 1,4 a persona vista che gli aventi diritto sono circa 16 milioni. Il 32% dei pensionati incassa infatti più di una prestazione. La spesa per tenere in piedi il sistema è arrivata a pesare sulle casse dello Stato 313 miliardi. Oltre un terzo della spesa corrente annuale. Dei 16 milioni di pensionati, va sottolineato, soltanto 11,2 hanno maturato assegni di vecchiaia. Il resto va sotto la voce invalidità (circa 1 milione), reversibilità, accompagnamento. È chiaro che i cinque e rotti milioni di pensioni non da lavoro impattano sensibilmente sull’Inps e sull’intera macchina. Potremmo quasi dire che se togliessimo questa fetta il sistema pensionistico starebbe senza problema in piedi, anche con un modello retributivo. Altri Paesi, come la Germania, hanno sfilato ormai da tempo la voce assistenza da quella lavoro e la infilano direttamente nella fiscalità generale. Lungi da noi spingere verso tale strada. È però utile per comprendere quali siano le scelte migliori per affrontare il 2023 ed eventualmente superare l’enorme scalone che attende gli italiani. A fine anno, infatti, andrà in soffitta Quota 102, la soluzione-ponte individuata dal precedente esecutivo in attesa di trovare una soluzione per evitare il ritorno alla legge Fornero, che il leader della Lega vuole scongiurare a tutti i costi. «Intendiamo facilitare la flessibilità in uscita con meccanismi compatibili con la tenuta del sistema previdenziale partendo, nel poco tempo a disposizione per la prossima legge di bilancio, dal rinnovo delle misure in scadenza a fine anno». Sembra dunque decisamente probabile che in Manovra arriverà la proroga degli attuali strumenti di flessibilità in uscita in scadenza: Opzione donna e Ape sociale. Al momento infatti le poche risorse a disposizione saranno concentrate su alcune emergenze non rinviabili. E anche qui è arrivato un altro indizio: «Sarà necessario mantenere e rafforzare le misure nazionali a supporto di famiglie e imprese, sia sul versante delle bollette, sia su quello del carburante, un impegno finanziario imponente che drenerà gran parte delle risorse reperibili e ci costringerà a rinviare altri provvedimenti che avremmo voluto avviare già nella prossima legge di Bilancio», ha detto il premier, Giorgia Meloni, replicando agli interventi dei senatori. Da quanto emerge dalle precedenti dichiarazioni si comprende anche che l’obiettivo di lungo termine miri è tutelare «le giovani generazioni e chi percepirà l’assegno solo in base al regime contributivo», perché sono «milioni gli attuali lavoratori che si ritroveranno con assegni addirittura molto più bassi di quelli, già inadeguati, che vengono percepiti oggi». Di certo però, non basterà il prolungamento di Ape sociale e Opzione donna per gestire la transizione rispetto a quota 102. La Lega ha pronto da suggerire uno schema basato sul modello quota 41 per chiunque voglia opzionare la scelta avendo compiuto almeno 63 anni. O meglio, sul tavolo si valuta anche di abbassare a 62 o addirittura a 61. La scelta dipenderà però dal costo complessivo dell’iniziativa sulle casse pubbliche. Perché se l’idea è vincolare quota 41 ad almeno 35 anni di anzianità lavorativa con un limite a 61 è un conto, se invece dovesse passare l’idea leghista di eliminare i vincoli allora è molto facile che l’età minima scivoli a 63 anni. Le risorse potrebbero essere pescate dal grande calderone del reddito di cittadinanza. Ogni anno dal 2022 in avanti è previsto che vengano stanziati 11 miliardi per l’assegno di sostegno inventato dai grillini. Si arriva a una tale cifra perché nei fatti il vincolo dell’ingresso al mondo del lavoro non è più considerato come discrimine. Se il governo Meloni invece decidesse di tornare all’idea originaria di affiancare al sostegno economico necessariamente un percorso tipico delle politiche attive del lavoro, è facile immaginare di recuperare almeno 1 miliardo e mezzo. Esattamente la cifra aggiuntiva stanziata dal governo Draghi rispetto al budget iniziale del Conte uno. Con tale cifra la possibilità di organizzare un triennio di accompagnamento è sicuramente elevata. Si tratterebbe di 4,5 miliardi in tre anni. Tanto, se si pensa che quota 102 è costata solo 110 milioni di euro nel corso del 2022. Sistemato il tema dello scivolo verso la Fornero, resterà intatta però la preoccupazione di rendere sostenibile lo schema pensionistico per tutti coloro che sono precari o sottopagati. Difficile immaginare che il welfare pubblico non venga accoppiato a pensioni integrative private. Una strada che prevede però nuove forme di welfare aziendale, un importante taglio del cuneo fiscale e l’estensione dei contratti a nuove categorie. Fratelli d’Italia propende per un intervento diretto sul cuneo. E poi per innescare un effetto positivo sul sistema pensionistico dovrà trovare uno stimolo alla produttività, che non necessariamente si risolve parametrando il prelievo fiscale al numero dei dipendenti.
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