2022-02-23
«È merito del Prosecco se adesso le bollicine si bevono tutto l’anno»
Giancarlo Moretti Polegato (Villa Sandi)
Il presidente di Villa Sandi Giancarlo Moretti Polegato: «Nel 2021 cresciuti del 33%: crisi sconfitta col digitale. Bisogna incrementare le strutture per il turismo del vino».D’estate, sotto il Montello, gli agricoltori sparano alle nuvole con i mortai per paura della grandine. E ricordando la Grande guerra sussurrano ai turisti sorpresi dai boati: «Sono i nostri ragazzi che stanno facendo neri gli austriaci». In quell’angolo magico di Veneto rurale nascono bollicine da record. Le produce Giancarlo Moretti Polegato, titolare di un primato in controtendenza: mentre il mondo boccheggia ancora per la pandemia, lui ha chiuso il 2021 con un fatturato di 121 milioni. Con un +33% che consente a Villa Sandi, la storica azienda vinicola di famiglia, di superare la barriera dei 100 per la prima volta nella storia. Piove Prosecco. Un exploit quasi paradossale per chi non produce farmaci, mascherine e non opera nel settore sanitario. Un caso che sfugge alla narrazione del momento e che conferma un antico motto contadino: «Sotto la neve il pane». Mentre tutto è immobile, chi sa lavorare dietro le quinte, innovare, aprirsi varchi in settori non esplorati, finisce per vincere.Presidente Moretti Polegato, come spiega il record? «Non è un caso ma la conferma del buon lavoro passato. È la somma di tre positività: la buona semina degli anni scorsi, la qualità dei processi produttivi, un prodotto evidentemente vincente. È anche il risultato della copertura capillare del consumo. In casa e all’estero, dove va il 70% delle nostre bollicine. Guardi che la spinta non è finita: il primo bimestre 2022 sta andando in continuità». D’accordo, ma qualcosa avrà fatto la differenza. Una coincidenza, un’idea.«Come tutti siamo stati bloccati sui viaggi, contatti diretti zero. Non potendo viaggiare noi, abbiamo fatto viaggiare il vino, che non aveva bisogno di tamponi o mascherine. Abbiamo superato la crisi con incontri online, accordi via Internet, degustazioni negli Stati Uniti con sommelier di laggiù e commentate via Skype. Da due anni a questa parte, la prima fiera in presenza è stata a Parigi la scorsa settimana. Non potevamo aspettare il vento, siamo andati a cercarlo. Adesso i mercati più interessanti per noi, oltre all’Italia, sono Stati Uniti, Gran Bretagna, Russia, Francia, Estremo Oriente».Avete cavalcato la rivoluzione digitale? «Abbiamo scoperto, presidiato e implementato l’ecommerce, ci siamo affidati alle grandi catene di distribuzione digitale, abbiamo organizzato produzioni 4.0. Una transizione che senza emergenza sarebbe durata il triplo, è stata completata in un anno. Ora il sistema è strategico. Il business non aspetta chi dorme».Detto così sembra perfino semplice. «Abbiamo lavorato duro e dormito poco: per parlare con l’Austrialia e la California devi stare alzato la notte. Siamo gli unici a produrre i tre tipi storici di prosecco: il Conegliano Valdobbiadene, il Prosecco Asolo e il Prosecco interregionale. Più il rosè che ci ha dato un incremento del 15%. Più il cru Cartizze, un gioiello: da 12 anni abbiamo i tre bicchieri del Gambero rosso. Ma è stata dura: abbiamo comprato un ettaro e mezzo di collina 15 anni fa, era di nove proprietari e abbiamo dovuto metterli d’accordo tutti».Nella vigna la tradizione resta un valore assoluto?«Lì conta solo la qualità. Controllare la filiera dalla vigna al vino dev’essere un’operazione maniacale. Ai miei collaboratori dico sempre che la qualità non è un traguardo da raggiungere ma un’asticella da alzare un po’ alla volta, dal grappolo fino alla cantina».Dopo Champagne e Franciacorta, ecco il Prosecco. Cosa sta cambiando in tavola?«Il Prosecco è vincente, ma non si pone come concorrente di Franciacorta e Champagne. Ha contribuito piuttosto a cambiare le abitudini del consumatore, che oggi beve bollicine tutto l’anno. Nel mondo notiamo un consumo quotidiano, non solo legato a ricorrenze o celebrazioni. Insomma si pasteggia a Prosecco».Proprio sicuro che sua maestà lo Champagne non si offenda?«Guardi, le faccio un esempio. In gennaio a Saint Moritz abbiamo co sponsorizzato il Campionato del mondo di Polo; l’altro sponsor era una marca di champagne che aveva l’esclusiva da 36 anni, una vera egemonia; Villa Sandi l’ha affiancata senza problemi. Fra bollicine più che concorrenza c’è alleanza».Tutto nasce dentro una villa palladiana ai piedi delle colline trevigiane.«Villa Sandi è il luogo del cuore costruito da nobili veneziani nel 1622; quest’anno compie 400 anni. La mia famiglia l’ha acquistata e ristrutturata negli anni Ottanta. Abbiamo scoperto cantine sotterranee in parte realizzate durante la Grande guerra, qui siamo vicini al Piave. Un chilometro e mezzo di gallerie; le abbiamo riportare in vita. Wine Enthusiast ha inserito il tutto fra le cinque location più suggestive del mondo. Oggi ai nostri visitatori proponiamo un connubio perfetto fra vino e arte: qui in anni normali abbiamo fino a 20.000 visitatori».L’Unesco ha definito il territorio patrimonio dell’umanità. I visitatori potrebbero centuplicare.«La Regione Veneto ha previsto che nei prossimi anni dovremo fare i conti con un milione di turisti all’anno. Non solo Venezia, Verona, le Dolomiti, il lago di Garda, ma anche noi. Però manca hospitality. Noi abbiamo già due locande con 14 camere, ma bisogna incrementare».Oltre a digitale, oggi va di moda la parola biodiversità. Come siete messi?«In questa terra ci sono vigneti dal XV° secolo. Per noi la biodiversità non è una moda ma un modo di essere, un protocollo rigoroso che applichiamo da anni. Rispettiamo flora e fauna, non usiamo diserbanti, incrementiamo la presenza delle api, decisive per l’equilibrio naturale dell’ambiente. Ogni anno arrivano i certificatori e ci danno un punteggio. È sempre ottimo».
Jose Mourinho (Getty Images)