2020-11-02
E Toti si incarta: «Non indispensabili»
Tweet del governatore ligure: «Su 25 decessi, 22 erano in pensione» e quindi non utili «allo sforzo produttivo del Paese». Poi spiega che è stato un errore del media manager.Il ritorno di fiamma della pandemia sta provocando danni davvero notevoli anche alla psiche, se ieri perfino un uomo moderato e ragionevole come Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, s'è lasciato andare su Twitter a un commento che lascia sbigottiti: «Per quanto ci addolori ogni singola vittima del Covid, dobbiamo tenere conto di questo dato: solo ieri tra i 25 decessi della Liguria, 22 erano pazienti molto anziani. Persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese». Secondo il vocabolario Treccani, «non indispensabile» è locuzione traducibile con «inutile», o «marginale», ma anche «secondario», «superfluo». È vero che nel suo commento Toti aggiungeva che «anche gli anziani», per quanto inutili, «vanno tutelati». Ed è altrettanto vero che due ore dopo, schiacciato dalle critiche, il governatore ha dovuto scusarsi e scrivere che «il tweet che sta girando è stato malamente estrapolato da un concetto più ampio per un errore del social media manager, e per questo ha generato fraintendimenti». Resta il fatto che il fenomeno inquieta. È chiaro che dev'esserci qualcosa di sempre più dolorosamente patologico nei social network, se perfino Toti si lascia andare a commenti che riecheggiano gli sconcertanti proclami di un tale Andra Scanzi, che online si presenta come «la rockstar del giornalismo italiano» e non per nulla scrive garruli pensierini di questo tenore: «Fossi in Giuseppe Conte, farei selezione negli ospedali come la Svizzera. Poi, mi preparerei 20 kg di popcorn e 10 casse di birra e mi godrei lo spettacolo di vedervi morire come mosche». Va detto che, com'è capitato ieri a Toti per il suo improvvido tweet, il provocatorio Scanzi si becca ogni volta salve online di pernacchie e insulti. Ma c'è una bella differenza se a scrivere cavolate è un povero giornalista (per quanto sedicente «rockstar») e se a farlo è un importante amministratore pubblico (per quanto a sua volta nato professionalmente come giornalista). La frase sfuggita ieri al governatore rende comunque evidente che nell'opinione comune stia passando la logica che gli anziani siano sacrificabili. Come se il Covid-19 fosse una versione moderna del Taigeto, il brullo monte sul quale gli antichi Spartani, secondo la tradizione, abbandonavano i bimbi deformi, gli anziani, e in definitiva i fragili e gli inadatti alla guerra. La Società svizzera di medicina intensiva, in ottobre, ha stabilito quali pazienti non debbano essere curati in caso di contagio. Ha stilato un elenco di caratteristiche e parametri, tra cui spiccano «un'età superiore a 85 anni», ma anche soltanto a 75 anni «se accompagnata da almeno uno dei seguenti criteri: cirrosi epatica, insufficienza renale cronica stadio III, insufficienza cardiaca grave e sopravvivenza stimata a meno di 24 mesi». In Italia la notizia ha stupito per la sua burocratica crudeltà. Anche se forse è giusto che i medici di un reparto precipitato nella trincea della pandemia possano appoggiare le coscienze a chiari protocolli comportamentali. Ma da qui a buttare a mare programmaticamente gli anziani ce n'è, di strada. Tant'è che le Scuole dei medici italiani hanno pubblicato un documento che stabilisce parametri molto più complessi e soprattutto più umani. Regole che intrecciano la gravità del quadro clinico, l'impatto sul malato degli effetti collaterali delle terapie intensive. Poi si legge che - certo - va considerata anche «l'età biologica, la quale però non può mai assumere carattere prevalente». Il documento ribadisce che chi non viene trattato in terapia intensiva «non può essere abbandonato». Per questo i medici italiani ci piacciono più di quelli svizzeri. Degli antichi greci. E di Scanzi. Quanto a Toti, per lui abbiamo la speranza che davvero si sia trattato di un errore.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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